LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5412-2021 proposto da:
O.I., elettivamente domiciliato in ROMA, V. MENGHINI MARIO 21, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE PORFILIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA COSTAGLIOLA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, PROCURATORE GENERALE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI SALERNO;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO n. R.G. 10374/2018, depositato l’11/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Vella Paola.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, O.I., nato a Lagos (Nigeria, Lagos State) il *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Salerno il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, o in subordine di protezione umanitaria, fondata sulla allegata necessità di fuggire dal proprio Paese per il timore di essere costretto ad unirsi alla setta degli Ogboni, di cui faceva parte il padre prima di morire improvvisamente in un incidente.
1.1. Il tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocate, muovendo dalla non credibilità della vicenda narrata, in quanto contraddittoria in merito ad alcuni elementi rilevanti (il ricorrente aveva inizialmente affermato di aver solo avuto degli incubi in cui veniva minacciato dai membri della setta, salvo poi riferire che la sorella aveva ricevuto delle minacce telefoniche) e ritenuta in più parti non plausibile (il ricorrente aveva mostrato di non disporre di informazioni sulla setta di cui faceva parte il padre, nonostante questi gli avesse preannunciato che al compimento dei diciannove anni egli sarebbe dovuto subentrare al suo posto; non aveva riferito alcuna violenza o intimidazione da parte della confraternita, né aveva espresso ai suoi membri alcun rifiuto di adesione). Quanto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), il tribunale, pur dando atto di una situazione di conflitto armato in alcune zone della Nigeria, ha escluso che nel Lagos State, zona di provenienza del ricorrente, sussistesse una situazione di violenza indiscriminata tale da determinare un rischio effettivo di danno grave. Non ha infine ravvisato profili di vulnerabilità del ricorrente né un livello di integrazione in Italia tali da giustificare, nel loro insieme, il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, escludendo comunque l’autonoma configurabilità di un diritto d’asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., comma 3.
1.2. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione, senza peraltro svolgere difese.
2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.
CONSIDERATO
che:
2.1. Il primo motivo, vertente sulla protezione sussidiaria e rubricato ” Violazione e/ o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3", censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha escluso l’idoneità della situazione individuale e delle circostanze personali del ricorrente a costituire un idoneo presupposto per il riconoscimento della protezione internazionale.
2.2. Con il secondo mezzo, vertente sulla protezione umanitaria e rubricato “Violazione e/ o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non aver il tribunale svolto alcun giudizio di comparazione tra la sua attuale condizione e la possibile compressione del nucleo dei suoi diritti fondamentali in caso di rimpatrio nel paese di origine.
3. Entrambi i motivi sono inammissibili perché veicolano censure del tutto generiche, senza confrontarsi con le puntuali rationes decidendi della decisione impugnata, avendo il tribunale ampiamente motivato sulla non credibilità del racconto, acquisito C.O.I. qualificate e aggiornate, dato atto dell’insussistenza di profili di vulnerabilità e dell’irrilevanza, di per sé, di un “eventuale inserimento” in Italia, in ordine al quale il ricorrente non allega alcunché.
3.1. Anche nel lamentare, con il secondo mezzo, la mancata effettuazione di una valutazione comparativa tra le condizioni di vita preesistenti a Lagos e quelle attuali in Italia, il ricorrente non allega alcunché, con conseguente difetto di autosufficienza del motivo.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
5. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez.0 23535/2019, 4315/2020).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022