Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1711 del 20/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28371/11 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

ATTIJARIWAFA BANK S.A., in qualità di incorporante della società

Wafabank S.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, come da procura speciale con atto in autentica del *****

del M.M.Z., Notaio in *****, Marocco, rep. ***** (con legalizzazione del Consolato Generale d’Italia in ***** del 19 dicembre 2011 nn. ***** e *****), dall’avv. Eugenio Briguglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ernesto Mocci, in Roma, via Germanico, n. 146;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 100/15/10 depositata in data 6 ottobre 2010;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 dicembre 2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva avvisi di accertamento, per i periodi di imposta dal 1997 al 2005, nei confronti della Attijariwafa Bank S.A. con cui contestava che la Banca, avente sede esclusivamente in Marocco, aveva operato in Italia nel settore della raccolta del risparmio tramite una stabile organizzazione italiana costituita da propri funzionari marocchini che, su disposizione della Banca, avevano aperto un conto corrente postale in *****, sul quale avevano fatto affluire le rimesse periodiche di denaro di emigrati marocchini in Italia, nonché altro conto corrente presso la Banca Intesa di Milano sul quale avevano periodicamente versato, tramite assegno circolare tratto sul conto corrente postale, le suddette rimesse.

Secondo la ricostruzione dell’Ufficio finanziario, il trasferimento dei fondi raccolti in Italia dalla stabile organizzazione alla casa madre marocchina configurava un’operazione di finanziamento fiscalmente fruttifero, con la conseguenza che gli interessi venivano a costituire elementi positivi di reddito tassabili ai fini Irpeg e Ilor.

2. Impugnati gli avvisi di accertamento dalla contribuente che sosteneva l’inesistenza della attività bancaria e della raccolta di risparmio, la Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva i ricorsi.

La sentenza veniva impugnata dall’Ufficio dinanzi alla Commissione tributaria regionale che respingeva il gravame. Facendo riferimento alle consulenze tecniche eseguite da esperti della Banca d’Italia e dell’Ufficio Italiano Cambi nominati dal Pubblico Ministero nell’ambito delle indagini penali, escludeva che l’attività svolta dalla contribuente rientrasse nella definizione di “raccolta di risparmio”, configurando piuttosto un’attività di trasferimento di fondi presso la banca marocchina, atteso che i cittadini marocchini richiedevano il trasferimento delle somme versate agli sportelli di Banca Intesa o Poste italiane mediante apposito bollettino di versamento a favore di un conto incardinato presso la Wafabank in Marocco. Aggiungeva che anche laddove si fosse voluto riconoscere la presenza di un’attività finanziaria tale da far presupporre l’esistenza di una stabile organizzazione, non erano stati forniti dall’Ufficio gli elementi indispensabili per poter determinare il reddito.

3. Contro la suddetta decisione d’appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, cui ha resistito la società contribuente mediante controricorso.

Con istanza depositata il 6 dicembre 2018 la contribuente ha depositato istanza di sospensione del processo, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, e questa Corte all’esito dell’udienza pubblica del 11 dicembre 2018 ha accolto l’istanza, rinviando la causa a nuovo ruolo.

In prossimità dell’adunanza camerale l’Agenzia delle entrate ha depositato istanza di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 162, commi 6 e 7, art. 110, comma 7, art. 76, comma 5, del D.P.R. n. 917 del 1986, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 89, commi 4, 5, e 7, art. 41, commi 1 e 2, e della L. di ratifica della Convenzione tra l’Italia e il Regno del Marocco, 5 agosto 1981, n. 504, art. 5, commi 4 e 5, intesa ad evitare le doppie imposizioni sul reddito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente censura la decisione gravata per avere la C.T.R. escluso l’esistenza in Italia di una stabile organizzazione della Wafa Bank marocchina, Costituita da dipendenti di questa operanti in Italia presso le filiali di Poste Italiane e di Banca Intesa, nonché da queste stesse filiali quali strutture logistiche di supporto.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, degli artt. 112,113 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere i giudici di appello affermato, diversamente da quanto emergeva dall’avviso di accertamento, che l’Ufficio aveva contestato soltanto l’attività bancaria e non anche l’attività di intermediazione finanziaria nella forma del trasferimento fondi.

3. Con il terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, la ricorrente contesta la statuizione della sentenza impugnata con cui si afferma che l’Ufficio non avrebbe fornito elementi indispensabili per poter determinare il reddito, sebbene risultasse dall’avviso di accertamento che nell’arco temporale compreso tra il 1996 ed il 2005 la Wafabank avesse trasferito fondi per un importo complessivo di Euro 150.744.277,78.

4. Come esposto in premessa, la contribuente ha avanzato istanza per la definizione agevolata della lite, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018.

Il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, prevede che “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali…” e, ai sensi del successivo comma 13, “in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto…”.

Nel caso di specie, non risulta che sia stata presentata istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020, né che sia stato notificato atto di diniego della definizione entro il 31 luglio 2020.

L’Agenzia delle entrate ha piuttosto confermato la regolarità della domanda di definizione presentata dalla società, tanto che ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio, cosicché deve ritenersi perfezionata la causa estintiva correlata all’accesso alla definizione agevolata.

Le spese del giudizio estinto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ultimo periodo, restano a carico della parte che le ha anticipate.

PQM

dichiara estinto il giudizio e cessata la materia del contendere.

Spese a carico della parte che le ha anticipate.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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