LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27758/2017 proposto da:
D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO, 29, C/O AVV. DEL VECCHIO, presso lo studio dell’avvocato FABIO FRODA’, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMONA OTTAVIANI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per cessazione della materia del contendere con compensazione di spese;
uditi gli Avvocati FABIO FRODA’ e SIMONA OTTAVIANI, difensori della ricorrente, che hanno chiesto di riportarsi agli atti depositati.
I FATTI DI CAUSA La Corte d’appello di Roma, con l’ordinanza di cui in epigrafe, respinse il ricorso proposto dal notaio D.R. avverso la decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del 17/11/2014, con la quale, in relazione a plurime violazioni, erano state inflitte alla predetta notaia le sanzioni disciplinari della pena pecuniaria, della censura e della sospensione dell’esercizio della professione, in parziale accoglimento del ricorso, fermò il resto, assolse la professionista dall’incolpazione di cui sub D1).
Avverso la predetta statuizione l’interessata proponeva ricorso per cassazione, corredato da quattro motivi di censura, ulteriormente illustrati da memoria.
L’Archivio Notarile Distrettuale di Roma ha depositato controricorso.
Venuto il processo una prima volta all’esame di questa Corte, a seguito d’istanza della ricorrente, il processo veniva rinviato a nuovo ruolo.
Venuto nuovamente in trattazione all’adunanza camerale partecipata del 21 ottobre 2020 occorre constatare che il 17/9/2020 la ricorrente ha depositato istanza di “cessazione della materia del contendere”, corredata dalla documentazione (G.U., Parte Seconda, 30/7/2019, comunicazione della Cassa Nazionale del Notariato con allegata Delibera) dalla quale è dato trarre che la medesima, con effetto dal 10/8/2019, è stata collocata in pensione, essendo stata previamente dispensata dal servizio con D.D.G. del Ministero della Giustizia del 12/7/2019, con decorrenza dal 31/7/2019, per rinuncia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminare al vaglio dei motivi del ricorso è la verifica della permanenza della materia del contendere alla luce del provato collocamento a riposo della ricorrente.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che a dispensa per rinuncia della L. n. 89 del 1913, ex art. 31, del notaio sottoposto a procedimento disciplinare, sopravvenuta in pendenza del giudizio di impugnazione di un provvedimento disciplinare emesso dalla Commissione amministrativa regionale di disciplina e prima del passaggio in giudicato della pronuncia sulla sanzione disciplinare, non comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, l’inammissibilità, per sopravvenuto difetto d’interesse, del ricorso per cassazione proposto contro l’ordinanza emessa in sede di reclamo dalla corte di appello, in quanto idonea a incidere sul concreto esercizio delle funzioni e non sullo “status” del notaio, il quale permane seppure in condizione di quiescenza (Sez. 2, n. 28905, 12/11/2018, Rv. 651384).
Si è precisato in motivazione: “Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, applicando, con gli opportuni adattamenti, anche al procedimento disciplinare notarile il principio utilizzato in sede di procedimento disciplinare nei confronti di magistrati, ha affermato che la cessazione dal servizio per collocamento a riposo, dovuto al raggiungimento del limite di età, del notaio sottoposto a procedimento disciplinare, sopravvenuta prima del passaggio in giudicato della pronunzia che applica la sanzione disciplinare, comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, anche l’inammissibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, del ricorso per cassazione proposto contro la sentenza emessa in sede di reclamo dalla Corte di appello, con conseguente caducazione della sentenza stessa (così Cass. Sez. 6 – 3, 13/03/2012, n. 4001; Cass. Sez. 2, 11/05/ 2015, n. 9481; Cass. Sez. 2, 29/11/2016, n. 24244; Cass. Sez. 2, 05/05/2016, n. 9041). Tale interpretazione trae origine dalla considerazione che la definitiva cessazione dal servizio, prima del passaggio in giudicato della pronuncia che ha applicato la sanzione disciplinare, impedisce irritrattabilmente alla decisione di incidere sulle vicende di un rapporto ormai esaurito, in quanto il potere disciplinare, coordinato alla necessità di mantenere l’ordine nell’istituzione, non ha ragione di esplicarsi se non in costanza del rapporto di servizio (cfr. essenzialmente Cass. Sez. U., 08/08/1991, n. 8639; Cass. Sez. U., 26/05/1995, n. 5806; Cass. Sez. U., 19/12/2009, n. 26811; Cass. Sez. U., 12/02/2010, n. 3245; Cass. Sez. U., 01/12/2010, n. 24304).
La L. 18 febbraio 1983, n. 45, articolo unico, dispone, allora, che “i notai dichiarati decaduti ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 30, comma 1, come modificato della L. 30 aprile 1976, n. 197, art. 10 e della L. 10 maggio 1978, n. 177, art. 6 e quelli dispensati per rinuncia ai sensi della medesima L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 31, sono, a loro domanda, riammessi all’esercizio della professione con D.P.R., su proposta del Ministro della giustizia, a condizione che non abbiano compiuto il 65 anno di età, e vengono ammessi a concorrere alle sedi vacanti secondo i criteri previsti dalla citata L. 30 aprile 1976, n. 197”
La giurisprudenza amministrativa ha, peraltro, sostenuto che la dispensa per rinuncia dalle funzioni, ex art. 31 Legge Notarile, incide unicamente sul concreto esercizio di dette funzioni e non sullo status di notaio, che, una volta conseguito, permane seppure in uno stato di quiescenza. Tant’è che la riammissione ex L. 18 febbraio 1983, n. 45, all’esercizio professionale dei notai dichiarati decaduti o dispensati non corrisponde ad una vera e propria nuova nomina (Consiglio di Stato, sez. IV, 25/05/1996, n. 788). In sede di riammissione nel notaio già dispensato per rinuncia, la P.A. non ha, quindi, gli stessi poteri previsti per l’ammissione, allorchè il potere dell’Amministrazione può evitare l’assegnazione della funzione notarile a persona senza requisiti; invece, dopo l’ammissione all’esercizio dell’attività professionale, il relativo iniziale interesse del soggetto si trasforma in un vero e proprio diritto soggettivo ad esercitare la funzione notarile, essendo tipicamente disciplinate dalla legge le fattispecie di cessazione, destituzione, riammissione. Consiglio di Stato, sez. IV, 22/03/2007, n. 1392, negava, in particolare, che il Ministero potesse rifiutare la riammissione di un notaio dispensato dal servizio su sua domanda a seguito di condanna penale, altrimenti consentendosi surrettiziamente all’amministrazione di irrogare al professionista “una sanzione disciplinare, in assenza del dovuto procedimento a suo tempo non attivato”.
Fermo l’esposto principio, qui, proprio perchè la ricorrente ha compiuto il 14/5/2020 sessantasei anni, la dispensa per rinuncia è irritrattabile, con la conseguenza che lo status notarile non è più ripristinabile.
Ciò posto, deve constatarsi il venir meno della materia del contendere, poichè la definitiva cessazione dallo status di notaio rende inutile e, quindi, inammissibile la prosecuzione del giudizio.
La decisione della professionista di ritirarsi definitivamente dalla funzione, così facendo venir meno irritrattabilmente il rapporto, sulla base del quale era stata esercitata l’azione disciplinare, induce il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2021