LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19280-2016 proposto da:
P.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO CHIEFFALLO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE ROSE;
– controricorrenti –
E contro
EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 142/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/02/2016 R.G.N. 750/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 5.2.2016, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da P.D. avverso n. 12 intimazioni di pagamento correlate ad altrettante cartelle esattoriali relative a pregresse omissioni contributive;
che avverso tale pronuncia P.D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura;
che l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli, mentre la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto utilizzabile, ai fini del decidere, la documentazione tardivamente prodotta dalla società concessionaria in prime cure;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per avere la Corte territoriale ritenuto non necessaria la produzione in giudizio delle cartelle esattoriali correlate alle intimazioni di pagamento impugnate nel presente giudizio, nonostante nel ricorso introduttivo egli avesse precisato di non averne avuto conoscenza e avesse all’uopo formulato specifica richiesta di esibizione, evidenziando altresì come non vi fosse prova che la trasmissione dei ruoli fosse avvenuta nel rispetto del termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9-10, per avere la Corte di merito ritenuto che il termine di prescrizione dei contributi oggetto di cartella esattoriale non tempestivamente opposta fosse decennale;
che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, per avere la Corte territoriale ritenuto che, essendosi il concessionario avvalso della posta ordinaria per la notifica delle cartelle, le indicazioni che dovevano obbligatoriamente risultare dall’avviso di ricevimento, in caso di consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario, erano quelle prescritte dal regolamento postale approvato con D.M. 9 aprile 2001, e non anche quelle di cui all’art. 139 c.p.c., e alla L. n. 890 del 1982;
che, con il quinto motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte di merito considerato che, avendo egli eccepito fin dal giudizio di primo grado la validità degli atti impugnati in quanto privi delle modalità di calcolo degli interessi applicati e non avendo la società concessionaria in alcun modo contestato tale affermazione, la consequenziale e definitivamente acclarata mancanza di certezza in ordine alle somme richieste determinava la caducazione del titolo esecutivo;
che il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, avuto riguardo alle modalità di formulazione delle censure, e sono inammissibili, operando sistematicamente riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (documentazione prodotta dal concessionario, ricorso introduttivo del giudizio, relate di notifica delle cartelle, verbali di causa del giudizio di primo grado) che non risultano trascritti nel ricorso per cassazione, nemmeno nella parte necessaria a dare alla censura un non opinabile fondamento fattuale, e di cui non si dice in quale parte del fascicolo processuale e/o di merito essi sarebbero reperibili, in spregio ai principi di specificità e autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4-6, che al contrario esigono che la parte trascriva nel ricorso quella parte dell’atto o del documento che funge da supporto narrativo del fatto denunciato in sede di legittimità e al contempo indichi dove esso è rintracciabile, l’inosservanza di tale ultimo onere essendo di per se sola sufficiente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (cfr. in tal senso Cass. n. 28184 del 2020);
che il terzo motivo è invece fondato, dovendo darsi continuità al principio di diritto secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., di talché, ove per i crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria (come prevede la L. n. 335 del 1995, art. 3, per i contributi e i premi dovuti agli istituti di previdenza e assistenza), il relativo termine continua a trovare applicazione anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, salvo che ci si trovi in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. S.U. n. 23397 del 2016, cui hanno dato seguito, tra le tante, Cass. nn. 11800 e 31352 del 2018);
che, non essendosi la Corte territoriale attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022
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