Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1725 del 20/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Gabriella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2925-2020 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI PIO DE GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA I R C C S OPERA DI SAN PIO DA PIETRALCINA DI SAN GIOVANNI ROTONDO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIEGI 44, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO LOZUPONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1580/2019 della CORTE BARI, depositata l’08/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LEO.

RILEVATO

che:

1. La Corte di Appello di Bari, con sentenza pubblicata in data 8.7.2019, ha respinto il gravame interposto da C.M., nei confronti della Fondazione “Casa Sollievo della Sofferenza” I.R.c.c.S. Opera di San Pio da Pietrelcina – presso la quale prestava servizio con mansioni di infermiera generica -, avverso la pronunzia del Tribunale di Foggia resa in data 5.5.2014, con la quale era stata rigettata la domanda della lavoratrice volta ad ottenere “l’assegnazione a mansioni compatibili con le proprie condizioni di salute, essendo la stessa affetta da gravi patologie alla spalla ed alla colonna vertebrale incompatibili con le mansioni alle quali era adibita presso il reparto di Pediatria della struttura, nonché il risarcimento di tutti i danni, biologico, morale e/o esistenziale, subiti a causa delle mansioni assegnate, quantificati provvisoriamente in 15.000,00 Euro, oltre interessi e rivalutazione”;

2. i giudici di secondo grado, per quanto ancora di rilievo in questa sede, hanno osservato che, in assenza di elementi delibatori a sostegno della domanda della C., il rigetto del giudice di primo grado è corretto, anche in considerazione del fatto che il C.t.u. nominato in sede di gravame ha motivatamente escluso che le mansioni espletate dalla lavoratrice fossero incompatibili con il suo stato di salute (v., in particolare, le pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);

3. per la cassazione della sentenza C.M. ha proposto ricorso affidato a due motivi; la Fondazione “Casa Sollievo della Sofferenza” I.R.c.c.S. Opera di San Pio da Pietrelcina ha resistito con controricorso;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis cod. di rito.

CONSIDERATO

che:

5. con il primo motivo di ricorso, testualmente, si censura: “art. 360 c.p.c., n. 5. Nullità della sentenza o del procedimento per omesso esame di documento e di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla Consulenza Tecnica d’Ufficio e alle osservazioni critiche del ctp di parte ricorrente”, per avere i giudici di secondo grado omesso di considerare che “il CTU ha sostanzialmente omesso l’effettivo e puntuale esame delle giuste e fondate censure sollevate dal CTP della ricorrente…non contenendo in modo assoluto argomentazioni tecnico-scientifiche idonee – sia pure sul piano astratto – a confutare le legittime e documentate critiche mosse dal CTP”;

6. con il secondo motivo si deduce testualmente: “art. 360 c.p.c., n. 3. Nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – omessa motivazione in ordine alle risultanze istruttorie acquisite in sede di merito”, per avere la Corte di merito “stabilito con motivazione assolutamente apparente che dalla deposizione di C.R. non emerge affatto che fosse abituale la movimentazione di carichi di peso superiore a quello indicato quale limite massimo dal medico competente”, nonché per “avere omesso in modo assoluto la motivazione sulla deposizione della teste C.E., nonché sulla chiara e rilevante documentazione medica prodotta in atti”;

7. entrambi i motivi di ricorso – da trattare congiuntamente per ragioni di connessione – sono inammissibili, poiché, nella sostanza, si censura la valutazione delle prove effettuata dalla Corte di Appello. In ordine alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunzi, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi, al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una differente valutazione alle dichiarazioni testimoniali relativamente alle quali si denunzia il vizio (cfr., ex multis, Cass. n. 17611 del 2018; Cass. n. 13054 del 2014; Cass. n. 6023 del 2009). Pertanto, la contestazione, peraltro generica, sulla pretesa errata valutazione, da parte dei giudici di seconda istanza, delle risultanze istruttorie si risolve in una inammissibile richiesta di riesame di elementi di fatto e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione sarebbe mancata o sarebbe stata illogica (cfr. Cass. n. 24958 del 2016; Cass. n. 4056 del 2009), finalizzata ad ottenere una nuova pronunzia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148 del 2013; Cass. n. 14541 del 2014);

8. inoltre, in merito alle censure sollevate relativamente alla c.t.u., vanno ribaditi gli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed a cui, ai sensi dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., ex plurimis, Cass. n. 18358 del 2017; Cass. n. 3881 del 2006; Cass. n. 3519 del 2001) -, alla stregua dei quali, ove il giudice di merito “condivida i risultati della consulenza tecnica di ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze” della stessa “implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità. In tal caso l’obbligo della motivazione è assolto con l’indicazione della fonte dell’apprezzamento espresso, senza la necessità di confutare dettagliatamente le contrarie argomentazioni della parte, che devono considerarsi implicitamente disattese”;

9. per le considerazioni svolte, il ricorso va dichiarato inammissibile;

10. le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

11. avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15/0 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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