Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1665 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21128-2020 proposto da:

QUADRIFOGLIO ONLUS S.C. COOPERATIVA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO GENCO;

– ricorrente –

contro

A.G.J.L., H.B.R.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MUGGIA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMONE BISACCA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 803/2019 della CORTE TORINO, depositata il 29/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PATII ADRIANO PIERGIOVANNI.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 29 novembre 2019, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello della Cooperativa Sociale Quadrifoglio Onlus s.n.c. avverso la sentenza di primo grado, che, nella sua contumacia, aveva accertato il diritto di A.G.J.L. e H.B.R.L., già dipendenti di KGS Cargiver s.c.s., alla prosecuzione del rapporto di lavoro dal 1 ottobre 2017 alle sue dipendenze ai sensi dell’art. 2112 c.c. e l’aveva condannata al pagamento, in loro favore, delle differenze retributive per gli scatti di anzianità dalla cessazione del rapporto di lavoro con KGS;

2. essa riteneva la continuità del rapporto di lavoro ai sensi della citata norma, per l’identità dell’azienda gestita dalle due cooperative sociali, nella coincidenza della concessione trentennale con vincolo di destinazione d’uso aggiudicata alla Coop. Quadrifoglio nel 2017 con l’appalto tra la ASL e KGS, risultante dalla delibera 27 febbraio 2017; essendo irrilevante la (mancata) conclusione di un contratto tra le due società, ricorrendo un trasferimento di azienda qualora, immutata l’organizzazione aziendale, vi sia sostituzione del titolare del rapporto di lavoro, indipendentemente da un vincolo contrattuale diretto;

3. la Corte escludeva pure l’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3, in difetto di prova di elementi di discontinuità: onere non assolto dall’appellante per la contumacia in primo grado;

4. con atto notificato il 31 luglio 2020, la cooperativa ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., cui resistevano i due lavoratori con unico controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 115, art. 29, comma 3, 37 CCNL Cooperative sociali, per la non contestazione degli elementi di discontinuità allegati nel subentro della gestione della RSA Carlo Alberto di Torino, con la conseguente esclusione dell’ipotesi di trasferimento d’azienda (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., per omesso esercizio dei poteri officiosi giudiziali, propri del rito del lavoro, senza alcuna giustificazione, nonostante la loro sollecitazione dalla società appellante con la formulazione di capi di prova orale idonei alla dimostrazione dei presupposti di operatività della fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3 (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;

3. in via di premessa, occorre distinguere tra successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi e trasferimento di azienda, in quanto fattispecie non automaticamente sovrapponibili, perché la prima integra la seconda, regolata dall’art. 2112 c.c., soltanto qualora sia accertato in concreto il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del know how o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti; altrimenti ostandovi il disposto del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3, non in contrasto sul punto con la giurisprudenza Eurounitaria che consente, ma non impone, di estendere l’ambito di protezione dei lavoratori di cui alla direttiva n. 2001/23/CE ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del trasferimento di azienda; sicché, in caso di successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, non sussiste un diritto dei lavoratori licenziati dall’appaltatore al trasferimento automatico all’impresa subentrante, occorrendo procedere al suddetto accertamento (Cass. 6 dicembre 2016, n. 24972; Cass. 29 marzo 2019, n. 8922);

3.1. nel caso di specie, entrambe le corti di merito hanno accertato in fatto la ricorrenza di un trasferimento d’azienda (per le ragioni esposte dal penultimo capoverso di pg. 5 all’ultimo di pg. 6 della sentenza): sicché, la circostanza non è più controvertibile, per la preclusione determinata dalla doppia conformità delle due sentenze di merito, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c. (ciò di cui ha dato espressamente atto la società cooperativa al primo periodo e al primo capoverso di pg. 10 del ricorso);

4. la Corte territoriale neppure è incorsa nella violazione denunciata in ordine all’omesso esercizio dei propri poteri officiosi, avendo chiaramente affermato il mancato assolvimento dalla ricorrente dell’onere di tempestive allegazione e prova, in ordine alla ricorrenza di una successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, a norma del D.lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3, costituente eccezione rispetto al principio generale sancito dall’art. 2112 c.c., “essendo l’appellante rimasta contumace in primo grado” (così all’ultimo capoverso di pg. 7 e al primo periodo di pg. 8 della sentenza): in esatta applicazione del principio di circolarità, nel rito del lavoro, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova, comportante l’impossibilità di contestare o richiedere prova, oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito, su fatti non allegati nonché su circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano state esplicitate in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo (Cass. s.u. 17 giugno 2004 n. 11353; Cass. 24 ottobre 2017, n. 25148);

5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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