Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.3774 del 07/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34432/2019 proposto da:

E.Q., domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato LO FARO ROSA EMANUELA;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente con atto di costituzione –

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione Internazionale Verona, Procura Generale Repubblica Venezia;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 04/10/2019.

RILEVATO

che:

1. E.Q., proveniente dalla *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

fondamento dell’istanza riferì di aver lasciato di aver lasciato il suo paese nel 2017 per timore di essere minacciata ed uccisa. Raccontava che alla morte del padre c’era la tradizione che la vedova doveva dormire con il corpo del defunto, ma la madre rifiutò tale usanza perché era di fede *****. La famiglia del padre, quindi le cacciò di casa. Trasferitesi in altra località la madre si era risposata con un uomo dal quale aveva avuto altri tre figli. Per motivi legati al lavoro del patrigno, che faceva parte di una gang criminale, tutta la famiglia fu costretta a lasciare il villaggio e si trasferirono a Benin City dove vivevano di elemosina per la strada. Una donna, che la vedeva condurre una vita di stenti, l’avvicinava e le proponeva di seguirla in Libia dove avrebbe potuto trovare lavoro. Ma una volta arrivata apprendeva di dover restituire un debito che non sapeva di aver contratto e che avrebbe dovuto prostituirsi.

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento E.Q. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Venezia, che, con decreto n. 8164/2019 del 4 ottobre 2019, rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) inattendibile il racconto della richiedente asilo avendo;

b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiata stante la non credibilità della richiedente asilo;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria non avendo la ricorrente allegato alcun rischio di persecuzione riconducibile all’ipotesi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) ed in mancanza di un conflitto armato generalizzato nella regione di provenienza;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria in quanto la scarsa credibilità del racconto non consentiva di rinvenire alcuna condizione di particolare vulnerabilità.

3. Il decreto è stato impugnato per cassazione da E.Q. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

4.1 Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’annullamento della sentenza con rinvio per violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, per difetto di istruttoria omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lesione del diritto di difesa.

4.2 Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente investe il decreto nella parte in cui ha rigettato la domanda di riconoscimento di protezione internazionale. Denuncia reato non ostativa. Duplice veste parte offesa-indagata.

4.3 Con il terzo motivo il ricorrente censura il decreto nella parte in cui ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria sostenendo la non credibilità del racconto e dunque la mancanza di elementi su cui fondare la vulnerabilità del ricorrente.

5. Il ricorso è inammissibile per difetto di valida procura alle liti.

Al riguardo, si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 15177/2021, hanno affermato, componendo il contrasto creatosi fra le sezioni semplici, che: “il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13 – nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. La procura speciale per il ricorso per cassazione, per le materie regolate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13 e dalle disposizioni di legge che ad esso rimandano, deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente””.

5.1. La questione di legittimità costituzionale del citato art. 35-bis, comma 13 – sollevata, successivamente a detta sentenza, da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 17970/2021, denunciandone il contrasto con gli artt. 3,10,24,111 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 28 e 46, 5 p. 11, della direttiva 2013/32/UE (Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale), nonché agli artt. 18, 19, p. 2 e 47 della Carta dei diritti UE e agli artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU, nella parte in cui prevede che la mancanza della certificazione della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale, determini la inammissibilità del ricorso – è stata decisa dalla Corte costituzionale nella camera di consiglio del 2 dicembre 2021 nel senso della non fondatezza (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 13/2022).

5.2. Nel caso di specie, la procura speciale rilasciata per il ricorso per cassazione non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento di essa sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma del richiedente asilo che non è idonea, secondo la pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata, ad attestare anche che la data del conferimento del mandato è successiva alla comunicazione del decreto da impugnare.

6. Non occorre provvedere sulla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero.

Il pagamento del doppio contributo, se dovuto, va posto a carico del ricorrente, in applicazione del principio – enunciato dalla citata sentenza n. 15177/2021 delle Sezioni Unite – per cui “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 11 novembre 2021, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472