Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.42136 del 31/12/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12124-2017 proposto da:

S.B., S.R., B.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. PALUMBO n. 3, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RONCHIETTO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO MAGLIONE;

– ricorrenti –

contro

A.N. M. AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI n. 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ABBAMONTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonché

COMUNE DI NAPOLI, in persona del sindaco pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA n. 50/A presso lo studio dell’avvocato NICOLA LAURENTI, e rappresentato e difeso dagli avvocati FABIO MARIA FERRARI, e MARIA ANNA AMORETTI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4380/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/11/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato il 2.5.2005 B.C., S.R. e S.B. convenivano in giudizio l’Azienda Napoletana Mobilità (A.N. M.) e il Comune di Napoli per sentirli condannare a demolire l’ampliamento realizzato nella stazione terminale superiore della *****, in quanto edificato a distanza inferiore a quella legale dal prospiciente edificio degli attori, con occupazione senza titolo di parte della stradina privata esistente tra le due proprietà e modalità tali da sottrarre aria e luce a quella degli attori, nonché al risarcimento del danno ad essi cagionato per effetto della detta edificazione.

Nella resistenza dei convenuti, che eccepivano anche il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello amministrativo, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 409/2012, accoglieva la domanda, condannando i predetti all’arretramento del manufatto e al risarcimento del danno, quantificato in Euro 35.000, nonché alla refusione delle spese di lite.

Interponeva appello A.N. M., riproponendo tutte le eccezioni e difese formulate in prime cure ed allegando altresì che la nuova costruzione rientrava nell’ambito della previsione di cui all’art. 879 c.c., comma 2.

Si costituivano in seconda istanza gli originari attori, resistendo al gravame e spiegando appello incidentale in relazione al quantum della condanna risarcitoria.

Si costituiva anche il Comune di Napoli, riproponendo a sua volta le eccezioni e difese di cui al primo grado.

Con la sentenza impugnata, n. 4380/2016, la Corte di Appello di Napoli accoglieva in parte il gravame, rigettando la domanda di demolizione ed arretramento della nuova stazione della Funicolare, nonché quello incidentale, condannando A.N. M. al pagamento, in favore degli appellanti incidentali, della somma di Euro 43.741,68, maggiore di quella liquidata in prime cure.

Per la cassazione di questa decisione propongono ricorso la B. e gli Spatola, affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso A.N. M., spiegando a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

Il Comune di Napoli, che non aveva proposto controricorso al ricorso principale, ha invece notificato controricorso in resistenza al ricorso incidentale.

I ricorrenti principali hanno a loro volta notificato controricorso in resistenza al ricorso incidentale.

Sia la ricorrente principale che quella incidentale hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, i ricorrenti principali lamentano la violazione degli art. 24 e 42 Cost., artt. 872 e 873 c.c., del D. M. n. 1444 del 1968, art. 9, art. 1 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli, art. 115 c.p.c., nonché la falsa applicazione della L. n. 2248 del 1865, all. E, art. 4 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile sia la tutela demolitoria che quella risarcitoria, riconoscendo soltanto la tutela indennitaria prevista dal T.U. sulle espropriazioni per pubblica utilità. Ad avviso dei ricorrenti principali, poiché la controversia non riguardava l’intera opera pubblica, ma soltanto una parte di essa, che non aveva alcuna funzione strutturale né costituiva elemento necessario allo svolgimento del servizio pubblico cui l’opera era preposta, il giudice di merito avrebbe dovuto esercitare il suo potere di disapplicare l’atto amministrativo illegittimo, perché lesivo del diritto del frontista, e dunque riconoscere a quest’ultimo anche la tutela demolitoria e risarcitoria, ordinando l’abbattimento della parte della stazione non rispettosa delle distanze tra gli edifici e condannando l’amministrazione al risarcimento del danno cagionato agli attori.

Il motivo è infondato.

La Corte di Appello ha correttamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2052 del 03/02/2016, Rv. 638281 e Rv. 638282), la quale, decidendo sulla giurisdizione in relazione alla domanda di risarcimento del danno proposta dal proprietario di un’area contigua a quella interessata dalla realizzazione di un’opera pubblica, ha affermato i seguenti principi:

“In materia urbanistica ed edilizia, la domanda di risarcimento del danno del proprietario di area contigua a quella in cui è realizzata l’opera pubblica (nella specie, la linea ferroviaria dell’alta velocità) appartiene alla giurisdizione ordinaria ove, nella prospettazione dell’attore, fonte del danno non siano né il “se” né il “come” dell’opera progettata, ma le sue concrete modalità esecutive, atteso che la giurisdizione esclusiva amministrativa si fonda su un comportamento della P.A. (o del suo concessionario) che non sia semplicemente occasionato dall’esercizio del potere, ma si traduca, in base alla norma attributiva, in una sua manifestazione e, cioè, risulti necessario, considerate le sue caratteristiche in relazione all’oggetto del potere, al raggiungimento del risultato da perseguire” (conf. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 32180 del 12/12/2018, Rv. 651956 e Cass. Sez. U. Ordinanza n. 30009 del 19/11/2019, Rv. 656069; cfr. anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 19667 del 21/09/2020, Rv. 658851);

“Le controversie aventi ad oggetto le indennità dovute dall’amministrazione L. n. 2359 del 1865, ex art. 46 o del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44 non rientrano nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34 atteso, da un lato, che nei confronti del beneficiario, terzo proprietario, confinante con l’opera pubblica ed estraneo al procedimento espropriativo, non è configurabile un rapporto diretto con l’amministrazione-autorità, nel cui ambito possa individuarsi una posizione d’interesse legittimo, soggetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, e, dall’altro, anche tenendo conto del carattere indennitario della prestazione, comunque collegata ad un procedimento espropriativo, l’art. 34, comma 3, lett. b), prevede una riserva di giurisdizione ordinaria per la determinazione delle indennità conseguenti all’adozione di atti di natura espropriativa”.

Con riferimento al primo profilo, attinente al riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, la Corte di Appello ha ritenuto sussistente la giurisdizione ordinaria, sulla base di un ragionamento coerente con gli insegnamenti di questa Corte, in base ai quali occorre, in sostanza, distinguere due distinte ipotesi.

Quando la contestazione riguarda l’esercizio in concreto del potere amministrativo, la controversia rientra nell’ambito della giurisdizione amministrativa. Così, ad esempio, quando la doglianza sulla localizzazione dell’opera pubblica non si traduca nella contestazione di un’attività materiale, ma abbia ad oggetto l’attività esecutiva di provvedimenti amministrativi e delle relative scelte discrezionali della P.A. Sul punto, cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 18165 del 24/07/2017, Rv. 645030, secondo cui “In tema di energia, la realizzazione di un parco eolico, che attiene alla produzione di energia elettrica ed al suo trasporto nella rete nazionale, costituisce un intervento di interesse pubblico, sicché ricadono nella giurisdizione esclusiva amministrativa gli atti del gestore di tale servizio funzionali alla sua costituzione ed alla determinazione delle sue modalità di esercizio e, conseguentemente, le domande del proprietario confinante, aventi ad oggetto la collocazione delle pale eoliche e le immissioni da esse provocate, laddove si traducano nella contestazione non di un’attività materiale posta in essere al di fuori di quella autoritativa, bensì di quella esecutiva dei provvedimenti amministrativi e delle relative scelte discrezionali riguardanti l’individuazione e la determinazione dell’opera pubblica sul territorio”).

Analogamente, appartiene alla giurisdizione del Giudice amministrativo la controversia in cui si contesti l’esercizio della potestà amministrativa pubblicistica inerente alla gestione del territorio o della circolazione stradale. In argomento, cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 22650 del 08/11/2016, Rv. 641534, secondo cui “La domanda risarcitoria proposta da chi ritenga lesa la propria attività commerciale per effetto dell’avvenuta installazione sulla pubblica via, da parte di un comune, senza la preventiva emissione di un formale provvedimento ex art. 5 C.d.S., comma 3, di opere (fioriere, dissuasori di sosta e portarifiuti) preclusive ivi anche di una breve fermata delle auto per l’effettuazione di acquisti, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ponendosi comunque in discussione l’esercizio di una potestà pubblicistica rientrante nelle competenze municipali in materia di gestione del territorio e, in specie, della circolazione stradale”).

Quando, invece, la contestazione ha ad oggetto non già il provvedimento amministrativo in sé, o le sue conseguenze dirette, bensì un effetto dannoso derivato dalla realizzazione dell’opera pubblica ed incidente sui concorrenti diritti soggettivi dei privati non direttamente coinvolti nella procedura espropriativa finalizzata all’esecuzione dell’opera predetta, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. In tal senso, cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 25578 del 12/11/2020, Rv. 659460, per cui “La controversia nella quale il privato, previo accertamento della rumorosità, molestia e intollerabilità delle immissioni prodotte dagli aerogeneratori di un parco eolico, nonché degli effetti pregiudizievoli da esse recati alla salute propria e dei suoi familiari e al valore economico della sua proprietà, ne abbia domandato la cessazione o, almeno, la riduzione entro i limiti della tollerabilità, unitamente al risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, avuto riguardo al “petitum” sostanziale della domanda, la quale non concerne l’annullamento del provvedimento amministrativo di autorizzazione all’istallazione e gestione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica (né presuppone l’accertamento della sua illegittimità), ma ha ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi alla salute e di proprietà, sul fondamento della violazione dei limiti di tollerabilità previsti dall’art. 844 c.c.”. Nello stesso senso, anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 11142 del 08/05/2017, Rv. 644050, secondo la quale “In materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonostante sussista la giurisdizione esclusiva amministrativa, già in virtù del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, comma 2, lett. e), come modificato dalla L. n. 205 del 2000, ed oggi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. p), all. 1, appartiene alla giurisdizione ordinaria la domanda del privato che si dolga delle concrete modalità di esercizio del relativo ciclo produttivo, assumendone la pericolosità per la salute o altri diritti fondamentali della persona e chiedendo l’adozione delle misure necessarie per eliminare i danni attuali e potenziali e le immissioni intollerabili, atteso che la condotta contestata integra la materiale estrinsecazione di un’ordinaria attività di impresa allorquando non siano dettate particolari regole esecutive o applicative tecniche direttamente nei provvedimenti amministrativi, sicché non risulta in alcun modo coinvolto il pubblico potere”.

Per quanto specificamente attiene alla realizzazione di un’opera pubblica, questa Corte ha affermato che “Ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria proposta in materia urbanistica ed edilizia, occorre distinguere il caso nel quale il privato pretenda il risarcimento del danno derivante dalla illegittima progettazione e deliberazione dell’opera pubblica, nel quale, ponendosi in discussione la legittimità dell’esercizio del potere pubblico, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, da quello in cui lo stesso lamenti la cattiva esecuzione dell’opera pubblica, contestando le modalità esecutive dei lavori, nel quale la giurisdizione spetta al giudice ordinario, venendo in rilievo la violazione del generale dovere di neminem laedere” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21975 del 21/09/2017, Rv. 645322). Sussiste quindi la giurisdizione del giudice ordinario quando il petitum sostanziale sia limitato all’accertamento della sussistenza di un pregiudizio derivante da comportamenti colposi determinatisi nella fase di progettazione o realizzazione dell’opera pubblica, correlati alla violazione di regole tecniche o di canoni di diligenza e prudenza nell’esecuzione dei lavori (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 7529 del 25/03/2020, Rv. 657443) ovvero quando sia comunque dedotta una responsabilità derivante da una Condotta materiale della pubblica amministrazione, senza investire scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 21769 del 29/07/2021, Rv. 661862).

Nel caso di specie, la contestazione sollevata dagli odierni ricorrenti principali non aveva ad oggetto la scelta discrezionale della pubblica amministrazione di ampliare la stazione della funicolare, o – come sostiene la difesa di A.N. M.- di dotarla delle strutture necessarie ad abbattere le barriere architettoniche , ma la sola conseguenza dannosa che la realizzazione dell’ampliamento del manufatto adibito ad ospitare la stazione aveva causato ai proprietari del fondo vicino.

La Corte di Appello ha correttamente ravvisato, in relazione a detta domanda, la giurisdizione del Giudice ordinario, e riconosciuto il solo indennizzo L. n. 2359 del 1865, ex art. 46.

La decisione appare coerente con i precedenti di questa Corte, secondo cui “La controversia, instaurata dal proprietario di un fondo nei confronti di una società privata concessionaria dell’Amministrazione comunale… la quale abbia ad oggetto la pretesa di ripristino delle distanze legali tra il fondo ed il manufatto sito nell’area confinante, oltre al risarcimento dei danni, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché detta società è convenuta in giudizio non già come Amministrazione o concessionaria che svolge il pubblico servizio di pubblica utilità… ma in quanto impresa costruttrice e proprietaria del manufatto, come tale responsabile del pregiudizio che il manufatto stesso, “staticamente”, venga ad arrecare al terzo confinante. Tuttavia, l’esecuzione dell’opera di pubblica utilità anzidetta, rappresentante elemento di esercizio di un servizio pubblico…, non può essere ricondotta ad attività realizzata “iure privatorum”, così da poter essere suscettibile di riduzione in pristino, con la conseguenza che la pretesa del privato deve essere circoscritta alla sola indennità prevista dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46 (e successivamente dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 44)” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24410 del 21/11/2011, Rv. 619592). In sostanza, anche quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, perché non viene contestata la scelta discrezionale a monte della realizzazione di un’opera pubblica, ma soltanto la concreta modalità con cui quest’ultima sia stata progettata o realizzata, non compete al privato, indirettamente danneggiato dall’opera stessa, né la tutela demolitoria, né quella risarcitoria ma soltanto il diritto allo specifico indennizzo previsto dalla L. n. 1359 del 1865, art. 46 secondo cui “E’ dovuta una indennità ai proprietari dei fondi, i quali dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità vengano gravati di servitù, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto.

Due sono le diverse ipotesi previste dalla norma in esame:

– che, per effetto della realizzazione dell’opera pubblica, sia costituita una servitù prima inesistente;

– che il proprietario del fondo non direttamente interessato dall’opera pubblica ricavi, comunque, un danno dalla sua esecuzione.

Nel caso di specie, la Corte partenopea (cfr. in particolare pagg. 18 e ss.) ha evidentemente ravvisato la sussistenza della seconda ipotesi, poiché la realizzazione della stazione della funicolare, ed in particolare della parte di essa oggetto della richiesta demolitoria introdotta dai ricorrenti principali, comporta, a carico del proprietario del fondo vicino, un pregiudizio apprezzabile in termini di riduzione dell’irradiazione solare. La Corte distrettuale ha pertanto riqualificato la domanda risarcitoria sub specie di domanda di indennizzo, valorizzando la corrispondenza tra il petitum sostanziale delle due domande, entrambe tese ad ottenere un riconoscimento per un pregiudizio derivante, per effetto della realizzazione dell’opera pubblica, a carico del proprietario del fondo non direttamente interessato dall’opera stessa.

Sull’importo riconosciuto a titolo di indennizzo, invece, non vi è contestazione, né da parte dei ricorrenti principali, né da parte della ricorrente incidentale.

Da quanto precede deriva che la decisione del giudice di merito è coerente con i precedenti di questa Corte, giacché la Corte napoletana ha correttamente affermato la giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una controversia non avente ad oggetto la scelta discrezionale di realizzare l’ampliamento e la messa a norma della stazione della funicolare di cui è causa, bensì soltanto le modalità concrete con le quali detta scelta era stata attuata, a livello progettuale ed esecutivo; ha tuttavia escluso, in funzione della natura preminente dell’interesse pubblico cui l’opera pubblica è asservita, rispetto a quello del privato confinante, sia la tutela demolitoria che quella – correlata alla prima – risarcitoria, riconoscendo agli odierni ricorrenti il solo indennizzo di cui alla L. n. 1359 del 1965, art. 46.

Infine, per quanto infine attiene al tema – introdotto dai ricorrenti principali – concernente la “scorporabilità” di determinate porzioni dell’opera pubblica, asseritamente non partecipanti alla funzione pubblica cui l’opera stessa è destinata, se ne deve in primo luogo rilevare la novità, posto che di esso non vi è traccia nella decisione impugnata, ed i ricorrenti principali non indicano in modo preciso in quale momento del giudizio di merito, e con quale atto o documento, esso sarebbe stato introdotto.

In ogni caso, il profilo concerne valutazioni di merito, poiché l’essenzialità, o meno, di una specifica parte di un manufatto ad assolvere ad una funzione di interesse pubblico dipende dal rapporto di strumentalità esistente tra detta parte e le altre; rapporto che può essere apprezzato soltanto all’esito di un giudizio di fatto, precluso in sede di legittimità.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, A.N. M. lamenta l’erroneità della decisione, nella parte in cui la Corte di Appello non ha ravvisato la carenza di legittimazione passiva in capo all’azienda di trasporto, sul presupposto che il terreno sul quale sorge la stazione della funicolare oggetto di causa è di proprietà del Comune di Napoli, nonché la violazione degli art. 872 e 873 c.c., perché la tutela prevista da dette norme si rivolge esclusivamente contro il proprietario dell’opera.

La censura è infondata.

La Corte distrettuale, come già detto in relazione al primo motivo di ricorso, ha riqualificato la domanda proposta dai ricorrenti principali sub specie di indennizzo L. n. 1359 del 1865, ex art. 46. Di conseguenza, la questione relativa alla sussistenza della legittimazione passiva di A.N. M. in riferimento alla domanda ex art. 872 e 873 c.c. risulta superata per effetto dell’interpretazione della domanda giudiziale svolta dal giudice di merito. Quest’ultimo, peraltro, ha valorizzato la circostanza che A.N. M. avesse materialmente eseguito i lavori di ampliamento della stazione, sulla base di precedente deliberazione del Comune di Napoli, e dunque ha ravvisato la sua legittimazione passiva, concorrente con quella del Comune, in relazione alla domanda indennitaria, così come riqualificata, proprio perché oggetto della controversia non era la scelta discrezionale di realizzare, o meno, l’opera pubblica, ma piuttosto la concreta modalità con la quale la stessa era stata progettata e realizzata.

In definitiva, tanto il ricorso principale che quello incidentale vanno rigettati.

In ragione della reciproca soccombenza tra ricorrenti principali e ricorrente incidentale, le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra dette parti. In relazione alla posizione del Comune di Napoli, invece, va osservato che lo stesso, non avendo notificato controricorso in resistenza al ricorso principale, non ha diritto alla ripetizione delle spese dai ricorrenti principali. Al contrario, l’ente locale ha diritto a ripetere le spese del presente giudizio di legittimità dal ricorrente incidentale, avendo notificato controricorso in resistenza al ricorso incidentale ed essendo risultato vittorioso nei confronti del predetto ricorrente incidentale.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Compensa per intero le spese del presente giudizio di legittimità tra la parte ricorrente principale e la parte ricorrente incidentale. Condanna quest’ultima al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Napoli, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472