Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.7 del 04/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3797/2020 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CORVASCE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO BRUGIAPAGLIA;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI ANCONA;

– intimata –

avverso ordinanza n. 203/2019 del GIUDICE DI PACE di ANCONA, depositata il 11/12/2019 R.G.N. 2084/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/7/2020 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO.

RILEVATO

Che:

1. il giudice di pace di Ancona ha respinto il ricorso proposto da O.J. avverso il provvedimento con cui il prefetto della città ha disposto l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino nigeriano non avente titolo per permanere sul territorio nazionale;

2. il giudice monocratico, con ordinanza dell’11 dicembre 2019, ha osservato – per quanto qui ancora interessa – che, in merito alla conoscenza, da parte dell’istante, della lingua nella quale il provvedimento era stato tradotto, “nella fattispecie, il ricorrente ha dichiarato nella scheda informativa, allegata dalla Prefettura, di voler ricevere le notifiche relative alla procedura in esame in lingua inglese, lingua effettivamente utilizzata nel provvedimento impugnato”; circa “la proposizione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto dell’impugnazione della decisione della Commissione Territoriale”, il giudice di pace ha ritenuto che tale proposizione “non sospenda automaticamente l’efficacia della decisione di rigetto del Tribunale” ed ha “preso atto anche del rigetto dell’istanza di sospensione della decisione del Tribunale di Ancona”; ha conclusivamente ritenuto “che il ricorrente non abbia, perciò, alcun titolo per rimanere sul territorio nazionale”;

3. per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso il soccombente affidato a 3 motivi; il Prefetto di Ancona resta intimato.

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia: “nullità dell’ordinanza ex art. 134 c.p.c., per omessa motivazione e/o motivazione apparente sui motivi di doglianza dedotti in ricorso, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione; violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 4 bis, 5, 5.1 e 5 bis”;

2. il motivo, per come formulato, è inammissibile secondo la giurisprudenza di questa Corte;

in esso infatti convive la contemporanea denuncia di errores in procedendo e in iudicando, oltre che del vizio riconducibile dell’art. 360, c.p.c., n. 5, senza che possa distinguersi, dall’illustrazione del mezzo di gravame, a quale delle critiche che vincolano l’impugnazione per cassazione il ricorrente intenda riferirsi con censure promiscue “caratterizzate da irredimibile eterogeneità” (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016; tra le più recenti v. Cass. n. 3141 del 2019, Cass. n. 13657 del 2019; Cass. n. 18558 del 2019; Cass. n. 18560 del 2019); così la formulazione del motivo risulta priva di adeguata specificità, risolvendosi in una mera elencazione di norme, senza l’osservanza del fondamentale principio secondo cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non articoli specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del giudizio di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (v., da ultimo, Cass. n. 2959 del 2020; conf. Cass. n. 1479 del 2018);

3. parimenti inammissibile il secondo motivo con cui si denuncia “violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32”; si eccepisce che solo le ipotesi “di pressochè definitiva cristallizzazione della situazione giuridica dello straniero… fanno insorgere l’obbligo in capo all’interessato di lasciare subito il T.N.”, non essendo sufficiente “la mera circostanza della mancata concessione della sospensiva da parte del Tribunale di Ancona” in pendenza di un ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di protezione internazionale;

4. pur non potendosi condividere quella parte della motivazione del provvedimento del giudice di pace, nella parte in cui la stessa dovesse essere intesa nel senso che la “presa d’atto” circa la “mancata concessione della sospensiva da parte del Tribunale di Ancona” possa costituire di per sè sola ragione di rigetto dell’opposizione all’espulsione, è invece conforme ad espressa previsione di legge l’assunto secondo cui, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, la sospensione degli effetti del provvedimento della Commissione territoriale impugnato innanzi al Tribunale, prevista dal comma 3 o disposta ai sensi del comma 4, “viene meno, se con decreto, anche non definitivo il ricorso è rigettato” e, a mente del medesimo comma dell’art. 35 bis, la proposizione del ricorso per cassazione avverso la decisione di diniego del Tribunale non sospende gli effetti del rigetto, salvo che la sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione della Commissione non sia disposta dalla stesso giudice che ha rigettato il ricorso del richiedente asilo “quando sussistono fondati motivi”;

nella specie parte ricorrente, in violazione del principio di specificità del motivo, in esso neanche deduce negli esatti termini quando sarebbe stata proposta la domanda di protezione dall’ O., al fine di delibare la disciplina temporalmente applicabile in relazione all’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, conv. in L. n. 46 del 2017 (cfr. Cass. n. 6071 del 2019; Cass. n. 22267 del 2019), e quando e come il provvedimento di diniego del Tribunale sia stato impugnato in Cassazione, per cui non è dato sapere neppure se lo stesso sia effettivamente pendente, con conseguente inammissibilità della censura;

5. con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si denuncia “nullità per omessa notifica del decreto di espulsione e dell’ordine del questore in lingua conosciuta”, sostenendo che “il ricorrente non comprende e non parla nessuna delle lingue veicolari”;

6. il motivo è inammissibile perchè la circostanza che lo straniero conosca la lingua italiana o altra lingua nella quale il decreto è stato tradotto è accertabile anche in via presuntiva e costituisce accertamento di fatto censurabile nei ristretti limiti dell’attuale disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. n. 2953 del 2019) e nella specie la censura non tiene conto degli enunciati espressi dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. nn. 8053 e 8054 del 2014), traducendosi in una diversa rappresentazione di un fatto storico – la conoscenza della lingua appunto – rispetto al convincimento motivatamente espresso dal giudice cui compete il merito;

7. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla va liquidato per le spese in quanto la pubblica amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva;

non è dovuto il raddoppio del contributo trattandosi di materia esente ex lege a mente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 (cfr., tra le ultime, Cass. nn. 6285, 11493 e 11954 del 2020; in precedenza Cass. n. 3305 del 2017, in motivazione).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2021

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