LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20316/2019 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
R.A.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA depositato il 06/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/09/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 16.5.2018 R.A. impugnava il decreto del Ministero dell’Interno, Unità Dublino, del 15.12.2017, notificato il 28.12.2017, con il quale era stata disposta la ripresa in carico e trasferimento del richiedente asilo in Germania.
Il ricorrente eccepiva che il trasferimento non era avvenuto nel rispetto degli obblighi informativi di cui all’art. 4, comma 2, del Regolamento UE n. 604/2013.
Con il decreto impugnata il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso annullando il provvedimento di trasferimento.
Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto il Ministero dell’Interno affidandosi a due motivi.
R.A., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il Ministero lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del Regolamento UE n. 604/2013 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale di Roma avrebbe erroneamente considerato non sufficienti le informazioni rese al momento della compilazione del modello c/3 ad assicurare l’assolvimento degli oneri informativi specificamente previsti per il procedimento di trasferimento e ripresa in carico del richiedente asilo in altro Stato dell’Unione Europea. Ad avviso del ricorrente, invero, la procedura di trasferimento non costituirebbe un procedimento autonomo rispetto alla domanda di protezione internazionale, bensì una semplice fase preliminare di quest’ultima, il che legittimerebbe la consegna al richiedente asilo di un unico opuscolo informativo contenente le informazioni previste tanto dalla normativa nazionale che da quella Eurounitaria.
Con il secondo motivo, il Ministero lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè il Tribunale capitolino avrebbe dovuto tener conto che l’avvenuta consegna al richiedente asilo dell’opuscolo informativo risultava espressamente dalla dichiarazione in calce al modello c/3 sottoscritto dall’interessato.
Le due censure, suscettibili di esame unitario, sono infondate.
Il Regolamento UE n. 604/2013 (cd. Nuovo regolamento di Dublino) prevede, agli artt. 4 e 5, precise garanzie a contenuto partecipativo – informativo a beneficio del soggetto coinvolto in un procedimento di trasferimento in altro Stato dell’Unione Europea che sia competente all’esame della sua domanda di protezione internazionale.
In particolare, l’art. 4, stabilisce che “1. Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’art. 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell’applicazione del presente regolamento, specificando in particolare:
a) le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell’eventuale presentazione di un’altra domanda in uno Stato membro diverso, nonchè le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale;
b) i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri;
c) il colloquio personale ai sensi dell’art. 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni;
d) la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento;
e) il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento;
f) il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonchè le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all’art. 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell’opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3.
Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all’art. 5”.
Il successivo art. 5, prevede invece che “1. Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell’art. 4.
2. Il colloquio personale può non essere effettuato qualora:
a) il richiedente sia fuggito; o;
b) dopo aver ricevuto le informazioni di cui all’art. 4, il richiedente abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente in altro modo. Gli Stati membri che non effettuano il colloquio offrono al richiedente l’opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente per determinare correttamente lo Stato membro competente prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell’art. 26, paragrafo 1.
3. Il colloquio personale si svolge in tempo utile e, in ogni caso, prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell’art. 26, paragrafo 1.
4. Il colloquio personale è effettuato in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile e nella quale questi è in grado di comunicare. Ove necessario, gli Stati membri si avvalgono di un interprete che sia in grado di garantire una comunicazione adeguata tra il richiedente e la persona che effettua il colloquio personale.
5. Il colloquio personale si svolge in condizioni tali da garantire un’adeguata riservatezza. Esso è condotto da una persona qualificata a norma del diritto nazionale.
6. Lo Stato membro che effettua il colloquio personale redige una sintesi scritta dello stesso che contenga almeno le principali informazioni fornite dal richiedente durante il colloquio. Tale sintesi può assumere la forma di una relazione o di un modulo standard. Lo Stato membro provvede affinchè il richiedente e/o l’avvocato o altro consulente legale che rappresenta il richiedente abbiano tempestivamente accesso alla sintesi”.
La regolamentazione contenuta nelle due richiamate disposizioni del Regolamento UE 604/2013 è articolata in una serie di dettagliate prescrizioni finalizzate ad assicurare che il trasferimento del richiedente asilo verso il Paese membro dell’Unione Europea nel quale per la prima volta lo stesso ha presentato domanda di protezione internazionale, e che quindi è compente ad esaminarla, avvenga con modalità uniformi per tutto il territorio dell’Unione Europea, ed idonee a garantire che l’interessato abbia sempre contezza di quanto gli accade e sia pienamente consapevole del significato dei vari atti che lo riguardano e dei diritti, partecipativi e di impugnazione, che in relazione ad essi gli sono riconosciuti.
Le garanzie partecipative ed informative, pertanto, sono state fissate direttamente dal Nuovo regolamento di Dublino, senza alcun rinvio alla normativa interna dei vari Stati membri, se non per gli aspetti strettamente relativi alla tutela giurisdizionale. Di conseguenza, le previsioni della norma Eurounitaria sono direttamente applicabili nel diritto interno ed hanno carattere tassativo.
In questa direzione si è orientato il Consiglio di Stato, il quale ha affermato che il mancato assolvimento dell’obbligo informativo di cui all’art. 4, non è superabile per effetto dello svolgimento del colloquio previsto dall’art. 5, sia pure alla presenza di un mediatore culturale (Cons. Stato, Sentenza n. 4199 del 08/09/2015). Simile interpretazione merita di essere confermata, anche in considerazione del fatto che la norma Eurounitaria non prevede le due diverse garanzie (obbligo informativo e colloquio) in rapporto di alternatività l’una rispetto all’altra, ma afferma che esse devono essere entrambe assicurate al richiedente asilo.
Nè il mancato rispetto, da parte dell’autorità dello Stato membro, delle garanzie di cui ai richiamati artt. 4 e 5 del Nuovo Regolamento di Dublino può essere ovviato con una conoscenza acquisita aliunde dall’interessato, poichè in tal modo si frustrerebbe l’esigenza di uniforme trattamento dello straniero in tutto in territorio dell’Unione che è evidentemente alla base della norma Eurounitaria in esame. Per la medesima ragione non si può ammettere il ricorso a categorie logiche idonee a configurare una presunzione di conoscenza, nè è possibile richiamare il principio di diritto interno per cui alla violazione della disposizione a contenuto processuale consegue la nullità dell’atto solo quando la parte alleghi e dimostri la concreta compressione dei propri diritti di azione o difesa in giudizio. Detto principio, infatti, si risolve in ultima analisi in un meccanismo di neutralizzazione indiretta della specifica garanzia prevista dal legislatore Eurounitario e, se fosse ammesso in relazione alla norma di origine sovranazionale, finirebbe per frustrarne, sia pure in modo indiretto, la finalità ultima, affidando la garanzia dell’effettiva unitarietà del trattamento del richiedente asilo in tutto il territorio dell’Unione non già alla buona prassi degli organi e delle autorità del singolo Stato membro, bensì alla completa formulazione della censura da parte del richiedente asilo nei confronti del quale quelle garanzie siano state, di fatto, negate.
In tal senso, questa Corte ha recentemente affermato il seguente principio di diritto: “Nei confronti dello straniero sottoposto a procedimento di trasferimento presso altro Stato membro dell’Unione Europea che sia competente ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale vanno sempre assicurate le specifiche garanzie informative e partecipative previste dagli artt. 4 e 5 del Regolamento UE 604/2013, che sono finalizzate ad assicurare l’effettività dell’informazione e l’uniformità della stessa, e del trattamento del procedimento di trasferimento, in tutto il territorio dell’Unione Europea. Ne consegue la nullità del provvedimento di trasferimento adottato all’esito di un procedimento in cui non siano state rispettate le prescrizioni di cui ai richiamati artt. 4 e 5 del Regolamento UE 604/2013, senza che possa darsi rilievo all’eventuale conoscenza aliunde conseguita dallo straniero circa le sue garanzie e prerogative in relazione al procedimento di cui si discute.
Non rileva, ai fini della nullità del provvedimento finale, la mancata allegazione o dimostrazione, da parte dell’interessato, di uno specifico vulnus al suo diritto di azione e difesa in giudizio, poichè il rispetto delle prescrizioni del Regolamento UE 604/2013, alla luce delle superiori esigenze di assicurazione del trattamento uniforme della procedura di trasferimento in tutto il territorio dell’Unione Europea che le ispirano, è rimesso alla buona prassi delle Autorità degli Stati membri e non può essere condizionato dalle modalità con cui, in concreto, i singoli interessati reagiscono rispetto alle eventuali violazioni della predetta normativa Eurounitaria” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17963 del 2020 del 27/08/2020, non massimata).
Detto principio, che merita di essere confermato, impone la verifica, da parte del giudice di merito investito del ricorso avverso il provvedimento di trasferimento emesso dal Ministero dell’Interno ai sensi del Regolamento UE n. 604/2013, del corretto assolvimento, da parte dell’autorità amministrativa, delle garanzie ed obblighi informativo – partecipativi previsti dal predetto Regolamento, che si sostanziano:
1) nella consegna al richiedente asilo dell’opuscolo che ogni Stato membro ha l’onere di predisporre secondo quanto previsto dall’art. 4 ed in conformità con il modello allegato al Regolamento Eurounitario;
2) nello svolgimento del colloquio di cui all’art. 5, con le modalità e le garanzie previste da detta ultima disposizione.
Il giudice di merito, nell’ambito di tale doverosa verifica, ha ravvisato il rispetto di quanto previsto dall’art. 5 del Regolamento (il colloquio personale), ma non anche dell’obbligo informativo di cui all’art. 4. Ed ha altresì ritenuto, con motivazione condivisibile, non idonee all’assolvimento di tale obbligo le diverse informazioni che vengono date al richiedente asilo all’atto della compilazione e sottoscrizione del modello c/3 mediante la consegna dell’opuscolo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10. Tale ultimo documento, infatti, contiene le informazioni relative al procedimento di protezione internazionale, che non può essere confuso con quello finalizzato al trasferimento del richiedente in altro Paese UE.
A tal proposito, va osservato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 1, prevede che contestualmente alla presentazione della domanda di protezione internazionale “… l’ufficio di polizia competente a riceverla informa il richiedente della procedura da seguire, dei suoi diritti e doveri durante il procedimento e dei tempi e mezzi a sua disposizione per corredare la domanda degli elementi utili all’esame; a tal fine consegna al richiedente l’opuscolo informativo di cui al comma 2”. Il quale comma 2, a sua volta, fissa il contenuto dell’opuscolo informativo in questione, il quale: “… illustra: a) le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, comprese le conseguenze dell’allontanamento ingiustificato dai centri; b) i principali diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia; c) le prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle; d) l’indirizzo e il recapito telefonico dell’UNHCR e delle principali organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale, nonchè informazioni sul servizio di cui al comma 2-bis; e) l’elenco dei Paesi designati di origine sicura ai sensi dell’art. 2-bis”. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 2-bis, a sua volta, si riferisce alle “… informazioni sulla procedura di esame della domanda da parte delle Commissioni territoriali nonchè sulle procedure di revoca e sulle modalità di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale”.
Il contenuto dell’opuscolo informativo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, dunque, è direttamente finalizzato a consentire al richiedente asilo la conoscenza dei diritti e doveri connessi alla sua qualità soggettiva (appunto, di richiedente asilo) nonchè delle fasi del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale e dei suoi diritti di impugnativa in relazione ai provvedimenti resi nell’ambito di quello specifico procedimento.
Risulta quindi infondata la tesi del Ministero, secondo cui l’opuscolo informativo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, sarebbe sufficiente anche ai fini di assicurare il rispetto dell’obbligo informativo di cui all’art. 4 del Regolamento UE n. 604 del 2013, tanto in vista della diversità tra le due procedure (di richiesta di asilo e di trasferimento in altro Paese dell’Unione Europea), quanto in ragione del fatto che il Regolamento Dublino è stato adottato successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008, le cui norme, pertanto, non possono considerare disposizioni Eurounitarie che, all’atto della loro emanazione, neppure esistevano.
Nè può accedersi all’interpretazione secondo cui la procedura di cui al Regolamento UE n. 604 del 2013 costituisca una fase preliminare della richiesta di asilo, poichè quest’ultima può benissimo svolgersi senza che venga in rilievo alcun profilo di ricollocamento del richiedente in altro Paese UE.
Peraltro, mentre la finalità dei doveri informativi di cui all’arti del D.Lgs. n. 25 del 2008, è quella di informare il richiedente asilo sui suoi diritti e doveri in Italia, l’assolvimento dei diversi, e più articolati, doveri informativi previsti dagli artt. 4 e 5 del Regolamento UE 604/2013, riguarda “… le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell’eventuale presentazione di un’altra domanda in uno Stato membro diverso, nonchè le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente… i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata… il colloquio personale ai sensi dell’art. 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri… la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento… il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente… il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente…”.
L’ambito del dovere informativo previsto dal Nuovo Regolamento di Dublino è dunque ben diverso di quello delineato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10. Esso riguarda, infatti, i criteri di determinazione dello Stato membro dell’U.E. competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata dallo straniero, la loro gerarchia, le conseguenze dello spostamento del richiedente asilo da un Paese all’altro dell’U.E., le modalità ed al contenuto delle informazioni che egli può fornire ai fini dell’individuazione dello Stato competente all’esame della sua domanda di protezione, la garanzia della protezione dei suoi dati personali e del relativo trattamento, nonchè l’indicazione dei rimedi previsti in caso di trattamento illecito. Si tratta pertanto di una informativa non strettamente limitata al contenuto dei singoli atti del procedimento di trasferimento, ma comprendente tutti i diritti e le prerogative del richiedente asilo, tanto con riferimento allo svolgersi del procedimento stesso, quanto in relazione alla sua capacità di orientarne l’esito, fornendo all’autorità informazioni rilevanti ai fini della determinazione dello Stato competente ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale.
Trattasi, dunque, di una informazione ad ampio spettro, finalizzata ad assicurare l’effettività e l’uniformità della tutela del richiedente asilo e ad evitare che esso diventi l’oggetto, anzichè il soggetto, del procedimento che lo riguarda e che è finalizzato ad individuare lo Stato competente all’esame della sua domanda. Ai fini di assicurare l’uniformità e l’effettività della predetta informazione in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, l’art. 4, prevede l’obbligo di consegnare al richiedente un opuscolo informativo, il cui contenuto è predeterminato direttamente dalla norma Eurounitaria, e l’art. 5 introduce un colloquio personale, al duplice scopo di assicurare l’esatta e completa comprensione delle informazioni contenute nell’opuscolo e di consentire al richiedente di fornire all’autorità tutte le informazioni utili ad individuare lo Stato membro competente all’esame della sua domanda di protezione.
Il complesso meccanismo informativo previsto dal Nuovo Regolamento di Dublino, in quanto direttamente applicabile nel diritto interno degli Stati membri, va pertanto assicurato in ogni caso, alla luce della evidente prevalenza, rispetto ad altri interessi, dell’esigenza fondamentale di assicurare l’effettivo uniforme trattamento, in tutto il territorio dell’Unione, delle procedure di trasferimento dei richiedenti asilo. Nè può ammettersi alcuna rilevanza alla conoscenza aliunde, o alla presunzione di conoscenza, in capo al richiedente asilo, delle informazioni previste dal Regolamento n. 604 del 2013, posto da un lato il già richiamato livello di dettaglio della normativa Eurounitaria, che non prevede alcun intervento del legislatore nazionale dei singoli Stati membri, e dall’altro la mancata previsione, nello strumento regolamentare, di forme di conoscenza alternativa.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021