LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 31155-2020 proposto da:
M.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato Paola Zoli, per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica, domiciliato per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1041/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 21/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. M.S., cittadino nigeriano, ricorre con un unico motivo per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’Appello di Bologna ne ha rigettato l’impugnazione avverso l’ordinanza con cui il locale tribunale aveva, a sua volta, respinto la domanda di protezione internazionale e di riconoscimento del diritto a quella umanitaria, nella ritenuta non credibilità delle dichiarazioni dal primo rese in dinanzi alla competente commissione territoriale e nella insussistenza dei presupposti di legge.
2. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, al dichiarato fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
Il ricorrente ha depositato memoria.
3. Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in combinato con il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorrente muove una serie di censure alla valutazione della Corte distrettuale, in particolare:
Vi è stata da parte della Corte di merito una “valutazione imprudente” della prova, destinata a tradursi in una interpretazione logicamente non sostenibile con conseguente errata ricostruzione del fatto e quindi erronea applicazione della norma di diritto.
La Corte ha ritenuto numerose incongruenze nel racconto del richiedente (che aveva dichiarato di essere omosessuale e di aver abbandonato per tale ragione il proprio paese, l’Edo State, in Nigeria, in cui l’omosessualità è punita con la pena di morte) sul proprio orientamento sessuale procedendo a una disamina arbitraria di dettagli intimi e violiando così, senza comprendere, la sua sfera privata.
Le differenti versioni fornite in sede amministrativa, e quindi dinanzi al giudice, della propria relazione omosessuale con un amico dovevano attribuirsi ad una situazione di imbarazzo e disagio nel dover raccontare una vicenda personale che lo aveva costretto ad abbandonare il proprio paese.
Il richiedente aveva circostanziato il racconto fornendo dettagli sulla situazione in cui era maturato il proprio arresto, indicando il nome del ristorante in cui si era recato con il proprio amico.
Il giudizio sulla credibilità avrebbe dovuto essere deciso in applicazione del cd. beneficio del dubbio (Corte Edu JK e altri/Svezia, 23 agosto 2016; Corte Edu Rh/Svezia 10 settembre 2015).
I giudici di merito non avevano considerato il diritto del dichiarante alla propria identità sessuale e la libertà di poterla manifestare, tra l’altro avendo la Commissione rilevato, con considerazione non coerente, che l’istante malgrado vivesse da anni in Italia, a Rimini, non avesse frequentato la comunità dei LGBT, radicata nell’indicata località, e tanto essendo, invece, rimesso al soggetto scegliere come vivere l’orientamento sessuale all’interno della propria comunità.
4. Il motivo è inammissibile per il principio, costante nell’applicazione di questa Corte, per il quale, in materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/07/2020, Cass. n. 11925 del 19/06/2020; Cass. n. 3340 del 05/02/2019).
5. La Corte di merito ha dettagliato la disamina delle dichiarazioni rese dal ricorrente nel pieno raffronto tra quanto riferito dal richiedente dinanzi alla commissione territoriale e poi davanti al primo giudice (sulla età avuta all’epoca dell’inizio della relazione sessuale con un proprio amico; sul vuoto del narrato nei quattro anni intercorrenti tra la scoperta del suo orientamento sessuale da parte del padre sino all’abbandono del richiedente della Nigeria; sulla mancanza di dettagli circa la fuga intentata per sfuggire alla polizia introdottasi nell’albergo in cui avvenivano gli incontri), nella rimarcata diversità di elementi fattuali ritenuti non irrilevanti, il tutto per un giudizio non censurato in punto di decisività del fatto omesso o della motivazione mancante o perplessa.
L’esame complessivo condotto dalla Corte di merito (sull’insorgere della relazione; i rapporti con il padre e la permanenza nel proprio paese dall’inizio della relazione alla sua fuga; il luogo e le modalità in cui era maturato l’arresto) che non tocca, per ciò stesso, profili di dettaglio, esclude che possa trovare applicazione il “beneficio del dubbio” secondo principio affermato dalla giurisprudenza convenzionale (arg. ex Cass. n. 22527 del 16/10/2020).
6. Il ricorso e’, pertanto, inammissibile.
Nulla sulle spese essendo controparte rimasta intimata.
Deve darsi atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2022, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022