LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLÈ Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1845-2020 proposto da:
F.M., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato CARMELINA AURILLO;
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE AVELLINO, in persona del Direttore Generale pro tempore, domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIAROSARIA DI TROLIO, DOMENICA COPPOLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3408/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
che:
1. F.M., titolare di un contratto di lavoro autonomo continuativo con la Asl di Avellino, quale infermiera professionale presso il carcere, ha agito per il riconoscimento del compenso in misura di Euro 20,63 orarie, quale misura prevista da un Decreto regionale di attuazione del piano di rientro del settore sanitario, superiore rispetto) agli Euro 17,24 ad essa da ultimo attribuiti;
2. la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato la domanda, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Avellino, sul presupposto che l’importo fissato nel Decreto, lungi dal costituire un minimo tariffario, individuasse un tetto massimo insuperabile, stabilito per ragioni di contenimento della spesa sanitaria espressamente indicate nell’epigrafe dello stesso provvedimento;
3. F.M. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi e la Asl ha depositato controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
5. la ricorrente ha infine depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. il primo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un punto decisivo della controversia ed è sviluppato criticando la parte della sentenza in cui si censura il tentativo della ricorrente – così almeno ritenuto dalla Corte di merito – di virare la causa petendi verso il lavoro subordinato, con apprezzamento che la F. censura affermando che l’azione era da riportare alla fattispecie dell’art. 409 c.p.c., n. 3, e che non vi era stata alcuna mutatio libelli;
2. il motivo è inammissibile, in guanto la ricorrente, alla fine, sul punto non ha di che dolersi, avendo comunque la Corte territoriale deciso sul presupposto che quello oggetto di causa fosse un rapporto autonomo coordinato e continuativo e non un rapporto di lavoro subordinato;
3. il secondo motivo adduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Regione Campania n. 33 del 2010, art. 6, e con esso si sostiene che l’importo indicato in quell’atto sarebbe inderogabile in peius e non costituirebbe, come invece ritenuto nella sentenza impugnata, il tetto massimo di quei compensi;
4. anche questo motivo è inammissibile;
5. è infatti indubbio che quel Decreto non abbia caratura normativa, trattandosi di atto emesso al fine di dare attuazione ad un piano di rientro delle spese sanitarie imposto alla Regione Campania e quindi nell’ambito di un tipico agire provvedimentale, dal che deriva l’insindacabilità diretta, per violazione ed errata applicazione di legge (Cass. 16 gennaio 2006, n. 696), dovendosi semmai (Cass. 15 dicembre 2020, n. 28625; Cass., S.U., 25 luglio 2019, n. 20181) procedere a critica sulla base della violazione dei canoni ermeneutici propri dei negozi ed atti unilaterali (art. 1362 c.c. ss.), profilo di cui non vi è traccia alcuna nell’ambito del motivo;
6. oltre a ciò, il predetto decreto è trascritto solo in parte, sicché ne resta impedito, in violazione dei criteri di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., un completo apprezzamento in sede di legittimità e già sulla base del ricorso (v. ora, sul punto, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34469) ed inoltre esso non è prodotto autonomamente davanti alla Corte di Cassazione, né è indicato nel corpo del ricorso il luogo della sua produzione nei gradi di merito, così restando violato anche il disposto di rito) di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4;
7. il terzo motivo afferma la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 9, comma 1-bis, e con esso si censura la sentenza impugnata per avere dichiarato la ricorrente tenuta al versamento del raddoppio del contributo unificato, nonostante essa fosse munita dell’esenzione per redditi rispetto al versamento del contributo stesso;
8. anche tale motivo è inammissibile in quanto questa S.C. ha già ritenuto e va qui confermato, che “la declaratoria della sussisterqa dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo; pertanto, tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione” (Cass. n. 11116/2020; Cass. n. 27131/2020; Cass. n. 29424/2019), derivando da ciò altresì la possibilità che l’attestazione sia formulata condizionatamente all’effettiva debenza del contributo stesso (Cass., SU, n. 4315/2020);
9. il ricorso va dunque dichiarato complessivamente inammissibile;
10. è invece fondato il rilievo, sollecitato con la memoria finale, in ordine alla tardività del controricorso della Asl, in quanto il ricorso per cassazione fu notificato il 10.1.2020 ed il controricorso è stato posto in notifica e notificato telematicamente il 10.3.2020 e dunque oltre il termine complessivo di quaranta giorni di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1, il che comporta l’inammissibilità del controricorso e in definitiva, in assenza di valida attività difensiva, impone di nulla disporre rispetto al rimborso delle spese di lite a favore della parte vittoriosa.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022