Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1712 del 20/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3798/13 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

ATTIJARIWAFA BANK S.A., in qualità di incorporante della società

Wafabank S.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, come da procura speciale con atto in autentica del *****

del M.M.Z., Notaio in *****, Marocco, rep. ***** (con legalizzazione del Consolato Generale d’Italia in ***** del 19 dicembre 2011 nn. ***** e *****), dall’avv. Eugenio Briguglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ernesto Mocci, in Roma, via Germanico, n. 146;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 155/02/11 depositata in data 12 dicembre 2011;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 dicembre 2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propose appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente Attjariwafa Bank S.A. avverso l’avviso di accertamento, ai fini del recupero di Irpeg e Irap 2005, con il quale si contestava l’esercizio di attività autonoma di raccolta di risparmio in Italia.

2. La Commissione tributaria regionale della Lombardia confermò la sentenza di primo grado, osservando che la società contribuente, alla luce delle risultanze di causa costituite dalle relazioni peritali svolte in sede penale da soggetti terzi, liberamente apprezzabili, non esercitava un’autonoma raccolta di risparmio in Italia, ma si limitava a trasferire denaro versato dai cittadini marocchini all’estero, senza alcuna possibilità di movimentazione o di disponibilità dello stesso denaro, attività che venivano svolte esclusivamente dalla banca marocchina. Ritenne conseguentemente che la ripresa fiscale operata dall’Ufficio non fosse giustificata.

3. Contro la suddetta decisione d’appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, cui ha resistito la società contribuente mediante controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale l’Agenzia delle entrate ha depositato istanza di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, deducendo la carenza assoluta di motivazione o motivazione apparente e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate si duole che la decisione impugnata, nella parte in cui si afferma “Per il resto non possono che richiamarsi le analitiche argomentazioni svolte dal primo giudice che vengono fatte proprie da questa commissione”, si riduce ad un mero rinvio alla sentenza di primo grado e, quindi, ad una pronuncia del tutto priva di una effettiva motivazione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 162, commi 6 e 7, art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 5, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 89, commi 4, 5 e 7, art. 41, commi 1 e 2, e della L. 5 agosto 1981, n. 504, art. 5, commi 4 e 5, di ratifica della Convenzione tra l’Italia e il Regno del Marocco intesa ad evitare le doppie imposizioni sul reddito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. escluso l’esistenza in Italia di una stabile organizzazione della Wafa Bank marocchina, costituita da dipendenti di questa operanti in Italia presso le filiali di Poste Italiane e di Banca Intesa, nonché da queste stesse filiali quali strutture logistiche di supporto. Evidenzia pure di avere fornito tutte le prove necessarie per configurare una stabile organizzazione, evincibili dalle relazioni peritali svolte in sede penale.

3. Come esposto in premessa, l’Agenzia delle entrate, confermando la regolarità della domanda di definizione presentata dalla società ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, ha chiesto che venga dichiarata l’estinzione del giudizio.

Dovendosi ritenere perfezionata la causa estintiva correlata all’accesso alla definizione agevolata, in conformità alla richiesta della ricorrente, va dichiarata l’estinzione del giudizio.

Le spese del giudizio estinto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ultimo periodo, restano a carico della parte che le ha anticipate.

In ragione della definizione agevolata della controversia non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del cd. doppio contributo, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e pertanto non suscettibile, per la sua natura latu sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (v. Cass., 7/12/2018, n. 31372; Cass., 7/6/2018, n. 14782).

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere.

Spese a carico della parte che le ha anticipate.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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