LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4248-2021 proposto da:
D.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANIA SANTILLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cronol. 136/2021 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 07/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, il cittadino senegalese D.A., n. il ***** (Senegal), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Milano il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale (nelle forme dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria) e in subordine della protezione umanitaria, basata sull’allegazione di aver lasciato il Senegal nel 2016 a causa dei maltrattamenti subiti dallo zio paterno (presso cui era cresciuto in quanto orfano) il quale picchiava sia il ricorrente che i suoi due figli, ed aveva anche tentato di ucciderlo per ragioni di risentimento familiare.
1.1. Il Tribunale adito ha rigettato tutte le domande proposte, ritenendo insussistenti i presupposti della protezione internazionale (a fronte di timori soggettivi di natura privata e familiare) con ampia motivazione fondata su C.O.I. qualificate e aggiornate; ha altresì effettuato una valutazione comparativa tra le condizioni di vita del ricorrente in Italia (dove l’integrazione è limitata alla frequenza di brevi corsi professionali) e quelle nel Paese di origine (dove svolgeva l’attività di agricoltore e dove si trova la sua famiglia), rilevando l’assenza di profili di specifica vulnerabilità.
1.2. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno non ha svolto difese, limitandosi a depositare un “atto di costituzione” per l’eventuale partecipazione alla discussione orale.
2. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del 12 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
2.1 Con il primo motivo si censura la “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dei parametri normativi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2007, artt. 2,5,7 e 8, che definiscono gli atti persecutori e i soggetti individuabili come agenti della persecuzione nonché della norma di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2, in relazione agli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale; violazione della convenzione di Ginevra e delle Linee Guida dell’UNHCK nonché dei parametri normativi previsto per il riconoscimento dello status di rifugiato in ragione della appartenenza a un determinato gruppo sociale e del D.Lgs. 25 del 2008, art. 27, artt. 2 e 3 CEDU”.
2.2. Il secondo mezzo denunzia “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), e art. 14, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente escluso che nel paese di origine vi sia una situazione di instabilità tale da comportare minaccia grave alla vita e alla persona del richiedente”.
2.3. Il terzo lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 2; dell’art. 10 Cost., comma 3; del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16,17, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10,32, nonché “motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità”.
3. Va preliminarmente rilevato che la procura speciale allegata al ricorso reca un’autentica del difensore inequivocabilmente riferita alla sola sottoscrizione del conferente, mentre manca la certificazione della data prescritta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, a norma del quale “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.
3.1. Secondo le Sezioni Unite, tale requisito di posteriorità alla comunicazione del provvedimento impugnato contiene un elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., poiché sancisce una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso” nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Di conseguenza, la procura deve contenere in modo esplicito non solo l’indicazione della data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato, ma anche la certificazione della stessa data, che il difensore può effettuare anche in uno all’autenticità della firma del conferente la sottoscrizione, purché l’autentica risulti chiaramente riferibile sia alla data che alla firma. Siffatta interpretazione della portata precettiva del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, è stata ritenuta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale e della Convenzione Edu (Cass. Sez. U., n. 15177/2021).
4. Peraltro, la delibazione dei motivi del ricorso esclude anche la necessità di attendere il deposito della decisione della Consulta, stanti i profili di inammissibilità che li inficiano, trattandosi di censure meritali e spesso generiche, che non si confrontano con la ratio decidendi (specie il primo sul difetto di credibilità ed il secondo sulle C.O.I acquisite dal tribunale, aggiornate al 2020) e che veicolano anche fatti nuovi, sopravvenuti alla decisione impugnata (come il rapporto di lavoro allegato nel terzo motivo), sicché il ricorso risulterebbe comunque inammissibile in quanto, sotto l’apparente deduzione dei vizi di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mira in realtà ad una nuova valutazione dei fatti storici e delle risultanze istruttorie (Cass. Sez. U, n. 34476/2019).
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in mancanza di difese del Ministero intimato.
6. Sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, n. 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022