LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4896-2020 proposto da:
M.A., in proprio e quale socio accomandatario della cessata sas “Boschiva M. di M.A. e S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIO VENETO, 108, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MALIZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO FEDERICO DE MARCO;
– ricorrente –
contro
L.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2161/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LEO.
RILEVATO
che:
1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 23.7.2019, ha accolto parzialmente il gravame interposto da L.A., nei confronti di M.A., in proprio e nella qualità di socio accomandatario della Boschiva M. di M.A. e S. s.a.s., avverso la pronunzia del Tribunale di Velletri depositata il 19.7.2016, con la quale era stato respinto il ricorso del lavoratore diretto ad ottenere “l’accertamento dell’unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato intercorso tra le parti dal 1965 al 2008 e la condanna di M.A., in proprio e nella qualità di accomandatario della predetta società, al pagamento della complessiva somma di Euro 200.708,90, oltre accessori e spese”;
2. la Corte di merito ha, pertanto, dichiarato che, “nel periodo da febbraio 2002 al 15 agosto 2008, è intercorso un rapporto di lavoro subordinato fra l’appellante e Boschiva M. di M.A. e S. s.a.s.” e, per l’effetto, ha condannato “l’appellato, nella qualità di socio accomandatario della predetta società, a pagare all’appellante la complessiva somma di Euro 16.145,14 a titolo di differenze retributive per lavoro ordinario, lavoro straordinario, indennità sostitutiva di permessi per ex festività infrasettimanali non goduti e per ferie non godute, nonché T.F.R., oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT (famiglie di operai e impiegati) e interessi legali sulle somme via via rivalutate, con decorrenza dalla maturazione di ciascun credito fino all’effettivo soddisfo”;
3. per la cassazione della sentenza M.A., in proprio e quale socio accomandatario della cessata s.a.s. “Boschiva M. di M.A. e S.”, ha proposto ricorso affidato a quattro motivi ulteriormente illustrati da memoria; L.A. è rimasto intimato;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis codice di rito.
CONSIDERATO
che:
5. con il primo motivo di ricorso, testualmente, si censura: “Omessa, e comunque (se fosse ritenuta implicita) erronea e contraddittoria disamina circa un fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di disputa tra le parti sin dal primo grado (art. 360 c.p.c., n. 5), ossia circa il fatto che vi fu purtroppo l’insorgenza di una seria e compromettente invalidità lavorativa a carico del L., e che la relativa rendita INAIL, iniziata nel 1974 come rendita diretta, si era poi evoluta in rendita a carico del Fondo Pensioni Lavoratori dipendenti con decorrenza dal febbraio 1985, ciò che evidentemente preclude un eventuale successivo rapporto di lavoro subordinato, per giunta fra le stesse (o anche fra altre) parti, ma comunque nella stessa azienda e in ipotesi per le stesse mansioni che avevano dato luogo all’infortunio, possa essere ancora di natura subordinata. E, conseguentemente, violazione e falsa applicazione di norme (artt. 2094,2095,2110 c.c.)”;
6. con il secondo motivo si deduce testualmente: “Omessa, e comunque erronea e contraddittoria disamina circa un fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di disputa tra le parti sin dal primo grado (art. 360 c.p.c., n. 5), ossia l’utilizzo di un mezzo d’opera o di servizio (furgoncino o “piccolo autocarro”) di proprietà del sedicente subordinato, utilizzato per trasportare la legna fuori dall’azienda boschiva del M., ciò che all’evidenza risulta incompatibile e contraddittorio con uno dei più notevoli ed esemplari indici rivelatori della subordinazione, ossia l’inserimento in un’organizzazione aziendale con utilizzo di mezzi e macchinari del datore”;
7. con il terzo motivo, testualmente, si denunzia: “Omessa, e comunque erronea e contraddittoria disamina circa un fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di disputa tra le parti sin dal primo grado (art. 360 c.p.c., n. 5), ossia l’esistenza di prestazioni manifestamente occasionali da parte del L., svolte di volta in volta e remunerate di volta in volta, la quale remunerazione venne ammessa (né poteva essere negata) e conteggiata dal ricorrente L., ma presentandola come retribuzione in nero”;
8. con il quarto mezzo di impugnazione, testualmente, si deduce: “In subordinata ipotesi, ossia laddove non si accogliessero i tre motivi di cassazione che precedono, violazione o falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in ordine alla prescrizione dei crediti di lavoro (art. 2948 c.c., e sua applicazione pretoria nel diritto vivente) ed alla data della sua decorrenza. Motivo eventualmente assorbito e vanificato, in caso di accoglimento anche di uno solo dei tre motivi che precedono, che condurrebbe al radicale rigetto di ogni domanda per crediti da lavoro. Motivo che comunque condurrebbe alla cassazione della sentenza d’appello, con questa specifica motivazione, e conseguente conferma della sentenza di primo grado”;
9. I primi tre motivi – da trattare congiuntamente per ragioni di connessione – sono inammissibili per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, applicabile, ratione temporis, al caso di specie, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata il 23.7.2019; ed inoltre perché tendono ad una rivalutazione del merito attraverso una nuova valutazione delle prove, non consentita in questa sede (Cass. nn. 17611/2018; 13054/2014; 6023/2009); infine, il primo motivo censura, altresì, sempre in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (anziché in riferimento al n. 3 dello stesso articolo), “la violazione e falsa applicazione di norme (artt. 2094,2095,2110 c.c.)”, senza specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in che modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (v., tra le molte, Cass., Se. VI, ordd. nn. 187/2014; 635/2015; Cass., nn. 19959/2014; 18421/2009); e ciò, in violazione dell’art. 366 codice di rito, comma 1, n. 4;
10. il quarto motivo non è fondato: i giudici di Appello hanno infatti precisato, a pag. 4 della sentenza oggetto del presente giudizio, che “dalla precisa e circostanziata deposizione del teste D.N. si ricava la prova della continuazione del rapporto fino ad agosto 2008. Ed allora è quest’ultimo il dies a quo del termine di prescrizione, che pertanto alla prima lettera del L., inviata in data 20/10/2009, non era affatto decorso”;
11. per le considerazioni svolte, il ricorso va rigettato;
12. nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, poiché L.A. non ha svolto attività difensiva;
13. avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, secondo quanto specificato in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022
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