LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16323/2018 R.G. proposto da:
Gi.Bi. Real Estate srl unipersonale, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonino Palmeri, con domicilio eletto in Milano, via Agnello 5;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano, n. 4924/17, depositata il 27 novembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 dal relatore Dario Cavallari.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Gi.Bi. Real Estate srl unipersonale ha impugnato un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, ufficio provinciale di Como, Territorio, con il quale erano state modificate la classe e la rendita di un immobile rispetto a quanto indicato nella dichiarazione DOCFA.
La CTP Como, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 275/1/2016, ha in parte accolto il ricorso.
La società contribuente ha proposto appello principale, mentre la controparte ha presentato appello incidentale.
La CTR Milano, con sentenza n. 4924/2017, ha respinto l’appello principale ed accolto quello incidentale.
La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 perchè la CTR avrebbe errato nel ritenere che l’atto fosse adeguatamente motivato nonostante la P.A. si fosse discostata dal classamento proposto.
La doglianza è infondata.
Infatti, la CTR ha accertato che l’avviso di accertamento era legittimo in applicazione del principio per il quale, in tema di procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni; invece, nel caso in cui vi sia una differente valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 6-5, n. 31809 del 7 dicembre 2018).
Nella specie, diversamente da ciò che sostiene la società ricorrente, la mera variazione della classe non comporta automaticamente una diversa valutazione degli elementi di fatto, ben potendo detta variazione conseguire ad una differente valutazione tecnica, come ritenuto dalla CTR.
2. Con il secondo motivo, parte ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio perchè la CTR non avrebbe esaminato la motivazione dell’atto di imposta.
La contestazione è infondata, emergendo dalla sentenza impugnata che tale atto e la sua motivazione sono stati specificamente considerati.
3. Con il terzo motivo, la società ricorrente contesta la violazione del diritto al contraddittorio nella formazione dell’atto impositivo.
La doglianza va respinta.
Infatti, in caso di accertamenti fondati sulla procedura DOCFA, deve ritenersi sussista un principio in base al quale l’Amministrazione che intenda discostarsi dalla proposta del contribuente non è tenuta ad attivare preventivamente il contraddittorio con quest’ultimo.
Ciò si desume, oltre che dalla mancanza di una specifica disposizione in tal senso, dalle conclusioni cui è giunta la giurisprudenza in tutta una serie di situazioni concernenti la dichiarazione DOCFA.
In primo luogo, si è affermato che, in tema di procedura DOCFA, il contribuente che si avvalga di tale procedura ai fini della determinazione della rendita catastale pone in essere un’attività collaborativa che abilita il Comune ad emettere avviso di liquidazione, senza necessità di preventiva notifica della rendita (Cass., Sez. 5, n. 27576 del 30 ottobre 2018).
Inoltre, va rilevato che, secondo l’orientamento di questa Corte, in tema di classamento, l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, e specificamente quelli classificati nel gruppo catastale D), deve avvenire, come previsto anche dal D.P.R. n. 604 del 1973, art. 7 mediante stima diretta, senza che ciò presupponga, peraltro, l’effettuazione di previo sopralluogo, potendo l’Amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione, purchè mirata e specifica, delle risultanze documentali in suo possesso (Cass., Sez. 5, n. 8529 del 27 marzo 2019).
Ciò è coerente con la natura fortemente partecipativa della DOCFA, che implica l’indicazione degli elementi fattuali rilevanti da parte dello stesso contribuente, soprattutto ove, come nel caso in esame, essi costituiscono la base oggettiva dello stesso provvedimento di classamento, che si è limitato a farne difforme valutazione rispetto alla proposta (Cass., Sez. 6-5, n. 17971 del 9 luglio 2018).
In pratica, se non sussiste un particolare onere motivazionale qualora la rettifica catastale avvenga sulla base di una semplice valutazione tecnica dei fatti allegati dal contribuente, non si vede perchè dovrebbe essere attivato un contraddittorio preventivo con il medesimo contribuente quando l’accertamento si fondi su tali fatti.
Non vi è, poi, una violazione degli artt. 41,47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Infatti, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati. Al contrario, per quelli non armonizzati, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso ricorre solo per le ipotesi nelle quali risulti specificamente sancito (Cass., SU, n. 24823 del 9 dicembre 2015).
Questo principio, benchè enunciato con riguardo alle verifiche fiscali, è da ritenere applicabile in via generale a tutti gli accertamenti tributari. In particolare, non può ritenersi che, in una procedura attivata dal contribuente e che si conclude, come nella specie, con l’esame di fatti dal medesimo allegati, la P.A. sia tenuta ad attivare un contraddittorio preventivo prima di procedere alla riclassificazione dell’immobile.
4. Il ricorso deve essere, quindi, respinto.
Alcuna statuizione deve essere emessa in ordine alle spese, stante la condotta processuale della controparte, rimasta intimata.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021