LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1671/2021 proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA INTEGRALE COMPRENSORIO SARNO, BACINI DEL SARNO, DEI TORRENTI VESUVIANI e DELL’IRNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO PAOLINO;
– ricorrente –
contro
REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione stessa, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA IMPARATO;
C.S., G.G., P.R., L.P., S.R., T.E., SI.GE., B.A., COMUNE DI MONTORO, in persona del Sindaco pro tempore, e COMUNE DI POMPEI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati ETTORE DE ROSA, e ALFONSO DE VIVO;
– controricorrenti –
e contro
BU.AL., BU.ER., AUTORITA’ DI BACINO DISTRETTUALE DELL’APPENNINO MERIDIONALE, LA DORIA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4099/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 26/06/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, il quale chiede rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sarno, Bacini del Sarno, dei Torrenti Vesuviani e dell’Irno, in persona del legale rappresentante pro tempore, impugna la sentenza del Consiglio di Stato (Sezione quinta), n. 4099/2020, depositata il 26 giugno 2020, che ne aveva rigettato l’appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 1506/2019, resa nei confronti dello stesso Consorzio e di un gruppo di proprietari di fondi ubicati entro il comprensorio consortile di bonifica, dei Comuni di Pompei e di Montoro, della Doria S.p.a. e della Regione Campania, e concernente l’approvazione dell’aggiornamento del piano di classifica degli immobili per il riparto della contribuenza consortile.
In particolare, la sentenza del Consiglio di Stato viene impugnata nella parte in cui, nel respingere il motivo di appello concernente il rigetto, ad opera del T.A.R., dell’eccezione di difetto di giurisdizione, così motivava: la censura è infondata sulla scorta di una giurisprudenza consolidata e basata sui cardini che governano l’impianto generale del riparto delle giurisdizioni. A tali fini, qualora la domanda diretta a denunciare lo scorretto esercizio del potere impositivo del consorzio, dovuto ad errori o abusi nella liquidazione dei contributi ovvero nei piani di classificazione dei beni e di riparto delle spese, posti a fondamento della liquidazione medesima in tema di contributi in favore dei consorzi di bonifica, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo (che, in materia è fornito di giurisdizione di merito), ricollegandosi a posizioni di interesse legittimo (Cass. SS.UU., 6 agosto 2010 n. 18327); diversamente, è devoluta alla cognizione del giudice tributario la domanda con cui si contesti l’esistenza di tale potere, sia sotto il profilo dell’investitura dell’ente impositore, sia sotto il profilo dell’inclusione del soggetto fra quelli tenuti alla contribuzione, sia la quantificazione del contributo eventualmente dovuto, in quanto in queste ipotesi la domanda è diretta a conoscere del tributo in senso stretto ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2".
Il Consorzio di Bonifica integrale Comprensorio Sarno, con il mezzo di impugnazione, deduce la violazione e falsa applicazione delle regole dettate in materia di giurisdizione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, e rileva l’erroneità della sentenza impugnata, fondata su un precedente di queste Sezioni Unite (la sentenza n. 18327 del 2010 cit.), superato da successivi e numerosi arresti con i quali si e’, invece, affermato e reiterato il principio per cui “i contributi spettanti ai consorzi di bonifica ed imposti ai proprietari per le spese relative all’attività per la quale sono obbligatoriamente costituiti rientrano nella categoria generale dei tributi e le relative controversie, insorte dopo il primo gennaio 2002, sono devolute alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, in applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, il quale ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie” (Cass. Sez. Un., 5 febbraio 2013, n. 2598).
Secondo la prospettazione difensiva, nel caso controverso, non è revocabile in dubbio che, attraverso l’impugnazione del Piano di classifica, i contribuenti avevano inteso paralizzare e riparametrare il calcolo dei futuri contributi da versare, per cui tale accertamento incideva sul diritto soggettivo e, solo incidenter tantum, investiva la problematica della validità o meno dell’atto amministrativo a monte. Ne conseguiva che la fattispecie esulava dalla giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando nella giurisdizione del giudice ordinario, ovvero del giudice tributario proprio sulla base della ricostruzione offerta dalla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte del 2010.
La regione Campania resiste con controricorso.
Resistono, con unico controricorso, anche il Comune di Montoro, il Comune di Pompei, e il gruppo di proprietari (come specificamente individuati in epigrafe) dei fondi ricompresi nel comprensorio consortile.
La società Doria s.p.a., l’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale, Bu.Al. e Bu.Er. non hanno svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, in pubblica udienza in prossimità della quale il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, ha depositato le sue conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Consorzio di Bonifica integrale Comprensorio Sarno, il Comune di Montoro, il Comune di Pompei, C.S. e gli altri proprietari degli immobili situati nel comprensorio consortile (come sopra specificamente individuati) hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso, sollevate dai controricorrenti.
1.1 La prima eccezione, di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, è fondata sulla circostanza che il Consorzio non avrebbe proposto gravame avverso la parte della sentenza del Consiglio di Stato con cui era stata dichiarata l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, delle eccezioni volte a contrastare l’annullamento in autotutela del silenzio assenso disposto dalla Regione Campania. Secondo i controricorrenti, dall’omessa impugnazione di tale capo della sentenza, discenderebbe un giudicato, tale da rendere inutile ogni ulteriore decisione in merito a chi spetterebbe la giurisdizione a decidere sulla illegittimità dell’esercizio del potere, da parte del Commissario straordinario preposto al Consorzio, di redigere un nuovo Piano di classifica, in luogo dell’Organo deputato, ovverossia del Consiglio dei delegati; ciò perché l’annullamento regionale in autotutela del silenzio assenso, precedentemente formatosi sul Piano di classifica (L.R. Campania n. 4 del 2003, ex art. 30, commi 2 e 3), farebbe in ogni caso caducare il Piano di classifica originariamente impugnato dai controricorrenti consorziati.
L’eccezione non è meritevole di accoglimento alla luce dei principi, reiteratamente, statuiti da questa Corte secondo cui la statuizione su una questione processuale dà luogo a un giudicato meramente formale ed ha, come tale, un’efficacia preclusiva limitatamente al giudizio in cui è stata pronunciata (v. Cass. n. 23130 del 2020; Cass. n. 10641 del 2019; Cass. n. 7303 del 2012), senza impedire né che la medesima questione sia riproposta in un successivo giudizio tra le stesse parti, né a fortiori, che, in quest’ultimo giudizio, la predetta questione possa diversamente essere risolta, dichiarando la proponibilità della domanda.
Inoltre, sempre per consolida orientamento di questo giudice di legittimità, la mancanza di una condizione dell’azione, quali la legittimazione e l’interesse ad agire, rilevata dal giudice amministrativo, attiene ai vizi dei requisiti intrinseci alla domanda e rientra, pertanto, nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio sotto il diverso profilo del difetto di giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2015, n. 475; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34470 e, di recente, Cass. Sez. Un., 6 dicembre 2021 n. 38599).
Nel caso di specie, in disparte la possibilità o meno di impugnabilità di tale capo di sentenza, la decisione, da parte del Consiglio di Stato, sulla questione di procedibilità della domanda, volta a ottenere l’annullamento del provvedimento emesso in autotutela, ha riguardato esclusivamente l’ambito delle questioni di natura processuale sollevate dalle parti, non investendo i confini della giurisdizione di quel giudice rispetto al contenuto della domanda dallo stesso esaminata e non incide, per la sua natura meramente processuale, sulla possibilità di una diversa pronuncia qualora la questione venga eccepita o rilevata in altro giudizio.
1.2 La seconda eccezione preliminare, sollevata dalla Regione Campania, fonda la dedotta inammissibilità del ricorso sulla circostanza secondo cui il Consorzio avrebbe posto, a fondamento del ricorso per cassazione, una questione nuova e diversa rispetto quella posta a fondamento dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata innanzi al giudice amministrativo. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il Consorzio, con il presente ricorso, affermerebbe la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario, fondandola sulla debenza dei contributi consortili, mentre l’oggetto di accertamento, in tutti i gradi del giudizio amministrativo, era stato il potere, in capo al Commissario Straordinario, di redigere un nuovo Piano di Classifica, in luogo dell’organo ad esso deputato, ovvero il Consiglio dei delegati.
Anche tale eccezione, come la prima, non appare meritevole di accoglimento. Dalla lettura degli atti e, in primo luogo, della sentenza impugnata, è agevole rilevare che l’eccezione di difetto di giurisdizione per la sussistenza della stessa in favore del giudice tributario, era stata fondata dal Consorzio, anche nel giudizio amministrativo, sulla contestazione dell’esercizio del potere impositivo, tant’e’ che lo stesso Consiglio di Stato, nel rigettarla, aveva invocato il precedente di queste Sezioni Unite (n. 18327 del 2010) che, in tema di riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, ha devoluto la giurisdizione a quest’ultimo, quando, con la domanda, si contesti l’esistenza del potere impositivo, sia sotto il profilo dell’investitura dell’ente impositore, sia sotto il profilo dell’inclusione del soggetto fra quelli tenuti alla contribuzione, in quanto in queste ipotesi la domanda è diretta a tutelare il diritto soggettivo dello stesso a non essere obbligato a prestazioni patrimoniali fuori dai casi previsti dalla legge.
3. Procedendo, quindi, alla disamina dell’unico motivo di ricorso, se ne deve rilevare l’infondatezza.
3.1. La giurisprudenza di queste Sezioni unite, – in tema di contributi di bonifica e miglioramento fondiario dovuti, secondo il perimetro di contribuzione ed il piano di classifica, pro quota dai proprietari dei fondi, rientranti nell’ambito territoriale affidato ai relativi consorzi (R.D. n. 215 del 1993, ex art. 21 e legislazione regionale di riferimento) – è ormai consolidata nel senso che “l’attribuzione alle commissioni tributarie – a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, come sostituito della L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2 – della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ivi incluse, quindi, quelle in materia di contributi spettanti ai consorzi di bonifica, si estende ad ogni questione relativa all'”an” o al “quantum” del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione tributaria” (v. Sezioni Unite n. 2027 del 2008; id. n. 8279 del 2008; n. 2598 del 2013; n. 8770 del 03/05/2016; n. 31760 del 2019; n. 29805 del 2019).
Nella giurisprudenza di questa Corte, in materia, e’, altresì, consolidato l’ulteriore principio secondo cui il contribuente, anche in assenza di contestazione del piano di classifica in sede di impugnazione della cartella o di sua mancata impugnazione innanzi al giudice amministrativo, è sempre ammesso a contestare in giudizio la sussistenza del beneficio fondiario o i criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei suoi confronti, fornendo la relativa prova, mentre l’ente impositore è esonerato dall’onere di dimostrare il beneficio, in ragione della presunzione derivante dalla comprensione dei fondi nel suo perimetro d’intervento e dall’avvenuta approvazione del piano di classifica. Peraltro, il giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, può in ogni caso avvalersi dei poteri ufficiosi, se ritenga necessario indagare sulle modalità di liquidazione del contributo da parte dell’ente e provvedere alla disapplicazione del piano di classifica, in quanto illegittimo, quando sia soddisfatto l’onere probatorio gravante sul contribuente (v. Cass., Sez. 5, n. 6839 del 2020 e, in termini, Cass., Sez. 5., n. 9511 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 19005 del 2021).
3.2. Nel caso in esame, il ricorrente fonda l’asserita giurisdizione del giudice tributario con riferimento alle controversie, con le quali i proprietari dei fondi esistenti nella zona ricadente nel Piano di classifica hanno chiesto l’annullamento del nuovo Piano di classifica perché adottato da un organo carente di potere, sulla circostanza che l’adozione del nuovo Piano di classifica costituisce il presupposto in base al quale il Consorzio chiederà ai consorziati i contributi in base ai nuovi parametri ivi stabiliti. Tale assunto è ribadito, con la memoria depositata. Si evidenzia come, dalla lettura del contenuto sostanziale dei ricorsi introduttivi proposti da detti proprietari e dai Comuni, emergerebbe come il vero, reale e sostanziale oggetto della controversia fosse la contestazione dei criteri di calcolo degli oneri economici consortili.
3.3. Il rilievo non appare fondato. Anche a prescindere dalla circostanza che, nella controversia, non è mai stata chiesta la contribuzione ai proprietari dei fondi esistenti nel comprensorio consortile ma, come già detto, si è sempre dibattuto sull’esistenza, in capo al Commissario straordinario, del potere di adottare un nuovo piano di classifica, va ribadito, come già statuito da queste Sezioni Unite con la sentenza 7 marzo 2018 n. 5399, che “non potendo dipendere la giurisdizione dal petitum formale, ma da quello sostanziale, dai principi sopra illustrati emerge che rispetto alla stessa posizione azionata e alla tutela ad essa offerta dall’ordinamento, non esiste per le parti sempre e comunque un solo giudice. Questo non vuole certamente dire che per le parti esista sempre e comunque soltanto un unico giudice, chiamato perciò ad occuparsi di qualsiasi aspetto della vertenza”.
Si e’, condivisibilmente, rilevato, in detta pronuncia, che può, in effetti, accadere che, in relazione ai vari profili della vicenda, le parti finiscano per trovarsi in situazioni che, per la loro natura, implicano la giurisdizione di giudici diversi e che la concentrazione della tutela di tali situazioni davanti ad un unico giudice, pur ripetutamente perseguita dal legislatore, non sempre è di possibile realizzazione. Residuano, pertanto, vari casi di coesistenza di più tutele, azionabili davanti al giudice amministrativo (qualora venga in contestazione un atto amministrativo a monte, adottato nell’esercizio di un potere discrezionale) ovvero davanti al giudice ordinario o tributario (qualora si discuta dell’atto conclusivo a valle, quali, ad esempio, una sanzione o una richiesta di pagamento quantificata sulla base dei criteri anteriormente fissati dall’atto amministrativo).
In queste ipotesi, la legge consente all’ultimo giudice di disapplicare il precedente atto amministrativo, sollevando così l’interessato dall’onere d’impugnarlo separatamente dinanzi all’Autorità giudiziaria amministrativa. E, però, anche a volerne generalizzare l’utilizzabilità in ogni possibile evenienza, la disapplicazione non può tuttavia assurgere ad unico rimedio in concreto praticabile e a vero e proprio tragitto obbligato, capace di precludere il ricorso alla giurisdizione amministrativa contro i provvedimenti a monte.
Manca, infatti, ogni disposizione in tal senso e, anzi, si traggono inequivoci spunti contrari (v. l’art. 113 Cost.) che inducono a riconoscere, anche in tali casi, la possibilità di rivolgersi all’Autorità giudiziaria amministrativa, come conseguenza fisiologica dell’attuale riparto della giurisdizione (v. Cass. S.U. n. 7665 del 2016 e Cons. Stato n. 3822 del 2017).
3.4 Tali condivisi principi ben si attagliano al caso oggi in esame, in cui a fronte di una identica posizione giuridica, oggetto di più forme di tutela, l’una sarà azionabile davanti al giudice amministrativo (qualora venga in contestazione un atto amministrativo a monte, adottato nell’esercizio di un potere discrezionale e/o, come nel caso in esame, da un Organo incompetente), l’altra, qualora si discuta dell’atto conclusivo a valle (richiesta di pagamento dei contributi consortili sulla base dei criteri anteriormente fissati nell’atto amministrativo), davanti al Giudice tributario il quale, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, potrà disapplicare l’atto amministrativo.
4. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso va, quindi, rigettato, dovendosi ribadire la sussistenza della giurisdizione in capo al giudice amministrativo.
5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
6. Non vi è luogo a provvedere sulle spese per gli intimati che non hanno svolto attività difensiva, 7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese che liquida in favore del Comune di Pompei, del Comune di Montoro, di C.S., S.R., L.P., B.A., Si.Ge., P.R., T.E., G.G. in complessivi Euro 7.800,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge e in favore della Regione Campania in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022