Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1666 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8314-2021 proposto da:

O.H., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ASSUNTA FICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1267/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 17/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa TRICOMI LAURA.

RITENUTO

CHE:

La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello proposto da O.H., proveniente dalla Costa d’Avorio, avverso la sentenza di primo grado che aveva disatteso tutte le domande concernenti la protezione internazionale e quella umanitaria.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Il cittadino straniero aveva narrato che, dopo la morte dei genitori a seguito di un incidente stradale, era andato a vivere con gli zii; che durante la guerra civile scoppiata in Costa d’Avorio nel 2010, la casa dove abitava con gli zii era stata attaccata e lui e la moglie dello zio erano riusciti a fuggire; aveva riferito, quindi, di essersi fermato prima in Burkina Faso e poi di avere raggiunto l’Italia.

La Corte di appello non lo ha ritenuto credibile perché il racconto era inverosimile e non circostanziato. Ha, quindi, escluso la ricorrenza dei presupposti per ogni forma di protezione.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione delle disposizioni che disciplinano il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il ricorrente si duole che non sia stata considerata, al fine del riconoscimento della protezione umanitaria, la giovane età al momento del suo ingresso in Italia, perché all’epoca ancora minorenne, mentre tale non era più al momento dell’audizione.

Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi fondata sulla complessiva non credibilità delle dichiarazioni rese in merito alle ragioni di fuga ed all’arrivo in Italia, in quanto inattendibili, valutazione ricomprendente anche l’andamento del viaggio e la tempistica dell’arrivo in Italia.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa valutazione dei documenti prodotti dal ricorrente, segnatamente di un tesserino parrocchiale attestante la frequenza di un corso di lingua italiana, e si deduce la carenza motivazionale.

Il motivo è inammissibile sotto il profilo preliminare della violazione della norma del procedimento ai sensi dell’art. 360-bis, n. 2, c.p.c., alla stregua dell’esegesi fornitane da Cass. n. 22341/2017, seguita da numerose conformi.

Va ricordato che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. n. 12362/2006; Cass. n. 11511/2014; Cass. n. 13485/2014) come è avvenuto nel caso in esame, per cui non ricorre il vizio denunciato, dovendosi osservare che non risulta nemmeno illustrata la decisività del documento e del fatto ivi indicato, rispetto alla domanda proposta.

3. Con il terzo motivo, concernente la protezione umanitaria, si deduce la omessa comparazione tra l’integrazione in Italia e la violazione dei diritti che subirebbe in caso di rientro in patria.

Il motivo è inammissibile perché sollecita una rivalutazione del merito, senza indicare alcun elemento individualizzante sintomatico di una personale condizione di vulnerabilità, che è stata invece esclusa dalla Corte di appello, in linea con l’orientamento di questa Corte che richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. nn. 23778/2019, 1040/2020) per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Quanto al profilo dell’integrazione in Italia, va osservato che nulla è stato accertato in merito dalla Corte di appello, e che il ricorrente, nel prospettare la doglianza, non indica alcun fatto specifico di cui sia stato omesso l’esame sul punto, ma si limita a sostenere in maniera assertiva e generica l’avvenuta integrazione in Italia, di guisa che non vi è spazio, rispetto a quanto accertato in fase di merito per applicare i principi espressi da Cass. S.U. n. 24413/2021.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva della controparte.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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