Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.3758 del 07/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1979-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

ATAC S.P.A., Azienda per la Mobilità di Roma Capitale, già MET.RO.

S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI ROGAZIONISTI, 16, presso lo studio dell’avvocato MARINA DI LUCCIO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

M.M., P.M., PE.AR., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI, 57, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BRONZINI, rappresentati e difesi dall’avvocato CARLO LEPORE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4528/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/07/2015 R.G.N. 8168/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

RITENUTO

che:

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4528 del 2015, ha deciso il gravame svolto da ATAC s.p.a. avverso la decisione di primo grado che, per quanto in questa sede rileva, aveva accolto la domanda proposta dai lavoratori, odierni intimati, della soc.coop. CRM80, alla quale era stato ceduto, in subappalto, l’attività di pulizia dei mezzi di trasporto oggetto dell’appalto stipulato dal Consorzio Nazionale Servizi, assegnati con mansioni di operaio in forza di appalto presso Trenitalia, e condannato l’ATAC al pagamento del TFR, non corrisposto dalla cooperativa alla cessazione del rapporto di lavoro, e rigettato la domanda di manleva svolta dall’ATAC nei confronti dell’INPS, terzo chiamato in causa;

2. la Corte di merito, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha ritenuto che i dipendenti dell’appaltatore o subappaltatore potessero agire, indifferentemente, nei confronti di uno dei debitori solidali ex lege con il datore di lavoro (l’INPS, in virtù della sottoposizione del datore di lavoro a liquidazione coatta amministrativa, l’ATAC nella qualità di committente dell’appalto); la responsabilità dell’INPS e dell’ATAC si fondava su titoli distinti e autonomi, per cui spettava al creditore la scelta del debitore solidale nei cui confronti promuovere l’azione di condanna per l’intero; ha ritenuto fondata la domanda dell’ATAC di essere tenuta indenne dall’INPS di quanto pagato ai lavoratori, domanda non riproposta in sede di gravame ma implicita nel motivo diffusamente articolato avverso il quale l’INPS aveva svolto puntuali difese;

3. avverso tale sentenza ricorre l’INPS, con ricorso affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resistono, con separati controricorsi, M.M. ed altri litisconsorti in epigrafe indicati, ulteriormente illustrato con memoria, e ATAC s.p.a. Azienda per la Mobilità di Roma Capitale.

CONSIDERATO

che:

4. con il primo motivo di ricorso, denunziando plurime violazioni di legge (art. 1203 c.c., nn. 3 e 5, D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, nella versione vigente ratione temporis, L. n. 297 del 1982, art. 2, commi 1, 4, comma 7, secondo periodo, comma 8, terzo periodo, si censura il riconoscimento del diritto della società alla surrogazione nei diritti dei lavoratori;

5. con il secondo si deduce violazione della L. n. 297 del 1982, art. 2, commi 1 e 4;

6. con il terzo si deduce violazione dell’art. 443 c.p.c., dell’art. 148 disp. att. c.p.c., della L. n. 297 del 1982, art. 2, assumendo che l’assenza di domanda amministrativa avrebbe dovuto portare alla declaratoria di improponibilità dell’azione;

7. in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v., fra i più recenti, Cass. n. 1885 del 2020 ed ivi ulteriori precedenti) risulta ormai definitivamente superato l’orientamento che consentiva all’obbligato solidale del datore di lavoro di surrogarsi, relativamente agli importi corrisposti, nella posizione vantata dal lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia: la corresponsione del TFR da parte di un terzo esclude, in radice, il presupposto voluto dalla legge per l’intervento del Fondo di garanzia, costituito dall’inadempimento del datore di lavoro determinato da uno stato di insolvenza (così già Cass. n. 9068 del 2013), e ciò, a maggior ragione, allorché il terzo sia il committente che, in forza del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, corrisponda i trattamenti retributivi e il TFR ai dipendenti del proprio appaltatore, dal momento che costui adempie ad un’obbligazione propria, nascente dalla legge e, se è senz’altro legittimato a surrogarsi nei diritti del lavoratore verso il datore di lavoro appaltatore, ex art. 1203 c.c., n. 3, nessun titolo ha per ottenere l’intervento del Fondo di garanzia, non potendo mai considerarsi avente diritto del lavoratore nei cui confronti ha adempiuto (Cass. n. 10543 del 2016);

8. una volta acclarata la natura previdenziale della prestazione dovuta dal Fondo di garanzia, e la sua autonomia rispetto alle obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro (v. Cass. nn. 10875 del 2013, 12971 del 2014, 20547 del 2015), deve logicamente escludersi la possibilità che un terzo, che abbia a qualunque titolo pagato i debiti del datore di lavoro insolvente, possa surrogarsi nella posizione che il lavoratore assicurato avrebbe potuto vantare nei confronti del Fondo di garanzia, posto che le disponibilità del Fondo di garanzia non possono in alcun modo essere utilizzate al di fuori della finalità istituzionale del Fondo stesso (L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 8),espressione dell’intervento solidaristico della collettività a favore dei lavoratori (o dei loro aventi diritto) che non abbiano ricevuto il pagamento del TFR a causa dello stato di insolvenza del loro datore di lavoro (L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 1), posto che qualsiasi intervento volto a ristorare il patrimonio di terzi, che non siano i lavoratori assicurati o i loro aventi causa, si porrebbe in contrasto con il principio di personalità e indisponibilità delle prestazioni previdenziali, siccome oggetto di un diritto soggettivo pubblico;

9. escluso, dunque, che il committente abbia titolo per l’intervento del Fondo di garanzia, non divenendo ATAC s.p.a, per quanto detto, avente diritto dal lavoratore (v., fra le altre, Cass. n. 33 del 2020; Cass. n. 18945 del 2021), è inammissibile, per carenza di interesse ad agire, la domanda di accertamento del diritto di ATAC s.p.a. a sostituirsi ai lavoratori nell’erogazione del trattamento dovuto dal Fondo di garanzia a seguito dell’insolvenza del datore di lavoro, proposta da ATAC s.p.a. e in tale conclusione rimane evidentemente assorbita la questione della necessità che l’esercizio di tale azione importi l’attivazione del procedimento amministrativo con la presentazione della domanda amministrativa di cui all’art. 443 c.p.c.;

10. in definitiva, il committente adempie ad un’obbligazione propria nascente dalla legge, ed e’, piuttosto, legittimato a surrogarsi nei diritti del lavoratore verso il datore di lavoro appaltatore, ex art. 1203 c.c., n. 3 (cfr. sempre Cass. n. 6333 del 2018 cit., in motivazione; Cass., n. 3884 del 2018 ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza);

11. la sentenza impugnata, che non si è uniformata al predetto principio, va cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito va rigettata la domanda svolta dall’ATAC s.p.a. Azienda per la Mobilità di Roma Capitale nei confronti dell’INPS;

12. le spese del giudizio di merito, fra ATAC s.p.a. Azienda per la Mobilità di Roma Capitale e INPS si compensano in considerazione dell’alterno esito dei giudizi;

13. segue coerente la condanna, a carico della società e in favore dell’INPS, alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;

14. non vi è pronuncia sulla regolazione delle spese riguardo a M.M. ed altri rispetto ai quali la notifica del ricorso rivestiva la natura di mera litis denuntiatio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda dell’ATAC s.p.a. nei confronti dell’INPS; compensa le spese del giudizio di merito tra INPS e ATAC s.p.a. Azienda per la Mobilità di Roma Capitale; condanna la s.p.a. ATAC Azienda per la Mobilità di Roma Capitale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in favore dell’INPS, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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