LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19660-2019 proposto da:
D.V.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA CAMILLUCCIA 535, presso lo STUDIO LEGALE SANTORO, rappresentato e difeso dall’avvocato NUNZIO LANTERI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9396/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
CONSIDERATO IN FATTO
1. D.V.R. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate su una istanza di rimborso, presentata in data 20/05/2015, dell’Irap asseritamente pagata per l’anno 2011.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso affermando che il contribuente aveva assolto all’onere di provare l’insussistenza del presupposto impositivo costituito dall’assenza di una autonoma organizzazione.
3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale del Lazio accoglieva l’appello rilevando: a) che l’appello era ammissibile in quanto diretto ad inficiare il fondamento della decisione di primo grado così come legittima era la nuova prospettazione difensiva dell’Agenzia basata su sui dati desunti dall’Anagrafe tributaria in quanto integrante una emendatio e non una mutatio libelli; b) che il contribuente non aveva dimostrato di aver presentato l’istanza di rimborso in ordine alla quale aveva lamentato la formazione del silenzio-rifiuto in quanto l’istanza di rimborso atteneva alle annualità 2008, 2009 e 2010 e non all’annualità 2011 oggetto della presente controversia.
5. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, e nullità della sentenza per error in procedendo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in quanto contrariamente da quanto affermato dalla CTR dallo stesso esame del cassetto fiscale personale di D.V.R. si rileva che relativamente all’anno 2011 è stata presentata istanza di rimborso in data 20/5/2015; si sostiene inoltre che la CTR non poteva d’ufficio rilevare il mancato deposito dell’istanza di rimborso per l’anno 2011.
1.2 Con il secondo motivo viene dedotta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per avere i giudici di seconde cure erroneamente ritenuto ammissibile la nuova prospettazione difensiva in appello, peraltro infondata nel merito, in quanto era assente il requisito dell’autonoma organizzazione, integrante una vera e propria eccezione la cui proposizione nel giudizio di secondo grado è preclusa dalla norma processuale sopra indicata.
2. Il primo motivo è infondato.
2.1 La CTR, con accertamento in punto di fatto insindacabile in questa sede se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha affermato quanto segue: “.. si deve rilevare che il contribuente non ha dimostrato di aver presentato l’istanza di rimborso in ordine alla quale ha lamentato il silenzio rifiuto. Invero, nell’intestazione dell’originario ricorso si legge che esso riguardava “il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria con riferimento alla richiesta presentata in data 15/11/2012 all’Ufficio Territoriale di Roma 1 per il rimborso dell’Irap pagata per l’anno 2011 “2 mentre nel corpo dell’atto si dice che il ricorrente in data 20 maggio 2015 richiese all’Ufficio Territoriale di Zona 1 (ora Direzione Provinciale di Roma)..il rimborso dell’Irap pagata per gli anni 2011-20122013" per complessivi Euro 25.812,00 (quindi non solo per l’anno 2011)…Però esaminando il testo dell’istanza richiamata, allegata in copia al ricorso, si evince che la stessa non ha ad oggetto l’imposta versata per gli anni 2011, 2012 e 2013, bensì la richiesta di rimborso Irap per gli anni 2008, 2009 e 2010 per complessivi C 89.992,00. Nessun’altra istanza di rimborso risulta essere stata depositata” Del resto il ricorrente non ha riprodotto nel ricorso l’istanza di rimborso riferita all’anno 2011 del 15.11.2012 richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e con il motivo di censura non viene fatto valere un errore percettivo di natura revocatoria in cui sarebbe incorsa la CTR nell’esaminare l’istanza di rimborso del 20.05.2015 2.2 Pertanto il ricorso avverso diniego tacito non poteva essere proposto per l’anno di imposta 2011 non oggetto dell’istanza non essendo formato su quella annualità il silenzio rifiuto; trattandosi di un elemento costitutivo del diritto fatto valere dal contribuente la CTR legittimamente ha rigettato la domanda rilevando d’ufficio l’inesistenza dell’atto tacito impugnabile.
3 Il secondo motivo è inammissibile oltre che infondato.
3.1 E’ inammissibile in quanto la questione della emendatio o mutuati libelli è stata affrontata dalla CTR in via incidentale atteso che la ratio decidendi dell’impugnata sentenza che ha accolto l’appello poggia esclusivamente sul rilievo dell’inammissibilità della domanda in assenza dell’istanza di rimborso prodromica al formarsi del silenzio rifiuto 3.2 In ogni caso i rilievi del ricorrente sono infondati in quanto questa Corte ha avuto modo di statuire che “nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi “a tutto campo”, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, con la conseguenza che “le eventuali falle” del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’Amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario “thema decidendum” (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto di rimborso), fatto salvo il limite del giudicato” (Cass. 11682/2007; n. 1133/2009; n. 21314/2010; n. 3338/2011, 25586/2016 e 31626/2018).
3.3 Il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, riguarda le eccezioni in senso tecnico, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perchè le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso tecnico.
3.4 Nella specie l’Agenzia delle Entrate si è limitata in appello ad introdurre un elemento di fatto – partecipazione del D.V. ad una associazione professionale – idoneo a configurare ex sè, secondo l’assunto dell’Ufficio il requisito dell’autonoma organizzazione con conseguente contestazione dei fatti costitutivi del rimborso richiesto dalla controparte, sicchè le argomentazioni svolte sul punto dai giudici di appello risultano corrette.
4 Il ricorso va quindi rigettato.
5 Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.300 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021