Consulenza tecnica d'ufficio, indagini suppletive o integrative, chiarimenti, rinnovo, poteri discrezionali del giudice

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20264 del 23/06/2022

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Consulenza tecnica d'ufficio, indagini suppletive o integrative, chiarimenti, rinnovo, poteri discrezionali del giudice

In tema di consulenza tecnica d'ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o "in toto", le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice. L'esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici.

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20264 del 23/06/2022

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma n. 10862/17 del 30 maggio 2017, ha disposto che, fermo l'affidamento esclusivo dei figli minori alla madre ( G., nato l'*****; L., nata il *****; C. nato il ***** e Co., nato il *****), le decisioni di maggiore interesse per i figli (relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale) fossero adottate da entrambi i genitori; ha determinato in Euro 1.200,00 il contributo mensile dovuto dal B. per il mantenimento della moglie e in Euro 4.800,00 (1.200,00 Euro per ciascun figlio) il contributo dovuto per il mantenimento dei figli, con successivo adeguamento automatico annuale secondo gli indici Istat, per entrambi i contributi, oltre il 60% delle spese straordinarie per i figli; ha disposto il proseguimento del ciclo di studi dei minori nella scuola attualmente frequentata e che il proseguimento del ciclo successivo in una struttura privata fosse concordato dai genitori nel rispetto delle capacità, dell'inclinazione e delle aspirazioni dei figli; ha incaricato i servizi del Municipio IX Eur di monitorare la situazione e di curare il proseguimento del percorso di sostegno per i genitori e terapeutico per i figli minori che ne avessero la necessità, segnalando eventuali comportamenti pregiudizievoli al P.M. presso il Tribunale per i minorenni.

2. Il Tribunale di Roma aveva rigettato le reciproche domande di addebito della separazione formulate dai coniugi ed aveva disposto l'affidamento dei minori presso la madre, cui aveva assegnato anche la casa coniugale, disciplinando le modalità di visita del padre dei minori; aveva disposto l'attivazione da parte del Servizio Sociale di un percorso di sostegno alla genitorialità e un sostegno psicoterapeutico dei minori B.G. e C.; aveva determinato un contributo di mantenimento dei figli in Euro 6.000,00 mensili; aveva ammonito il B. al rispetto delle statuizioni ex art. 709 ter cod. proc. civ, con condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 5.000,00, in favore di ciascun figlio, da corrispondere alla S., quale genitore esercente la responsabilità genitoriale.

3. La Corte di appello di Roma, per quel che rileva in questa sede, ha affermato che:

- dalla motivazione del giudice di primo grado e dai documenti allegati emergeva che il nucleo familiare delle parti aveva sempre goduto, sino all'anno del ricorso per separazione, di un tenore di vita molto elevato e che, dal punto di vista fiscale, poteva contare su un reddito complessivo netto dichiarato dai due coniugi non inferiore ad Euro 8.000,00 mensili, anche se il suddetto reddito doveva ritenersi superiore, tenuto conto che, secondo quanto verificato dalla consulenza tecnica d'ufficio contabile, il B., tra il 2009 e il 2012, aveva avuto sui suoi conti personali una giacenza media di Euro 70.000,00, che si era ridotta ad Euro 14.300,00 solo successivamente;

- un'ulteriore circostanza che faceva ritenere che il reddito del nucleo familiare fosse ben superiore, era quella che il B. facesse parte di un gruppo familiare impegnato da anni nel settore della carta da macero e nel settore immobiliare e potesse godere di rilevanti partecipazioni in società (alle quali il consulente tecnico d'ufficio aveva attribuito un valore di Euro 8.699.358,07) che avevano effettuato importanti investimenti, con previsione di redditività assai elevate;

- dopo la proposizione del ricorso per separazione la condizione economica del B., pur fortemente indebitata già dal 2010, era mutata, avendo venduto delle quote di partecipazione, restituito dei prestiti e perché, per un asserito stato depressivo, aveva interrotto la sua attività di agente di commercio, per essere assunto dall'1 marzo 2013, come lavoratore dipendente dalla ***** s.r.l.;

- l'appellante aveva documentato la sua ingente esposizione debitoria verso il fratello M. pari a complessivi Euro 4.200.000,00, con un atto di ricognizione di debito e la cessione del credito di Euro 700.000,00 che egli aveva nei confronti della ***** s.r.l., cui si era aggiunto il versamento della somma di Euro 50.000,00 dal suo conto corrente di cui aveva dato atto l'ausiliare;

- in seguito al sequestro conservativo della partecipazione azionaria nella ***** s.r.l., autorizzato con ordinanza del G.I. del 19 aprile 2013, la proprietà della società ***** s.r.l., stante la indisponibilità del B. e degli altri familiari soci ad aumentare il capitale sociale, era stata ceduta il 3 dicembre 2015 alla società in ***** s.a., che aveva poi trasferito l'intero capitale sociale, il 18 maggio 2016, alla ***** s.a., società di diritto svizzero al prezzo di Euro 10.000,00;

- la ***** s.r.l., tuttavia, aveva venduto gli immobili siti in ***** alla ***** s.p.a. rappresentata da B.M. al prezzo complessivo di Euro 3.000.000,00 e i restanti immobili alla ***** s.r.l. (il cui A.U. e socio unico era P.G., fratello di P.A., A.U. della ***** s.r.l.), che aveva acquistato lo stesso giorno il 100% delle quote della società *****, al prezzo di Euro 84.011,65, per cui nonostante la cessione alla società lussemburghese, tutte le proprietà (tranne lo stabilimento di *****) erano tornate nell'ambito della famiglia B. o di persone legate alla stessa;

- il consulente aveva trovato conferma del debito in favore del fratello M. per il solo importo di Euro 2.250.000,00 (aumento di capitale della ***** s.r.l.) ed era poco verosimile ritenere che, dato l'elevato valore degli immobili posseduti dalla ***** s.r.l., il B. non avesse tratto alcun vantaggio economico dalla vendita della ***** s.r.l. alla società di ***** s.a. o dai trasferimenti di proprietà successivi;

- quanto alla condizione economica della S. l'ausiliare si era limitato ad accettare documenti che riscontravano l'inattendibilità del sito Internet nel quale l'appellata era stata indicata come amministratore della società paterna con sede negli Stati Uniti e, comunque, la S. aveva prodotto nel giudizio una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale aveva dichiarato di non prestare alcuna attività lavorativa e di non percepire alcun reddito ad eccezione di quanto parzialmente versato dal coniuge;

- era verosimile ritenere che la S., dopo la separazione, si fosse attivata per collaborare con l'attività paterna o per attivare personali forme di investimento, risultando dagli estratti conto in atti che, nonostante l'importo ridotto di 2.000,00 Euro mensili (in luogo della somma di Euro 8.000,00 stabilita dal giudice) versati dal coniuge, e gli elevati costi del canone di locazione e del mantenimento di cinque persone, oltre al pagamento della scuola privata, dal 2015 risultava avere effettuato bonifici all'estero di circa 1.000,00 Euro mensili;

- non si era ritenuto necessario disporre indagini all'estero, perché per la determinazione dell'assegno di separazione non occorreva necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi;

- era infondata la richiesta di rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio, risultando la stessa ampiamente motivata e attendibile nei dati rilevanti, che avevano trovato conferma nei dati documentali;

- pur avuto riguardo ai comportamenti assunti dal B. in procinto della separazione e la ingiustificata interruzione dell'attività di agente, essendo poco credibile la revoca del mandato di agente immobiliare da parte dei fratelli perché non sufficientemente produttivo, sussistevano i presupposti per porre a carico del B. la somma complessiva di 6.000,00 (1.200,00 Euro per la moglie e 1.200,00 Euro per ciascuno dei quattro figli), oltre il 60% delle spese straordinarie;

- la circostanza che la S. avesse goduto di un elevato tenore di vita soprattutto grazie alle entrate del marito, giustificava che il B., appartenente ad un gruppo imprenditoriale di rilievo e con una vasta esperienza professionale, dovesse contribuire al suo mantenimento, avuto riguardo agli elevati costi abitativi e all'esigenza di concorrere al mantenimento di quattro figli;

- condividendosi le considerazioni del Tribunale sulla condotta paterna, diretta a sottrarre risorse al nucleo familiare, facendo pesare sui figli gli esiti dell'elevato conflitto con la moglie, data la maggiore capacità della S. nella gestione della prole, doveva essere confermato l'affidamento esclusivo dei minori alla stessa, ma non per le decisioni di maggiore interesse, che dovevano essere adottate da entrambi i genitori;

- non ricorrevano i presupposti per la revoca dell'ammonizione del B. al rispetto delle statuizioni del Tribunale e la condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno ex art. 709 ter c.p.c., nei confronti dei figli, poiché lo stesso si era volontariamente reso inadempiente rispetto alle obbligazioni poste a suo cario, con modalità tali da escludere con certezza il mantenimento di un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione dei genitori;

- era infondata la doglianza del B. sulle spese di lite e di consulenza tecnica d'ufficio, dovendosi considerare l'oggetto della lite nel suo complesso ed essendo lo stesso prevalentemente soccombente.

4. B.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

5. S.M.L. ha resistito con controricorso e ricorso incidentale con atto affidato a due motivi.

6. B.S. ha depositato controricorso.

7. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all'art. 116 c.p.c., poiché la Corte d'appello aveva equiparato ai fini della decisione la rinuncia del B., quale socio di una s.r.l., a partecipare alla procedura di copertura delle perdite e di ricostituzione del capitale sociale della stessa s.r.l., con conseguente concessione, sempre deliberata dall'assemblea, del diritto di opzione ex art. 2482 bis c.c., ad un terzo soggetto, all'ipotesi di cessione tout court delle quote azzerate dl capitale al terzo subentrante, in tal modo statuendo che l'ex socio B. avrebbe tratto vantaggi economici da una inesistente cessione mai intervenuta.

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c., nonché all'art. 115 c.p.c., comma 2, in quanto il Giudice a quo avendo accertato l'insussistente, e non qualificabile neppure in astratto, equiparazione fra la cessione di quota di un ex-socio ad un socio subentrante e la copertura della perdita integrale del capitale operata da un terzo estraneo, cui era stata offerta l'opzione e prelazione (cui il socio uscente vi aveva precedentemente rinunciato), per il ripianamento e la ricostituzione del capitale ai minimi ex art. 2482 bis c.c., aveva deciso in via logico-deduttiva, facendo incoerente ed illegittimo ricorso ai criteri probatori presuntivi, che il B. avesse tratto vantaggi economici quale "parte cedente delle quote"; si lamenta, altresì, la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione sempre agli artt. 2727 e 2729 c.c. ed all'art. 115, comma 2, c.p.c., avendo il Giudice a quo basato la propria decisione su un'ulteriore circostanza inconsistente, vale a dire la permanenza del ricorrente nel novero dei soci di una società di capitali, acquirente di alcuni cespiti già di proprietà della ***** s.r.l., ovvero tale ***** s.p.a., da cui era stata tratta in via presuntiva l'incoerente e non veritiera circostanza, per cui lo stesso B. avrebbe goduto di presunti vantaggi economici essendo ancora parte della compagine societaria dell'acquirente mentre di tale compagine non faceva e non fa parte.

2.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perché attengono entrambi alla valutazione della capacità reddituale del B. operata dai giudici di merito, sono inammissibili, sia perché contestano il merito della valutazione probatoria in chiave presuntiva delle operazioni finanziarie, rimaste all'interno delle società di famiglia, rispetto alla complessiva capacità economica e patrimoniale del ricorrente, (accertata con l'ausilio di consulenza tecnica d'ufficio) ritenuta rilevante nonostante gli indebitamenti (molti attestati con cessioni di crediti ai familiari) nonché le cessioni avvenute tutte all'interno delle società riconducibili al gruppo, sia perché non si confrontano con il contenuto del provvedimento impugnato nella parte riguardante la ricostruzione delle proprietà immobiliari del gruppo.

2.2 Nello specifico, i giudici della Corte d'appello territoriale, condividendo le argomentazioni svolte dal Tribunale e le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio svolta in primo grado, hanno accertato che il nucleo familiare delle parti era stato caratterizzato sino all'anno della separazione da un tenore di vita molto elevato (locazione di un immobile prestigioso *****, con relative utenze; spese per collaboratori familiari; scuola privata e attività extrascolastiche per i figli; polizza sanitaria; biglietti aerei, vacanze in montagna) con una spesa mensile pari ad Euro 8.000,00 mensili; hanno, poi, svolto la valutazione comparativa dei mezzi di cui disponeva ciascun coniuge, secondo quanto diffusamente rilevato sopra, giungendo alla conclusione che il ricorrente, in quanto titolare di una maggiore capacità reddituale, avesse l'onere di contribuire al mantenimento della S., al fine di consentire alla stessa di godere dello stesso tenore di vita goduto prima della separazione.

2.3 Si tratta, dunque, di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato idoneamente motivato e non è pertanto sindacabile in sede di legittimità; né rileva la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. (che in sede di legittimità è possibile censurare, solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso, cfr. Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541), poiché nel caso in esame la valutazione presuntiva non si è basata su fatti ignoti, ma su fatti noti e specificamente descritti. Infine, la valutazione della Corte territoriale si è fondato sul complessivo esame delle emergenze istruttorie e su una valutazione delle operazioni di dismissione effettuate non fondata soltanto sulla loro qualificazione tecnico-formale ma sulla finalità conseguita con le stesse che non può essere sindacata, in quanto del tutto adeguatamente censurata.

2.4 Non può in conclusione rilevare in questo contesto complessivo di fatti acquisiti che il giudice di merito po' selezionare insindacabilmente ove ne fornisca idonea giustificazione argomentativa, la circostanza dell'errata qualificazione giuridica operata dalla Corte d'appello (che avrebbe parlato di trasferimento a titolo oneroso delle partecipazioni al capitale sociale disposto dal B. a favore di un terzo) delle operazioni sul capitale e del mancato esercizio dei diritti di opzione e di prelazione da parte del socio e della natura consensuale del negozio di sottoscrizione delle quote di aumento di capitale. La diversa valutazione dell'operazione, all'interno di una ricostruzione unitaria della situazione economico patrimoniale del ricorrente e delle scelte da lui operate, non è sindacabile. Infine il ricorrente non ha censurato l'ulteriore argomentazione svota dai giudici di secondo grado sulla ricostruzione patrimoniale riguardante le proprietà del gruppo familiare e, in particolare, che tutte le proprietà, tranne lo stabilimento di Moncalieri, erano tornate nell'ambito della famiglia B. o di persone legate alla stessa (cfr. pagina 15 della sentenza impugnata). 3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all'art. 116 c.p.c., e art. 115 c.p.c., comma 2, e all'art. 196 c.p.c., poiché il Giudice di appello aveva fondato la propria statuizione di rigetto della richiesta di supplemento o di rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio, sulla attendibilità della stessa in funzione dei dati documentali a disposizione all'epoca della sua redazione, nonostante la stessa sentenza attestava il mutamento, comprovato per tabulas e non contestato, della condizione finanziaria del ricorrente, rispetto al tempo in cui venne espletata in primo grado la perizia.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 E' giurisprudenza di questa Corte quella secondo cui, in tema di consulenza tecnica d'ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o "in toto", le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice. L'esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici; peraltro, il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l'attività espletata dal consulente sostituito (Cass., 24 gennaio 2019, n. 2103).

Inoltre, il diniego di esercizio del potere officioso di disporre indagini sui redditi e sui patrimoni delle parti non è censurabile in sede di legittimità, ove, sia pure per implicito, tale diniego sia logicamente correlabile ad una valutazione sulla superfluità dell'iniziativa per ritenuta sufficienza dei dati istruttori (Cass., 18 giugno 2008, n. 16575), come è accaduto nel caso in esame, dove la Corte territoriale espressamente ha ritenuto infondata la richiesta di rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio contabile, risultando la stessa ampiamente motivata e carente di vizi logici o giuridici e sufficientemente attendibile nei dati rilevanti, che avevano trovato conferma nei dati documentali a disposizione (cfr. pag. 16 della sentenza impugnata).

3.3 Nella specie, peraltro, la Corte d'Appello, sulla base degli altri elementi fattuali acquisiti ed esponendo plurime argomentazioni (alle pagine 14 e 15 della sentenza impugnata), ha espressamente tenuto conto del mutamento della condizione finanziaria del ricorrente rispetto al tempo dell'espletamento dell'incombente peritale, ritenendo comunque accertata una maggiore capacità di reddito rispetto a quella del coniuge.

4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all'art. 337 ter c.c., comma 4, poiché il Giudice d'appello aveva ritenuto di potere derogare alla disciplina dell'affido condiviso sulla base di pure argomentazione presuntive, in difetto di prove oggettive e senza che fossero state accertati effetti oggettivamente pregiudizievoli allo sviluppo psicologico del minore.

4.1 Preliminarmente deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere per i figli medio tempore divenuti maggiorenni, fermo restando che la censura riguarda solo l'affidamento e non l'assegno di mantenimento che si fonda su criteri diversi.

4.2 Per i rimanenti minori il motivo è inammissibile.

4.3 Nel caso in esame, la Corte territoriale, condividendo le considerazioni espresse dal Tribunale, ha motivato l'affidamento dei figli minori in via esclusiva alla madre individuando il grave pregiudizio per i minori nella condotta paterna diretta a sottrarre risorse al nucleo familiare e a fare pesare sui figli gli esiti dell'elevato conflitto con la moglie (cfr. pag. 18 della sentenza impugnata). Il perdurare dell'inadempimento agli obblighi di mantenimento è stato ritenuto, in conclusione, il comportamento incidente in modo determinante sulla valutazione che ha indotto la Corte al mantenimento dell'affidamento esclusivo, ancorché con la partecipazione alle scelte più rilevanti nella vita dei minori, così conservando il nucleo fondativo della bigenitorialità.

Il motivo sviluppa soltanto il positivo percorso di riavvicinamento del padre ai figli e l'interesse al loro percorso, peraltro preso ampiamene in esame dal giudice del merito, senza tuttavia, formulare alcun rilievo sulle ragioni della decisione relativa all'affidamento esclusivo, come rilevato, fondato sul perdurante inadempimento agli obblighi di mantenimento. Con esso, di conseguenza, non si coglie la ratio decidendi della statuizione e non se ne contesta il fondamento fattuale. 5. Con il quinto motivo si lamenta la violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poiché il Giudice d'appello aveva ritenuto che il pagamento in misura ridotta dell'importo determinato dal Tribunale quale contributo al mantenimento dei figli non avesse consentito il mantenimento di un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione dei genitori; il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento, nella misura abnorme determinata dal Tribunale, poi ridimensionata in appello, non aveva prodotto alcun pregiudizio ai minori, avendo affermato la stessa Corte di appello che, stante il contributo materno, il tenore di vita dei figli non aveva subito alcun decremento, quantomeno significativo, e quindi non si era prodotto alcun danno, tantomeno risarcibile; era, poi, del tutto irrilevante nei confronti dei figli la ripartizione tra i genitori del loro mantenimento, nel rispetto del principio di proporzionalità di cui all'art. 337 ter c.p.c..

5.1 Il motivo è infondato, dovendosi richiamare il principio statuito da questa Corte secondo cui "Le misure sanzionatorie previste dall'art. 709 ter c.p.c., e, in particolare, la condanna al pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria, sono suscettibili di essere applicate facoltativamente dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti "che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento"; esse, tuttavia, non presuppongono l'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore, poiché l'uso della congiunzione disgiuntiva "od" evidenzia che l'avere ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali è un fatto che giustifica di per sé l'irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma richiamata" (Cass. civ., 27 giugno 2018, n. 16980). Nella specie non è neanche contestato il perdurare dell'inadempimento di questo primario obbligo nei confronti dei figli, certo non attenuato dall'impegno materno volto a conservare uno standard di vita adeguato agli stessi.

6. S.M.L. ha proposto ricorso incidentale con atto affidato a due motivi.

7. Con il primo motivo si lamenta la violazione di legge ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per l'anomalia motivazionale risultante dalla sentenza medesima, consistente in un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili laddove la Corte d'appello aveva analizzato la situazione economica della S. attribuendole in via presuntiva lo svolgimento di una collaborazione con l'attività paterna e la conseguente sussistenza di una condizione economico-reddituale coerente con il tenore di vita mantenuto in costanza di separazione

8. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., e artt. 2727 e 2729 c.c., per avere la Corte d'appello di Roma, nel fare ricorso alle presunzioni, errato nel ritenere verosimile che la S., dopo la separazione, si fosse attivata per collaborare con l'attività paterna o comunque per attivare delle personali forme di investimento.

8.1 I motivi, quanto logicamente collegati possono essere trattati unitariamente. Essi sono in parte infondati ed in parte inammissibili, non sussistendo alcun contrasto irriducibile nelle affermazioni poste a base della motivazione della Corte che, al contrario, del tutto coerentemente sul piano logico ha ritenuto che l'appartenenza della ricorrente al "gruppo" societario di famiglia ed i vantaggi economici conseguenti a tale appartenenza erano comprovati dal mantenimento di un tenore di vita per sé ed i propri figli analogo a quello matrimoniale. A questo giudizio di natura presuntiva la parte tende a sostituirne, inammissibilmente, uno alternativo, contestando le premesse fattuali indicate dalla Corte sulla base dei fatti acquisiti al processo. Deve aggiungersi che la circostanza della conservazione del tenore di vita condotto prima della separazione non risulta neanche specificamente censurata.

9. In conclusione, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere rigettati.

Le spese processuali, in ragione della reciproca soccombenza delle parti, devono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Compensa interamente fra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2022, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2022

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