Ricorso per cassazione, motivi del ricorso, mancato esame di un documento, vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, condizioni

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.3793 del 07/02/2022

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Ricorso per cassazione, motivi del ricorso, mancato esame di un documento, vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, condizioni

Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.

* In tal senso vedi Cass., n. 16812/18; n. 19150/16.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8082/2016 proposto da:

R.G., nella qualità di titolare e legale rappresentante dell’omonima impresa edile G.R., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 18, presso lo Studio Grez, rappresentato e difeso dall’avvocato Lofoco Fabrizio, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Buccinasco, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in Via Cicerone n. 44, presso lo studio dell’avvocato Corbyons Giovanni, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Romanenghi Fabio, con procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Premuda n. 6, presso lo studio dell’avvocato Amatore Salvatore, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Quadri Giovanni, Quadri Pietro Johannes, con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Unipolsai Assicurazione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in viale G. Mazzini n. 145, presso lo studio dell’avvocato Garau Paolo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cordola Vincenzo, con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4245/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2021 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

Con sentenza del 30.10.10, il Tribunale di Milano dichiarò l’improcedibilità della domanda di R.G., titolare dell’omonima impresa, proposta nei confronti del comune di Buccinasco – nonché sulle chiamate in causa di terzo e della UGF Ass. -osservando che: l’attore aveva chiesto la condanna del comune convenuto al pagamento della somma di Euro 4.436.830,77 a titolo di risarcimento dei danni conseguenti alla risoluzione del contratto d’appalto stipulato per la realizzazione del centro di distribuzione di pasti di una scuola – come specificamente indicati in domanda -; il comune si era costituito eccependo l’improcedibilità della domanda e, in subordine, la colpa professionale dell’ingegnere – chiamato in causa – che aveva redatto il progetto strutturale dell’opera in questione; l’azione era improcedibile, ai sensi della L. n. 109 del 1994, art. 31bis e art. 32, comma 1, in quanto l’appellante non aveva intrapreso la procedura di componimento bonario della vertenza sull’appalto (in virtù della quale la stazione appaltante esamina le riserve e le pretese dell’appaltatore che non sono state oggetto della procedura di accordo bonario, decorso il termine di 90 gg. dalla trasmissione degli atti di collaudo; qualora siano decorsi i termini senza il collaudo o il certificato di regolare esecuzione dei lavori, l’appaltatore può chiedere che siano comunque definite le proprie riserve o richieste) quale condizione di procedibilità del giudizio innanzi al Tribunale; era infondato l’appello incidentale del terzo chiamato B. sull’eccezione d’incompetenza in quanto il relativo capo della sentenza non era stato impugnato.

R.G., nella qualità, ricorre in cassazione con due motivi, illustrati con memoria. Resistono con distinti controricorsi il B. e la società assicuratrice da quest’ultimo chiamata a sua volta in causa, con memoria.

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione del D.M. n. 145 del 2000, art. 31bis non avendo la Corte d’appello esaminato i documenti prodotti in primo grado (tre istanze al comune convenuto di definizione bonaria della controversia relativa alle riserve e alle pretese, cui non era seguita alcuna iniziativa dell’ente), specie la nota del 19.1.2004 con la quale era stato chiesto espressamente: una più congrua valutazione del prezzo dei pali trivellati; l’integrale riconoscimento dei costi dei lavori non previsti; il riconoscimento degli oneri del carico, trasporto e smaltimento dei materiali dovuti alle trivellazioni e agli scavi; il riconoscimento dei danni subiti per il fermo del cantiere per 28 gg. dall’ottobre al novembre 2003; la proroga del termine per la consegna dei lavori, in conseguenza del suddetto fermo del cantiere; l’attivazione della procedura L. n. 109 del 1994, ex art. 31bis. Il ricorrente adduce altresì che, a sostegno dei documenti prodotti, erano da valutare: la dichiarazione confessoria dell’ing. Ro., tecnico del comune e responsabile unico del procedimento, datata 19.6.07, circa il mancato raggiungimento di un accordo bonario con il R.; il fatto che dalla relazione di collaudo era altresì emerso che l’opera in questione era stata progettata per essere realizzata in area differente rispetto all’ubicazione dei lavori appaltati.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per aver la Corte territoriale condannato il R. al pagamento delle spese del giudizio, pur avendo respinto gli appelli incidentali, invece che compensarle, venendo in rilievo una soccombenza reciproca.

Resiste con controricorso il Comune di Buccinasco, proponendo anche ricorso incidentale condizionato, illustrati con memoria, per violazione degli artt. 112,339,343 e 277, c.p.c., in quanto la Corte d’appello aveva omesso di pronunciare sulla domanda di manleva nei confronti del B., nell’ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria, poiché ritenuta assorbita dalla pronuncia d’improcedibilità.

Il primo motivo è fondato. Il ricorrente deduce l’omesso esame di tre istanze di promovimento della procedura di accordo bonario L. n. 109 del 1994, ex art. 31bis che sono indicate come documenti prodotti in primo grado; il comune eccepisce, anzitutto, il difetto di autosufficienza per non aver il ricorrente trascritto il contenuto di tali istanze. Tale eccezione non ha fondamento, in quanto una di esse è stata trascritta analiticamente e, pertanto, occorre verificare se, effettivamente, i documenti indicati siano stati regolarmente acquisiti (come appresso si dirà).

L’oggetto della doglianza afferisce al fatto che la pretesa dell’impresa del R. è stata considerata improponibile perché non era stata proposta istanza di definizione al comune di Buccinasco e conseguentemente non aveva potuto dar corso alla procedura di accordo bonario.

Al riguardo, il vizio di omesso esame di fatto decisivo è ammissibile ex art. 360, n. 5 perché l’appello è stato radicato il 18.1.2011 e cioè prima di entrata in vigore dell’art. 348 ter, commi 4 e 5.

Tale disposizione si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, di conversione del Decreto n. 83 del 2012, con i limiti di applicabilità previsti dallo stesso D.L. n. 83, art. 54, comma 3.

Il controricorrente eccepisce altresì che le difese del ricorrente non erano impostate su tale prospettazione, ma ciò non rileva in quanto il fatto era allegato – e quindi sottoposto alla discussione – ed era rilevante ai fini della decisione, anche se non “argomentato”.

Ora, il collegio osserva che dall’esame dei fascicoli di causa si desume che, in effetti, parte ricorrente aveva depositato varie istanze di promovimento della suddetta procedura di accordo bonario. Tale verifica documentale è legittima venendo in rilievo un vizio di natura processuale in ordine all’omessa pronuncia sulle citate richieste, vizio sostanzialmente dedotto dalla parte, sebbene rubricato con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Invero, il ricorrente si duole, nel contempo, dell’omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione, e della conseguente mancata pronuncia su tale acquisizione documentale. Al riguardo, secondo un orientamento interpretativo, cui il collegio intende dare continuità, nell’accezione di “fatto” – di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – rientrano anche i documenti (v. Cass., n. 16812/18; n. 19150/16: il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa).

Detto ciò, emerge dall’esame degli atti, dunque, che sia il Tribunale che la Corte d’appello non hanno tenuto conto delle varie istanze di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 31bis, comma 1, secondo il cui disposto: “Per i lavori pubblici affidati dai soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) e b), in materia di appalti e di concessioni, qualora, a seguito dell’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare in misura sostanziale e in ogni caso non inferiore al 10 per cento dell’importo contrattuale, il responsabile del procedimento promuove la costituzione di apposita commissione perché formuli, acquisita la relazione del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo di collaudo, entro novanta giorni dalla apposizione dell’ultima delle predette riserve, proposta motivata di accordo bonario. In merito alla proposta si pronunciano, nei successivi trenta giorni, l’appaltatore ed il soggetto committente.

Decorso tale termine è in facoltà dell’appaltatore avvalersi del disposto dell’art. 32. La procedura per la definizione dell’accordo bonario può essere reiterata per una sola volta. La costituzione della commissione è altresì promossa dal responsabile del procedimento, indipendentemente dall’importo economico delle riserve ancora da definirsi, al ricevimento da parte dello stesso del certificato di collaudo o di regolare esecuzione di cui all’art. 28. Nell’occasione la proposta motivata della commissione è formulata entro novanta giorni dal predetto ricevimento”.

Ne consegue che la domanda del R. avrebbe dovuto essere considerata procedibile, imponendo ciò la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello alla quale sarà demandata anche la verifica concernente l’esatta determinazione dell’oggetto di tutte le istanze depositate dal ricorrente in ordine all’ambito d’operatività della procedura diretta all’accordo bonario.

Il secondo motivo, concernente la censura sulle spese, è da ritenere assorbito dall’accoglimento del primo.

Per quanto esposto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, anche in ordine al regime delle spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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