Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32 del 04/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5034/2016 proposto da:

G.A.A. House s.r.l. rappresenta e difesa dagli avv.ti Franco Muratori e Maurizio Grio, dom.ta presso lo studio del primo difensore, in Roma Via Gino Funaioli, 54/56;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 701/2015 depositata il 14 luglio 2015 della COMM. TRIB. REG., Abbruzzo udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 2/12/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

RITENUTO

che:

1. La società G.A.A. House s.r.l. impugnava l’avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro concernente l’avvenuto conferimento d’azienda e successiva cessione delle quote di partecipazioni che, ad avviso dell’ente finanziario, simulavano una vera e propria cessione d’azienda, sul presupposto che l’operazione economica posta in essere doveva considerarsi una cessione di ramo d’azienda sottoposta a tassazione proporzionale dell’imposta complementare di registro e ipocatastale in base alle singole categorie di beni presenti nel compendio ceduto.

2. La CTP di Teramo accoglieva il ricorso. Proposto appello dall’Agenzia delle entrate, la CTR dell’Abruzzo lo accoglieva sul rilievo che il trasferimento della proprietà delle quote e dei beni non aveva una valida ragione economica, e l’intera operazione integrava un tentativo della società di ottenere un risparmio di imposta.

Avverso la sentenza n. 701/01/2015 depositata il 14 luglio 2015, della CTR dell’Abruzzo, la società G.A.A. House srl propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati nelle memorie difensive depositate in prossimità dell’udienza.

L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con la prima censura, si deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20; per aver la CTR errato nell’applicare la norma rubricata, potendosi rilevare una finalità elusiva solo allorquando l’operazione economica sia posta in essere senza un ulteriore finalità rispetto al risparmio fiscale; pertanto, dall’analisi complessiva del comportamento negoziale deve emergere l’obiettivo economico realmente voluto, ma l’indagine deve arrestarsi di fronte a quegli elementi che attestano l’autonomia negoziale dell’operato delle parti, tali da rivelare la giustificazione causale delle singole operazioni negoziali.

2. Con il secondo, si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, consistente nelle risultanze probatorie offerte nel giudizio di merito e non valutate dal giudice di appello.

3. La prima censura è fondata, assorbita la seconda.

Si osserva che, in tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile.

La L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, invero, prevede: “Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’art. 20, comma 1: 1) le parole: “degli atti presentati” sono sostituite dalle seguenti: “dell’atto presentato”; 2) dopo la parola: “apparente” sono aggiunte le seguenti: “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”;…”. La L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, prevede: “La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.”

Il Legislatore, con la denunciata norma, ha inteso riaffermare la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione. Per altro verso un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione della L. n. 212 del 2000, art. 10-bis, consentendo all’Amministrazione di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e di svincolarsi da ogni riscontro di indebiti vantaggi fiscali e di operazioni prive di sostanza economica, precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale. Ne consegue che nel caso di specie l’amministrazione finanziaria non aveva facoltà di riqualificare come atto di cessione d’azienda la separazione dei rami d’azienda.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 21/07/2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali.

Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost., sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.

Nel caso di specie si verte appunto, come è pacifico tra le parti e come venne già inizialmente lamentato dalla società contribuente, di avviso di liquidazione di imposta proporzionale di registro su una concatenazione di atti che l’agenzia delle entrate riqualificava in maniera unitaria D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20, in termini di conferimento d’azienda. Su tale presupposto – decidendosi in diritto sul ricorso – la motivazione della sentenza della CTR va dunque cassata.

Le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto dell’evoluzione temporale della normativa e dell’interpretazione giurisprudenziale.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.

Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile, tenuta da remoto, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472