Revoca della patente come sanzione accessoria è adottabile autonomamente?

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.34108 del 18/11/2022

La revoca della patente, come sanzione accessoria rispetto alla sanzione principale, può essere disposta con un provvedimento autonomo e successivo?

Sul quesito risponde affermativamente la Cassazione con l'ordinanza n. 34108 del 18 novembre 2022.

La Suprema Corte precisa che la contestualità dei due provvedimenti non è imposta:

  • né dell'art. 210, comma 1, del Codice della strada, che si limita a prescrivere che "quando le norme del codice dispongono che ad una sanzione amministrativa pecuniaria consegua una sanzione accessoria non pecuniaria, quest'ultima si applica di diritto";
  • né dall'art. 204, comma 1,  del Codice della strada, che menziona la sola irrogazione da parte del Prefetto della sanzione pecuniaria, ove decida, in senso sfavorevole per l'interessato, sul ricorso amministrativo avverso il verbale di accertamento. L'emissione dell'ordinanza ingiunzione applicativa di una sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 204, comma 1, CDS è - per giunta - solo eventuale, venendo a dipendere dalla scelta del sanzionato di impugnare il verbale con ricorso amministrativo al Prefetto, in luogo che con ricorso giurisdizionale al giudice di pace.

La revoca della patente inoltre può essere adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione, non essendo imposti i termini di decadenza previsti invece per l'applicazione della sanzione principale.

Tale disciplina infine non pregiudica il diritto di difesa: la parte può sempre impugnare il provvedimento irrogativo della sanzione principale ed ottenere l'automatica caducazione anche di quella accessoria, o contestare solo quest'ultima per vizi propri, la quale discende automaticamente dalla legge in caso di accertata violazione del precetto principale e ne segue la sorte.

Il caso di specie riguardava due distinti provvedimenti prefettizi: l'uno avente ad oggetto il pagamento della sanzione pecuniaria di cui all'art. 128, comma 2, Codice della Strada (per aver l'opponente circolato con patente di guida sospesa), l'altro (successivo) con cui era stata revocata la patente guida.

Revoca della patente, termine di cinque anni dalla commessa violazione, diritto di difesa, nessun pregiudizio

La revoca della patente può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione - ossia nel rispetto del termine di prescrizione - non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l'applicazione della sanzione principale), e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori; tale disciplina non pregiudica il diritto di difesa: la parte può sempre impugnare il provvedimento irrogativo della sanzione principale ed ottenere l'automatica caducazione anche di quella accessoria, o contestare solo quest'ultima per vizi propri, la quale discende automaticamente dalla legge in caso di accertata violazione del precetto principale e ne segue la sorte.

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Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.34108 del 18/11/2022

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 798/2020 il Tribunale di Torino, in integrale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l'opposizione di D.M. avverso due distinti provvedimenti prefettizi, l'uno avente ad oggetto il pagamento della sanzione pecuniaria di cui all'art. 128, comma 2, CDS (per aver l'opponente circolato con patente di guida sospesa), l'altro con cui era stata revocata la patente guida.

Il primo giudice aveva annullato la misura della revoca, ritenendo che l'amministrazione dovesse applicare entrambe le sanzioni con un unico provvedimento.

Il Tribunale, in accoglimento delle contrarie deduzioni difensive della Prefettura, ha invece posto in rilievo che già nell'ordinanza applicativa della sanzione pecuniaria era stata preannunciata la revoca della patente, che, peraltro, era conseguenza legale della prima violazione, ormai divenuta irrevocabile. L'automatismo dell'applicazione della sanzione accessoria, necessariamente conseguente a quella principale, rendeva irrilevante che non fossero state entrambe adottate con un unico provvedimento; il fatto che l'interessato non si fosse avveduto delle conseguenze della violazione non era imputabile ad un deficit di trasparenza dell'amministrazione, ma all'operatività di una norma che la parte era tenuta a conoscere.

Per la cassazione della sentenza D.M. propone ricorso affidato ad un unico motivo.

La Prefettura di Torino non ha sviluppato difese.

Il relatore ha formulato proposta di definizione della causa ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 e il Presidente ha fissato l'adunanza in camera di consiglio.

2. L'unico motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 210, 218 CDS e 20 L. n. 689 del 1981, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, con l'ordinanza ingiunzione resa all'esito del ricorso amministrativo, il Prefetto era tenuto ad applicare sia la sanzione principale pecuniaria, che quella accessoria della revoca della patente, essendo imposta una contestualità dei provvedimenti per effetto delle stretta interdipendenza tra le due misure, anche per evitare che una loro eventuale impugnazione separata possa determinare decisioni contrastanti.

Il motivo è inammissibile.

Non pertinente è il richiamo al L. n. 689 del 1981 art. 20 comma 1. La norma, nel prevedere che l'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione, o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall'art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti per le singole violazioni come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, non ha alcuna attinenza ad un presunto dovere dell'amministrazione di adottare con un unico provvedimento le sanzioni accessorie e principali, limitandosi a intervenire su talune delle pene accessorie, trasponendole nell'ambito delle sanzioni amministrative accessorie a violazioni divenute oggetto di depenalizzazione.

Una tale contestualità non è imposta dall'art. 210, comma 1, CDS, che si limita a prescrivere che "quando le norme del codice dispongono che ad una sanzione amministrativa pecuniaria consegua una sanzione accessoria non pecuniaria, quest'ultima si applica di diritto", né dall'art. 204, comma 1, CDS, che menziona la sola irrogazione da parte del Prefetto della sanzione pecuniaria, ove decida, in senso sfavorevole per l'interessato, sul ricorso amministrativo avverso il verbale di accertamento. L'emissione dell'ordinanza ingiunzione applicativa di una sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 204, comma 1, CDS è - per giunta - solo eventuale, venendo a dipendere dalla scelta del sanzionato di impugnare il verbale con ricorso amministrativo al Prefetto, in luogo che con ricorso giurisdizionale al giudice di pace.

Peraltro, l'art. 128 CDS dispone, al comma 2, che chiunque circola durante il periodo di sospensione della patente di guida è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma (da Euro 168 a Euro 678) e alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida di cui all'art. 219. Quest'ultima norma contempla un autonomo iter per l'applicazione della misura, volendo, con la previsione del comma 2, che nell'ipotesi che la revoca della patente costituisca sanzione accessoria, l'organo, l'ufficio o comando, che accerta l'esistenza di una delle condizioni per le quali la legge la prevede, entro i cinque giorni successivi, ne dà comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione. Questi, previo accertamento delle condizioni di legge, emette l'ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla prefettura, anche tramite l'organo di Polizia incaricato dell'esecuzione.

Questa Corte ha peraltro da tempo stabilito che la revoca può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione - ossia nel rispetto del termine di prescrizione - non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l'applicazione della sanzione principale), e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori (Cass. 15694/2020; Cass. 7026/2019; Cass. 10373/2006; Cass. 3832/2001).

La disciplina non pregiudica il diritto di difesa: la parte può sempre impugnare il provvedimento irrogativo della sanzione principale ed ottenere l'automatica caducazione anche di quella accessoria, o contestare solo quest'ultima per vizi propri, la quale discende automaticamente dalla legge in caso di accertata violazione del precetto principale e ne segue la sorte (Corte Cost. 247/2005).

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Non luogo a provvedere sulle spese, non avendo la Prefettura svolto difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2022.

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