LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8054-2018 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrenti –
contro
A.S.D. TROTTOLA SPORT, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE DE CAMILLIS, 4, presso lo studio dell’avvocato PIERA NICOLINI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO BERNARDINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 640/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/09/2017 R.G.N. 547/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 5.9.2017, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato ASD Trottola Sport non tenuta al pagamento alla Gestione ex ENPALS dei contributi previdenziali dovuti sui compensi corrisposti a n. 3 istruttori sportivi nell’anno 2008;
che i giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che i compensi in questione fossero esenti da contribuzione siccome appartenenti alla categoria dei “redditi diversi” di cui all’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), non suscettibili di tassazione in quanto aventi importo esiguo;
che avverso tali statuizioni l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che ASD Trottola Sport ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria, con cui ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in considerazione della novità della questione giuridica introdotta dall’INPS con il motivo di censura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. C.p.S. n. 708 del 1947, artt. 3-4, del D.M. 15 marzo 2005, n. 17445, art. un., dell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), e del D.L. n. 207 del 2008, art. 35, comma 5 (conv. con L. n. 14 del 2009), per avere la Corte di merito ritenuto che l’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), dettasse una disciplina rilevante anche ai fini previdenziali, esonerando dall’obbligo contributivo i compensi corrisposti agli istruttori sportivi, mentre tratterebbesi di disposizione dettata esclusivamente a fini fiscali, che in nulla potrebbe immutare rispetto alla sussistenza dell’obbligo contributivo;
che vanno preliminarmente esclusi i rilievi d’inammissibilità della censura sollevati da parte controricorrente, atteso che l’inidoneità in astratto di un fatto a produrre un effetto giuridico ovvero l’inesistenza di una norma che al fatto associ l’effetto è deducibile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, con il solo limite del giudicato interno (così Cass. n. 10832 del 1998 e innumerevoli successive conformi);
che, peraltro, dovendo la statuizione minima suscettibile di giudicato interno avere per oggetto congiuntamente le decisioni sull’esistenza di un fatto, sull’esistenza di una norma e sull’esistenza degli effetti da questa associati al fatto, il motivo di ricorso per cassazione che censuri una sentenza per aver falsamente applicato alla fattispecie una data norma non impedisce a questa Corte di verificare se la norma sia stata anche correttamente interpretata dal giudice di merito, essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, questa Corte di cassazione può ritenere fondata o infondata la questione sollevata dal ricorso per una ragione giuridica diversa da quella specificamente prospettata dalle parti e della quale si è discusso nei gradi di merito, con il solo limite che tale individuazione avvenga sulla base dei fatti esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, e fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non deve confliggere con il principio dei monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (così, tra le più recenti, Cass. n. 11868 del 2016);
che, ciò posto e venendo al merito, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha in più occasioni ritenuto che la disposizione di cui all’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), in quanto sostanziale eccezione all’obbligo contributivo previsto per gli addetti agli impianti sportivi dal D.Lgs. C.p.S. n. 708 del 1947, art. 3, n. 21 (nel testo modificato dalla L. di ratifica n. 2388 del 1952), sia rilevante anche in materia previdenziale, ferma restando la necessità della concreta ricorrenza dei presupposti per la sua applicazione (cfr. da ult. Cass. n. 11375 del 2020, cui adde Cass. n. 24365 del 2019, Cass. n. 21535 del 2019, Cass. n. 11492 del 2019 e Cass. n. 5904 del 2016);
che a tale orientamento va data continuità, atteso che l’assenza di una espressa disciplina previdenziale in materia di collaborazione resa in favore di associazioni dilettantistiche non esime l’interprete dal considerare l’impatto della neutralizzazione degli effetti tributari delle erogazioni corrisposte in tale contesto anche relativamente al calcolo dell’imponibile contributivo, trattandosi di una relazione che, seppure riferita espressamente ai soli effetti tributari, esprime il più generale intento della legge di reputare un determinato valore monetario, riferito ad una determinata attività umana, come non espressivo di un valore economico utile alla produzione di un reddito suscettibile di realizzare la base imponibile di una obbligazione patrimoniale pubblica;
che, nondimeno, la norma in esame non consente di includere all’interno dell’area dei redditi diversi le somme percepite da coloro i quali svolgono “professionalmente” le attività cui le somme si riferiscono, tanto desumendosi dall’incipit dell’art. 67 TUIR, che esclude a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente;
che, coerentemente con tale indicazione del legislatore, è evidente che tali presupposti negativi devono sussistere anche là dove il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche;
che dall’affermazione della riferibilità dell’art. 67 TUIR, anche agli effetti previdenziali non discende certamente l’individuazione di un’area di automatica esenzione dall’obbligo contributivo che sia invocabile dalle associazioni o società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione, rilevando piuttosto, a monte, la verifica giudiziale della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata (così Cass. nn. 2152 del 2020, 10393 del 2018, 16449 e 23789 del 2016) e, a valle, il fatto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente, essendosi a tal fine precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 TUIR, deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa (cfr. Cass. n. 11375 del 2020 cit.);
che, conseguentemente, resta escluso che per “redditi diversi” possano intendersi quelli derivanti dall’esercizio abituale di una attività autonoma nel senso specificato o quelli tratti dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, assimilati piuttosto a quelli di lavoro dipendente (art. 50 TUIR, lett. c);
che, alla stregua delle anzidette considerazioni, risulta evidente l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata, non potendo predicarsi la natura di “redditi diversi” dei compensi percepiti dagli istruttori per cui è causa per il solo fatto che siano stati percepiti nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche e/o in relazione all’esiguità del loro importo e dovendo piuttosto accertarsi la natura professionale o meno del rapporto nell’ambito del quale essi sono percepiti;
che, derivandone l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022