Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.38 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14737-2020 proposto da:

REGIONE MOLISE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la presenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA N. 20, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO IACOVINO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 210/2019 della CORTE D’APPELLO di VMPOBASSO, depositata il 04/12/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva respinto tutte le domande proposte da S.S. nei confronti della Regione Molise, ha accertato la natura subordinata del rapporto intercorso fra le parti dal ***** al *****, formalmente qualificato di collaborazione coordinata e continuativa, e ha condannato l’amministrazione appellata al pagamento delle differenze retributive ex art. 2126 c.c., nonché al risarcimento del danno, definito “comunitario” e quantificato, sulla base dei criteri richiamati dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, in cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria;

2. la Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rilevato che anche i rapporti di pubblico impiego instaurati in via di fatto, e quindi affetti da nullità, rientrano nella sfera di applicazione del richiamato art. 2126 c.c., con conseguente diritto del lavoratore a percepire il trattamento retributivo spettante, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, sulla base della contrattazione collettiva di comparto;

3. ha, poi, riconosciuto il risarcimento del danno per le ragioni indicate dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 5076/2016;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Regione Molise sulla base di due motivi, ai quali S.S. ha opposto difese con tempestivo controricorso;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 1, la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, come interpretato autenticamente dalla L. n. 92 del 2012, e sostiene, in sintesi, che l’indennità onnicomprensiva ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore il quale, di conseguenza, non può pretendere null’altro e non può rivendicare differenze retributive per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione;

2. con la seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Regione Molise si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, in relazione al disposto della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36, perché il divieto di cumulo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria opera anche sulle somme riconosciute a titolo di indennità risarcitoria;

3. il primo motivo è infondato perché la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’indennità prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, come autenticamente interpretato dalla L. n. 92 del 2012, è esaustiva di tutti i danni subiti dal lavoratore nei periodi di allontanamento dal lavoro per effetto della indebita frammentazione del rapporto, mentre non limita il diritto del dipendente assunto a termine ad essere regolarmente retribuito in relazione ai periodi lavorati, con la conseguenza che lascia inalterate le pretese retributive che trovano titolo nelle prestazioni rese (Cass. n. 262 del 2015 e Cass. n. 17248 del 2018);

3.1. il richiamato principio è applicabile anche alle collaborazioni coordinate e continuative non genuine instaurate dalla Pubblica Amministrazione in relazione alle quali questa Corte ha affermato che i danno subito dal lavoratore non coincide affatto con le retribuzioni e correlati oneri previdenziali perché questi sono dovuti, in virtù del principio di corrispettività affermato dall’art. 2126 c.c., con riguardo alle prestazioni di lavoro svolte in via di fatto (Cass. n. 6046 del 2018);

3.2. se ne è tratta la conseguenza che, qualora il dipendente, nel contestare la qualificazione autonoma del rapporto, alleghi anche l’abusiva reiterazione dei termini apposti ai contratti, deve operare l’agevolazione probatoria che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 5072/2016, hanno ritenuto necessaria per conformare l’ordinamento interno al diritto dell’Unione (si rimanda alla motivazione di Cass. n. 10951/2018 e di Cass. n. 29779 del 2018);

e’, invece, fondata la seconda censura;

principio affermato per il rapporto di lavoro alle dipendenze di privati da Cass. 12 marzo 2018, n. 5953 e Cass. 18 ottobre 2018, n. 26234 (secondo cui l’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, pur avendo funzione risarcitoria, rientra tra i crediti di lavoro, e su di essa, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., comma 3, spettano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato) non può operare per i dipendenti di enti pubblici non economici in relazione ai quali trova applicazione il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria e interessi introdotto dalla L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36;

4.1. è stato precisato, in particolare, da Cass. n. 12877 del 2020 (richiamata fra le tante da Cass. n. 23609 del 2020) che alla base della disciplina differenziata, secondo la ratio decidendi prospettata dal giudice delle leggi con la sentenza n. 459/2000, stanno le “ragioni di contenimento della spesa pubblica”, e pertanto si deve ritenere che il legislatore abbia utilizzato l’ampia dizione “emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale” per ricomprendere tutti i crediti ai quali, in difetto della previsione derogatoria, sarebbe stata applicabile la norma speciale prevista dal richiamato art. 429 c.p.c., e, quindi, anche quelli risarcitori;

5. in via conclusiva merita accoglimento il solo secondo motivo ed in relazione al motivo accolto la sentenza deve essere cassata;

5.1. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna della Regione Molise a corrispondere sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno la maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria;

6. quanto al regolamento delle spese ritiene il Collegio che per i gradi del giudizio di merito la condanna debba essere contenuta nei limiti già fissati dalla Corte territoriale, che ha compensato parzialmente le spese, ponendo a carico della Regione solo la quota pari a due terzi;

6.1. per il giudizio di legittimità la fondatezza del solo motivo di ricorso inerente il divieto di cumulo giustifica, anche in ragione del valore delle questioni ancora controverse, la pronuncia di compensazione limitatamente ad un quarto sicché la Regione deve essere condannata al pagamento del residuo, liquidato come da dispositivo;

14. non ricorrono i presupposti processuali richiesti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito condanna la regione Molise a corrispondere a S.S. sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno la maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria. Condanna la Regione Molise al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito in misura eguale a quanto già liquidato dalla sentenza impugnata. Compensa le spese del giudizio di legittimità limitatamente ad un quarto e condanna la ricorrente al pagamento della quota residua, liquidata in Euro 150,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali del 15% ed agli accessori di legge, da distrarre in favore dell’Avv. Vincenzo Iacovino.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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