Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.3747 del 07/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

P.V., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Andrea Camprini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Ravenna, Via della Lirica n. 43.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza n. 1984-2020 della CORTE D’APPELLO di Bologna, depositata il 10.7.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10 dicembre 2021 dal Consigliere Relatore Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

– che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da P.V., cittadino nigeriano (Benin City), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 29.5.2018 dal Tribunale di Bologna, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente;

– che viene proposto da P.V. ricorso avverso la predetta sentenza n. 19842020, depositata il 10.7.2020, affidato a quattro motivi;

La Corte d’Appello ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della mancanza di attualità del pericolo denunciato e per la mancata richiesta di protezione alle autorità locali e comunque per la complessiva valutazione di non credibilità del racconto (il richiedente dichiarava di essere ricercato dalla polizia per un omicidio politico di cui invece non si era macchiato e di essere stato vittima di violenza da parte della contrapposta fazione politica e di essere altresì stato accusato del reato di pratiche omosessuali); b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito allo stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non versava in una condizione di soggettiva vulnerabiltà, anche in relazione alle condizioni del paese di provenienza;

– che l’amministrazione intimata non ha svolto difese;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

1.che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, sul rilievo che la corte di appello avrebbe errato nella valutazione di non credibilità del racconto;

1.1 che il motivo è inammissibile già per come articolato; è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019); osserva la Corte che, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretende, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perché non dedotto nel senso sopra chiarito e perché comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità;

2. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8 e 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, sul rilievo che erronea sarebbe stata la valutazione di non pericolosità interna del paese di provenienza del ricorrente;

2.1 che anche il secondo motivo è inammissibile;

2.1 che, in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018); che il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perché volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche sulla base della consultazione di qualificate fonti informative, che negli Stati del sud della Nigeria non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata;

3. che con il terzo mezzo è stata denunciata la violazione degli artt. 115 e 101 c.p.c., sul rilievo che la corte di appello non avrebbe considerato le fonti informative già depositate dal richiedente innanzi alla commissione territoriale per la più corretta valutazione del grado di pericolosità interna della Nigeria;

3.1 che il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, non avendo il ricorrente evidenziato ove la questione delle fonti informative depositate già nella fase amministrativa fosse stata dedotta nei giudizi di merito, risultando pertanto la censura nuova in difetto di alcun riferimento della stessa nella sentenza impugnata;

4. che con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, sul rilievo che la corte di appello avrebbe errato nella valutazione di insussistenza dei presupposti applicativi della richiesta tutela protettiva umanitaria;

4.1 che il motivo è inammissibile perché richiede alla corte di legittimità un riesame della questio facti tramite la rilettura degli atti istruttori volta a un nuovo scrutinio dei presupposti applicativi fattuali della tutela umanitaria, senza che la doglianza censuri la ratio decidendi principale posta a sostegno del diniego della domanda, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto, profilo quest’ultimo per il quale si sono avanzate solo doglianze irricevibili nel primo motivo di censura;

5. che nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa della parte intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472