Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1812 del 20/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20182-2020 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del Responsabile legale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANNIA FAUSTINA 5/D, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO LEPRI;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 17, presso lo studio dell’avvocato FULVIO ZARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI CASADIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2020 della CORTE BOLOGNA, depositata il 13/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PATII ADRIANO PIERGIOVANNI.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 13 maggio 2020, la Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, di accertamento della nullità del precetto, da questa intimato il 24 marzo 2018 a M.F. di pagamento dell’importo di Euro 1.186.786,67, in base alla sentenza del Tribunale di Siena 30 settembre 2014, anziché della Corte d’appello di Firenze 30 marzo 2016, di rigetto dell’appello avverso la prima e pertanto titolo esecutivo da notificare, in luogo della sentenza di primo grado;

2. essa ribadiva la correttezza del consolidato principio applicato dal Tribunale, dell’effetto sostitutivo della prima pronuncia (sia in caso di riforma che di conferma) da parte di quella d’appello e della sua natura di titolo giustificativo della pretesa esecutiva, qualora questa, come nel caso di specie, non sia stata ancora promossa; in caso contrario, dovendo invece l’esecuzione proseguire in base alle statuizioni del primo titolo esecutivo confermate in sede di impugnazione;

3. con atto notificato il 22 luglio 2020, la banca ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., cui resisteva il creditore con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per omessi esame e motivazione in relazione al(l’unico) motivo di appello, di censura della sentenza, limitatasi al richiamo del principio di sostituzione comunque della pronuncia d’appello a quella di primo grado e pertanto di titolo esecutivo in difetto di pendenza della procedura esecutiva, senza spiegare il perché la tesi della banca “non era applicabile al caso di specie, indicandone le ragioni e le conseguenze giuridiche” (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c., per difetto del requisito in particolare di liquidità del titolo esecutivo, in mancanza nella sentenza della Corte d’appello di alcun capo di condanna a carico di M., né tanto meno di determinazione della somma al cui pagamento tenuto (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;

3. l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado (Cass. 10 ottobre 2003, n. 15185; Cass. 10 gennaio 2017, n. 352), comporta che, ove l’esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa prosegua sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione; nel caso in cui, invece, l’esecuzione non sia ancora iniziata, essa debba intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado quale titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest’ultimo, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado (Cass. 16 aprile 2013, n. 9161; Cass. 13 novembre 2018, n. 29021, con richiamo di precedenti conformi);

3.1. deve pure essere ribadito, in riferimento al difetto di liquidità del titolo esecutivo, il principio di ammissibilità dell’interpretazione extratestuale del titolo esecutivo giudiziale di cui all’art. 474 c.p.c., comma 2, n. 1, in base agli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, trattandosi di documento la cui funzione è soltanto quella di esprimere un giudizio, con spettanza al giudice di merito della valutazione della rilevanza e idoneità di tali fonti d’integrazione extratestuale dell’accertamento contenuto nel titolo (Cass. s.u. 2 luglio 2012, n. 11066; Cass. 1 ottobre 2015, n. 19641; Cass. 21 dicembre 2016, n. 26567; Cass. 5 giugno 2020, n. 10806);

4. l’illustrato ragionamento argomentativo non è poi minimamente influenzato dalla circostanza, dedotta dalla banca ricorrente nella memoria finale, della sopravvenuta cassazione con rinvio (per effetto della pronuncia della Corte di Cassazione 26 ottobre 2021, n. 30134 allegata alla memoria) della sentenza della Corte d’appello di Firenze, confermativa di quella del Tribunale di Siena, titolo esecutivo dalla medesima posto a base del precetto di pagamento intimato il 24 marzo 2018 a M.F., di cui le corti di merito hanno accertato la nullità nell’odierno giudizio pendente davanti a questa Corte;

4.1. giova in proposito richiamare l’insegnamento di legittimità, secondo cui, nell’ipotesi di esecuzione fondata su un titolo esecutivo che sia costituito da una sentenza di primo grado, la riforma in appello di quest’ultima (e lo stesso effetto si produce in caso di conferma, qualora come nel caso di specie l’esecuzione non sia ancora iniziata, secondo l’indirizzo di questa Corte richiamato al p.to 3.) determina il venir meno del titolo esecutivo, atteso che l’appello ha carattere sostitutivo e pertanto la sentenza di secondo grado è destinata a prendere il posto della sentenza di primo grado; sicché, nell’ipotesi in cui la sentenza d’appello sia a sua volta cassata con rinvio, non si ha una reviviscenza della sentenza di primo grado, posto che la sentenza del giudice di rinvio non si sostituisce ad altra precedente pronuncia, riformandola o modificandola, ma statuisce direttamente sulle domande delle parti, con la conseguenza che non sarà mai più possibile procedere in executivis sulla base della sentenza di primo grado (riformata della sentenza d’appello cassata con rinvio), potendo una nuova esecuzione fondarsi soltanto, eventualmente, sulla sentenza del giudice di rinvio (Cass. 8 luglio 2013, n. 16934; Cass. 26 novembre 2020, n. 26935);

5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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