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Madre immatura? Minore a rischio adozione

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33148 del 10/11/2022

Lo stato di adottabilità del minore è un rimedio eccezionale previsto dell'ordinamento nei casi in cui il figlio si trovi in uno stato di abbandono, in senso materiale e morale, non determinato da forza maggiore e non transitorio.

L'immaturità della madre può essere una condizione sufficiente per dichiarare lo stato di adottabilità? 

Sul punto interviene la Cassazione, con la sentenza n. 3148 del 10 novembre 2022, confermando il giudizio di merito.

Nel caso di specie la corte territoriale evidenziava che la madre non aveva mai posto rimedio alla propria incostanza, immaturità, incapacità di reggere, in un periodo sufficientemente lungo, nell'osservanza di un serio tentativo di recupero della idoneità genitoriale.

Anche gli operatori sociali avevano precisato che, nonostante tutti gli sforzi, il tentavo di far recuperare la capacità genitoriale alla madre non aveva prodotto alcun risultato.

Nel frattempo il minore aveva già operato un un totale disinvestimento della relazione con la madre avendo trovato altre diverse figure di riferimento.

Per questi motivi la Cassazione ha rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte d'appello che aveva confermato lo stato di adottabilità della figlia minore.

Stato di adottabilità, incostanza, immaturità e incapacità di recupero dell'idoneità genitoriale, configurabilità

Lo stato di adottabilità della figlia può esser dichiarato a fronte di una madre incostante, immatura e incapace di reggere, in un periodo sufficientemente lungo, nell'osservanza di un serio tentativo di recupero della propria idoneità genitoriale.

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Cassazione civile sez. I, 10/11/2022, (ud. 13/10/2022, dep. 10/11/2022), n. 33148

RILEVATO

Che:

1. D.D.M. impugna per cassazione la sentenza della corte d'appello di Torino che ha confermato quella assunta dal tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d'Aosta che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della figlia minore N. (nata il ( *****)).

2. La cassazione della sentenza d'appello è chiesta con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste nell'interesse della minore N. il curatore speciale della stessa.

CONSIDERATO

Che:

3. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 8:09 e segg. e art. 30 Cost.) si censura, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la pronuncia impugnata per avere dichiarato lo stato di adottabilità della minore N. in mancanza dei presupposti legali per ravvisare l'esistenza di uno stato di abbandono, in senso materiale e morale, non determinato da forza maggiore e non transitorio, violando il diritto della minore ad essere cresciuta ed educata nell'ambito della propria famiglia naturale, nonché dell'art. 30 Cost., che prevede il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli.

4. Ad avviso della ricorrente la storia familiare problematica di cui è portatrice non sarebbe di per sé sufficiente a fondare il giudizio di inidoneità nello svolgere il ruolo genitoriale.

5. Assume la ricorrente che la corte d'appello avrebbe omesso di considerare il positivo precedente percorso comunitario di madre e figlia così come avrebbe omesso un'attività istruttoria finalizzata ad accertare quali fatti concreti di pregiudizio erano stati posti in essere dalla madre e tali da costituire sul piano morale e materiale indiscutibili prove di abbandono, definitivo non temporaneo o transeunte da giustificare la soluzione estrema dell'interruzione del legame naturale mediante la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore.

6. Assume ancora la ricorrente di essere vittima di un pregiudizio, per essere la valutazione circa la sua inidoneità genitoriale fondato sulla ctu svolta nel corso del giudizio riguardante la figlia primogenita J. (nata il ( *****)) figlia della D.D. e di Bo.Ga., nonostante che la decisione assunta sulla base di quella ctu sia stato cassata dalla Suprema corte in quanto ritenuta inidonea a dimostrare l'abbandono della figlia primogenita e l'assunzione del provvedimento dichiarativo dell'adottabilità.

7. Nella sentenza di primo grado, confermata dalla sentenza d'appello impugnata si fa frequente rimando alle valutazioni ricavate dalla ctu svolta nel diverso procedimento riguardante la verifica dei presupposti della dichiarazione di adottabilità di J. e riguardante le capacità genitoriali con particolare riferimento alla sua inidoneità ed il suo disturbo borderline.

8. Così argomentando, secondo la ricorrente, non veniva considerato che, come aveva allegato, l'allontanamento dalla comunità cui era stata inserita dopo la nascita di N. era non voluto ma necessitato da esigenze di tutela la figlia minore dai possibili pregiudizi derivanti dal padre biologico.

9. La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi.

10. La sentenza dopo avere dato atto del seguito dell'annullamento da parte della cassazione della prima sentenza della corte d'appello che dichiarava adottabile la minore J., ha ricostruito il giudizio di rinvio nell'ambito del quale era stata disposta nuova ctu da parte della Dottoressa D.R.P., giudizio conclusosi con la sentenza della 2018, impugnata in cassazione e conclusa con la sentenza della corte numero 27.206 del 2019 che aveva respinto l'impugnazione evidenziando l'insussistenza di alcun favorevole segnale prognostico circa la possibilità di costruzione o di recupero delle competenze genitoriali della D.D., la cui storia personale di deprivazione materiale ed affettiva le ha impedito di accedere proficuamente ad un percorso terapeutico di sostegno alla genitoriali.

11. Su tale premessa la corte territoriale ha evidenziato "l'insussistenza di alcun pregiudizio non potendosi che prendere atto della circostanza che la D.D. non ha mai posto rimedio alla propria incostanza, immaturità, incapacità di reggere - in un periodo sufficientemente lungo - nell'osservanza di un serio tentativo di recupero nel inidoneità genitoriale". A fronte di tale ratio decidendi nessun elemento oggettivo valutabile quale indice di segno contrario risulta essere stato indicato dalla ricorrente.

12. Con riguardo poi all'asserito necessitato allontanamento della D.D. dalla comunità ove era ospitata insieme alla figlia N. la sentenza ha dettagliatamente spiegato le ragioni per le quali detto allontanamento, nel corso del quale le era stato manifestato sostegno e soccorso da servizi sociali che lei aveva rifiutato (cfr. pag. 11 della sentenza), non poteva essere ricondotto a causa di forza maggiore ma confermava, ancora una volta, i limiti dell'incapacità della madre di prendersi cura della minore.

13. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il mancato esame di punti decisivi ovvero la mancata valutazione delle condizioni soggettive ed oggettive della ricorrente all'epoca dell'apertura della procedura di adottabilità della minore N., nonché nell'omessa valutazione della positiva evoluzione del percorso personale intrapreso dalla ricorrente rispetto alla capacità genitoriale e alla sua condizione pregressa e comunque per non aver indagato in concreto in ordine alle conseguenze negative sulla relazione con la figlia N., derivanti dalla rescissione del vincolo madre figlia nonché il buon rapporto con il figlio minore D. (nato il ( *****)) terzogenito, e per il quale pende giudizio di appello in relazione alla sentenza di primo grado anch'essa dichiarativa dello stato di adottabilità del minore.

14. La censura è inammissibile perché anche in tal caso non si confronta con la ratio decidendi individuata dalla corte d'appello.

15. La corte territoriale, infatti, ha dato atto delle iniziative poste in essere dopo che nel ( *****) si erano verificati gli allontanamenti della madre dalla struttura dove era ospitata insieme alla figlia N., utilizzando a tal fine le relazioni sociali dell'( *****), di quella datata ( *****), iniziative che miravano a sostenere la D.D. nel periodo in cui era impegnata al primo accudimento del terzogenito D..

16. Sulla scorta di tali relazioni la corte territoriale ha evidenziato la refrattarietà della D.D. ai supporti sociali e psicologici dagli operatori puntualizzando che "nel caso in esame tutti i servizi coinvolti hanno profuso ogni risorsa ed ogni energia nel tentativo di recuperare le capacità genitoriali senza alcun successo; occorre quindi considerare esclusivamente l'interesse prioritario della minore che ha già operato un totale disinvestimento della relazione con la madre avendo trovato altre diverse figure di riferimento".

17. Tale ratio decidendi, coerente ai principi giurisprudenziali della Corte (cfr. Cass. 1837/2011; id. 881/2015, id. 6137/2015) non è attinta dalla censura in esame.

18. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 10) si censura la sentenza della corte di merito per non avere accolto le istanze istruttorie della ricorrente e, segnatamente, per non aver disposto ctu sulle capacità genitoriali attuali della D.D. e la relazione madre-figlia, per non aver disposto l'acquisizione di documenti richiesti e per non avere disposto l'audizione degli operatori sociali e della psicologa Dottoressa O. e V..

19. La censura è inammissibile per difetto di specificità e perché non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata.

20. La corte di merito, come già sopra specificato, non ha deciso sulla base della ctu del ( *****) svolta nel procedimento riguardante la primogenita J. prima dell'annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza emessa nel 2016 dalla corte d'appello, ma ha valutato l'inidoneità genitoriale della D.D. sulla scorta della ctu della Dott.ssa D.R. e delle relazioni successive, tutte dettagliatamente indicate nella sentenza impugnata nella parte ricostruttiva della vicenda e contenenti precisi riferimenti a fatti accertati nel corso del tempo e non smentiti da dati concreti di segno diverso. Pertanto, la decisione assunta dalla corte di merito non si fonda sulla patologia psichiatrica della D.D., ma sulla rilevata incapacità genitoriale pur a fronte dei numerosi sostegni offertile in vista di un possibile recupero compatibile con le esigenze morali e materiali necessarie alla sana crescita della figlia minore N..

21. Con il quarto motivo (violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d)) si censura la sentenza impugnata per la mancata valutazione della possibilità di applicare i principi di diritto in materia di adozione cd. mite.

22. La doglianza è inammissibile perché censura il giudizio di fatto argomentato e motivato reso dalla corte di merito sul punto (cfr. pag. 19 e 20 della sentenza impugnata) alla luce dei principi interpretativi tratteggiati nei citati precedenti di legittimità (Cass., n. 3643/2020; id., n. 1476/2021) ed ha concluso per l'esclusione di alcun interesse di N. a un legame con la madre biologica; ha ritenuto che non possa affermarsi una solo parziale compromissione dell'inidoneità genitoriale ovvero la sussistenza di una condizione di semi abbandono; ad avviso della corte di merito il percorso degli incontri in luogo neutro è stato protratto sin troppo a lungo e non ha portato ad un miglioramento delle capacità genitoriale né ad un approfondimento del legame. La ripresa dei contratti con la genitrice attiverebbe in N., secondo la corte distrettuale, sentimenti di precarietà e di provvisorietà, pregiudizievoli alla creazione di un sano e rassicurante legame di appartenenza alle figure genitoriali adottive, che impedirebbero anche il superamento delle difficoltà già affrontate per i trasferimenti di collocazione e per il mutamento delle figure di accudimento.

23. Si tratta di un apprezzamento del giudice del merito che viene attinto come violazione di legge senza tuttavia esaminarne il contenuto precettivo della norma asseritamente violata e senza raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare i punti della sentenza che si pongono in contrasto con esso (cfr. Cass., 26/1/2004, n. 1317; id., 8/11/2005, n. 21659; id., 19/10/2006, n. 22499; id., 16/1/2007, n. 828; id.,15/01/2015, n. 635; id., Sez. Un., n. 23745/2020).

24. Il ricorso è dunque inammissibile.

25. Attesa la natura dei rapporti fra le parti sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese di lite.

25. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2022.

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