Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1655 del 19/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 856-2021 proposto da:

P.O.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato Angelo Russo per procura speciale in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica, domiciliato per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1789/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa SCALIA LAURA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. P.O.P., cittadino nigeriano del Delta State – che, nel racconto reso in fase amministrativa, aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese dopo essere stato accusato dai parenti di un proprio amico, rimasto ucciso in un bar ad opera di sconosciuti, e dopo intervenuta uccisione, per vendetta, del nonno -, ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’Appello di Bologna ne ha rigettato l’impugnazione avverso l’ordinanza con la quale, il locale tribunale ne aveva, a sua volta, respinto la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria ed il diritto alla protezione per ragioni umanitarie, nella ritenuta non credibilità del racconto ed insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, al dichiarato fine dell’eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

Il giudice di merito ha violato il compito di collaborazione istruttoria, non ha esplicitato le ragioni della decisione nell’indicare il racconto del richiedente come generico e non credibile ed ha ritenuto la non credibilità sufficiente ad escludere la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b).

La fonte citata dalla stessa Corte d’Appello, il rapporto COI Nigeria del gennaio 2019 sulla Regione del Delta del Niger, avrebbe evidenziato, di contro a quanto ritenuto dai giudici di merito, una situazione di rischio per i residenti che non avrebbe garantito le condizioni minime di vita ad un soggetto vulnerabile. La non credibilità del racconto non avrebbe escluso le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria.

3.1. Il motivo si presta ad una valutazione che è nel contempo di infondatezza e di inammissibilità.

3.2. Il motivo è infondato là dove la motivazione sulla non credibilità del racconto, di contro a quanto denunciato in ricorso, è ben presente, provvedendo la Corte di merito a valutare analiticamente il narrato del richiedente ed evidenziandone, per i vari passaggi, la lacunosità, l’incoerenza e la palese illogicità (così per: le modalità del mancato arresto dei colpevoli da parte della polizia intervenuta sul luogo del delitto; la incomprensibilità del timore dedotto dal richiedente di subire la pena di morte nonostante lo stesso non fosse stato accusato di alcun reato; il mancato possesso di documenti comprovanti l’evento narrato; la mancanza di evidenze dirette a circostanziare l’episodio della morte del nonno e la fuga del richiedente stesso).

La censura è comunque inammissibile mancando il ricorrente di allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o ex-tratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/07/2020).

3.3. A tanto si aggiunga ancora che la Corte d’appello valorizza che l’appellante, nel grado, nonostante la “precisa” motivazione del tribunale, non svolga censura a quella parte della sentenza impugnata che afferma la non credibilità del racconto.

Si tratta di una valutazione di inammissibilità del motivo in appello con cui non si confronta il ricorrente dinanzi a questa Corte, nulla deducendo sul punto a pena di inammissibilità dello stesso motivo del ricorso per cassazione.

3.4. Inammissibile e infondata è l’ulteriore censura con cui si vorrebbe sostenere che la valutazione di non credibilità del racconto non è di per sé capace di sostenere il giudizio di non accoglibilità della richiesta di protezione dovendo comunque il giudice del merito attivarsi nell’esercizio nei compiti di collaborazione istruttoria. Si tratta infatti di una tesi che si scontra con la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. Cass. n. 10286 del 29/05/2020 e Cass. n. 16122 del 28/07/2020, là dove si afferma che in tema di protezione internazionale, il principio in virtù del quale quando le dichiarazioni dello straniero sono inattendibili non è necessario un approfondimento istruttorio officioso, è applicabile ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)).

3.5. Anche in relazione al riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria il carattere individuale della tutela, come tale, richiede la credibilità delle situazioni dedotte con il racconto reso dal richiedente o l’allegazione in giudizio di altre situazioni di vulnerabilità, come correttamente rilevato dalla Corte di merito (p. 5 terz’ultimo capoverso).

4. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3.

La Corte di merito aveva escluso nella regione di provenienza del ricorrente una situazione di violenza indiscriminata in violazione dell’art. 14, lett. c) citat, nonostante la raccomandazione contenuta nel sito del MAE contenuta sul sito web “viaggiare sicuri” e la giurisprudenza della Corte di giustizia Europea (Caso Elgafaji), non richiedendosi per l’indicata protezione la personalizzazione del danno.

Il motivo è inammissibile perché propone una alternativa lettura di merito delle fonti consultate dai giudici di merito, per contrapposizione delle prime, non avendo il ricorrente evidenziato, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020) per negare l’estremo della violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato interno o internazionale di cui all’art. 14, lett. c) nella interpretazione fornitane dalla Corte di giustizia UE (Cass. n. 18306 del 08/07/2019; Cass. n. 15317 del 17/07/2020).

Il motivo è ancora inammissibile là dove, generico, esso invoca l’astratta rilevanza, in quanto più “aggiornate”, di fonti sulla situazione del Paese di origine del richiedente protezione senza farsi carico di dedurre quale sia il fatto, di carattere decisivo, che, individuato da quelle fonti, sia poi mancato nell’apprezzamento del giudice di merito, non potendo esso individuarsi nel mero fattore tempo.

Come questa Corte ha avuto occasione di affermare, la situazione socio-politica o normativa del Paese di provenienza è rilevante solo se correlata alla specifica posizione del richiedente e quindi alla sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, la cui stima integra un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nei limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 21/11/2018, n. 30105; Cass. 15/07/2020, n. 15047; Cass. 29/10/2020, n. 23942).

5. Il ricorso è pertanto, e conclusivamente, infondato.

Nulla sulle spese essendo controparte rimasta solo intimata.

Deve darsi atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il icorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472