Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1823 del 20/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24474-2020 proposto da:

UNIONE DI BANCHE ITALIANE – UBI BANCA S.P.A., con sede in Bergamo, alla Piazza Vittorio Veneto n. 8, in persona del suo procuratore speciale, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati Alfredo Bazoli ed Alessio Gattamelata, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al Viale delle Belle Arti. n. 7.

– ricorrente –

contro

S.S., procuratore di sé stesso, elettivamente domiciliato in Roma, alla via Matera n. 23/A, presso lo studio dell’Avvocato Antonello Politano.

– controricorrente –

avverso la sentenza, n. cronol. 3032/2020, della CORTE di APPELLO di ROMA, depositata in data 22/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 4 dicembre 2014, n. 1199, il Tribunale di Viterbo, accogliendo, per quanto di ragione, la domanda di S.S., condannò Ubi Banca di Brescia s.p.a., poi Banca di Brescia San Paolo CAB s.p.a. ed oggi Unione di Banche Italiane – Ubi Banca s.p.a. (per il prosieguo, breviter, Ubi Banca), al pagamento, in favore del primo, di Euro 19.248,50, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno cagionatogli dalla convenuta, esercente attività di intermediazione finanziaria, per l’inadempimento agli obblighi posti dagli artt. 21 TUIF, nonché del Reg. Consob n. 11522 del 1998, artt. 26 e 29, in occasione dell’acquisto, da parte dell’attore, su ordine eseguito il 17 giugno 1999, di obbligazioni di Stato argentine avvenuto senza il preventivo assolvimento dell’obbligo informativo di segnalazione dell’inadeguatezza dell’operazione con riferimento al profilo di rischio dell’investimento.

1.1. Il gravame promosso da Ubi Banca contro questa decisione è stato respinto dalla Corte di appello di Roma, con sentenza del 22 giugno 2020, n. 3032, la quale, per quanto qui di residuo interesse: i) ha confermato il rigetto dell’eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata dalla banca innanzi al tribunale, facendo proprio il principio sancito da Cass. n. 5504 del 2012, a tenore del quale, “in tema di risarcimento del danno contrattuale, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza della prescrizione occorre verificare il momento in cui si sia prodotto, nella sfera patrimoniale del creditore, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore”; i:) ha ritenuto che il S., con l’atto introduttivo del giudizio, avesse posto a fondamento della sua pretesa risarcitoria anche l’inadempimento della convenuta agli obblighi informativi proprio dell’intermediario finanziario, sicché, diversamente da quanto assunto dall’appellante, nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c. poteva ascriversi al giudice di prime cure.

2. Avverso questa sentenza Ubi Banca ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis c.p.c.. Resiste, con controricorso, il S..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al disposto dell’art. 2935 c.c.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. in ordine alla decorrenza del termine prescrizionale”. Si contesta l’affermazione della corte distrettuale riguardante la decorrenza del termine prescrizionale della pretesa risarcitoria del S. dal momento (data del default dell’emittente le obbligazioni di stato argentine, individuata nel dicembre 2001) in cui si era prodotto, nella sfera giuridica di quest’ultimo, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore. Assume la ricorrente, invece, che detto termine dovesse essere fatto decorrere dalla data dell’acquisto (30 gennaio 1998) dei titoli in questione;

II) “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione al disposto dell’art. 112 c.p.c.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero nullità del procedimento e della sentenza, per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”. Si sostiene che il S. aveva collegato la propria pretesa risarcitoria esclusivamente alla invocata declaratoria di nullità/inefficacia del contratto di acquisto di bonds argentini, sicché, respinta quest’ultima domanda, quella pretesa non poteva essere correlata, pena la violazione dell’art. 112 c.p.c., alla diversa causa petendi concernente la violazione di obblighi informativi.

2. Il secondo motivo, il cui esame appare logicamente prioritario rispetto al primo, si rivela inammissibile per un suo evidente difetto di autosufficienza.

2.1. Invero, posto che la corte capitolina ha espressamente affermato che, “con l’atto introduttivo, il S. ha posto a fondamento della propria pretesa anche l’inadempimento di obblighi contrattuali dell’intermediario, per cui l’accoglimento della domanda di danni, una volta accertato l’inadempimento dell’intermediario, non è stata pronunciata in violazione dell’art. 112 c.p.c.” pag. 5 della sentenza impugnata), Ubi Banca aveva il preciso onere, rimasto, invece, inadempiuto, di riprodurre in ricorso il complessivo tenore letterale della parte della citazione introduttiva di primo grado in cui assume che il S. non avrebbe ricondotto la pretesa risarcitoria anche alla denunciata violazione degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario. In proposito, infatti, non è certamente sufficiente, proprio perché smentito dalla riportata, contraria, affermazione della corte distrettuale (frutto, evidentemente, della interpretazione della domanda attrice effettuata dalla stessa corte nell’esercizio del corrispondente potere), il mero assunto per cui “con l’atto di citazione notificato dal Sig. S. il 14.1.2011, l’Attore nel giudizio di prime cure chiese esclusivamente di accertare e dichiarare la nullità e/o l’inefficacia del contratto di borsa volto all’acquisto di bond argentini… e conseguentemente condannare la banca convenuta a risarcire il danno partito dal sig. S.” pag. 7 del ricorso).

2.2. Questa Corte, dunque, nemmeno è posta in condizione di conoscere l’effettivo contenuto della originaria, complessiva, domanda del S. in primo grado. Ne’ a diversa conclusione potrebbe giungersi ove pure si volesse considerare prospettato un error in procedendo, con conseguente facoltà di accesso diretto agli atti ad opera del giudice di legittimità. Invero, come sancito da Cass. n. 2771 del 2017, la Corte, allorquando sia denunciato un error in procedendo, essendo anche giudice del fatto, ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; ma con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessaria una sollecitazione del potere di accertamento del vizio e cioè che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame. Sicché il corrispondente motivo in tanto è ammissibile ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale. Infatti, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte allegarli ed indicarli (cfr. Cass. n. 978 del 2007. Principi affatto analoghi sono stati ribaditi, più recentemente, da Cass. n. 21830 del 2021; Cass. n. 23834 del 2019; Cass. 20924 del 2019; Cass., SU, n. 20181 del 2019; Cass. n. 15367 del 2014; Cass. n. 21226 del 2010).

3. Il primo motivo è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

3.1. Invero, non avendo il S. domandato l’adempimento contrattuale, l’obbligazione dedotta in giudizio riguardava non già l’esecuzione della prestazione ivi pattuita quanto, piuttosto, quella succedanea e distinta dalla prima – di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento dell’intermediario finanziario ad obblighi informativi al cui rispetto questi sarebbe stato comunque tenuto (anche) nel corso dell’esecuzione del contratto.

3.2. Onde stabilire l’inizio della decorrenza del termine di prescrizione di una pretesa risarcitoria siffatta, dunque, assumevano rilievo decisivo l’inadempimento colpevole dell’intermediario medesimo ed il danno causalmente ad esso collegato.

3.3. Inoltre, va considerato che la prescrizione, decorrendo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, presuppone la violazione del diritto: soltanto dal momento e per effetto di tale violazione sorge nel creditore l’interesse ad azionare la tutela per ottenere il soddisfacimento della pretesa.

3.3.1. Nella specie, è di tutta evidenza che l’interesse ad agire del S. per ottenere l’invocato ristoro patrimoniale non poteva farsi risalire al momento in cui era sorto il diritto all’esecuzione del contratto – coincidente con la stipula del contratto costitutivo del diritto stesso – atteso che esso avrebbe acquisito consistenza solo allorquando si fossero effettivamente prodotte le conseguenze negative sul suo patrimonio determinate dall’accertato inadempimento imputabile all’intermediario.

3.3.2. Affatto correttamente, quindi, la corte distrettuale ha individuato nel momento (risalente al dicembre 2001) in cui si manifestò il rifiuto dello Stato argentino di onorare il proprio debito pubblico l’epoca in cui il S. ebbe percezione del danno subito per effetto dell’acquisto di titoli obbligazionari di quel Paese in relazione ai quali l’intermediario non gli aveva prospettato l’inadeguatezza dell’investimento in rapporto al proprio profilo di rischio.

3.3.3. Merita piena condivisione, pertanto, il principio, – che qui si intende ribadire, non offrendo le argomentazioni esposte da Ubi Banca a corredo del primo motivo del suo odierno ricorso ragioni decisive per disattenderlo – affermato da Cass. n. 5504 del 2012 e fatto proprio dalla corte distrettuale, secondo cui, “in tema di danno contrattuale, al fine di determinare il dies a quo della prescrizione occorre verificare il momento in cui si sia prodotto nella sfera patrimoniale del creditore il danno causato dal colpevole inadempimento del debitore” (in senso sostanzialmente conforme si vedano anche Cass. n. 26020 del 2011, nonché la più recente Cass. n. 1889 del 2018).

4. Il ricorso, dunque, deve essere dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Unione di Banche Italiane – Ubi Banca s.p.a. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, quantificati in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della menzionata ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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