Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.3839 del 07/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8419-2021 proposto da:

K.M.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO CIAFARDINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SIRACUSA, PROCURA DELLA REPUBBLICA DI CALTANISSETTA;

– intimati –

avverso il decreto n. 122/2020 RGAC del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il 18/02/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.

RILEVATO

che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, K.M.I., nato a ***** (Pakistan) il *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Caltanissetta il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale (nelle forme dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria) e in subordine di protezione umanitaria, per aver dovuto lasciare il Pakistan a causa di una faida familiare intercorsa con i familiari della sua ragazza, contrari alla loro unione.

1.1. Il tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocate, rilevando in particolare che la vicenda narrata dal ricorrente risultava non credibile, in quanto inverosimile su una molteplicità di elementi e gravemente contraddittoria rispetto a quanto raccontato dal ricorrente innanzi alla Commissione territoriale, con riguardo a circostanze fondamentali della vicenda, come ad esempio l’uccisione o meno della fidanzata da parte della famiglia di lei. In merito alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il tribunale ha escluso, sulla base delle C.O.I. acquisite d’ufficio, che nel Pakistan sussistesse una situazione di violenza indiscriminata tale da determinare un rischio effettivo di danno grave.

Infine, ha escluso che il ricorrente presentasse profili di vulnerabilità o di integrazione tali da giustificare, nel loro insieme, il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.2. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione, senza peraltro svolgere difese.

2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

2.1. Il primo motivo – rubricato “Nullità del decreto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione carente, contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni inidonee, contraddittorie ed illogiche per giustificare il rigetto del gravame” – censura la decisione impugnata per aver il tribunale fornito una motivazione inidonea, contraddittoria e illogica in merito al rigetto dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), essendosi limitato a motivare il rigetto sulla base di mere assunzioni.

2.2. Con il secondo mezzo – rubricato ” Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata così come meglio definita nella sentenza della Corte di Giustizia proc. n. C-465-07" – si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non aver il tribunale riconosciuto, sulla base dell’attuale situazione in Pakistan, la sussistenza di una minaccia grave alla vita del singolo derivante da una situazione di violenza indiscriminata, così come meglio definita nella sentenza della Corte di Giustizia 17 febbraio 2009, Elgafaii).

2.3. Il terzo motivo – rubricato “Violazione del D.Lg. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1, per non aver riconosciuto la sussistenza dei motivi per la concessione della protezione speciale – Vizio del decreto impugnato in parte qua ex art. 134 c.p.c., n. 2, per motivazione contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione” denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1, – per non aver il tribunale ravvisato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale – nonché dell’art. 134 c.p.c., n. 2, per aver fornito sul punto una motivazione contraddittoria e/o apparente, dalla quale non sarebbe evincibile il fondamento della decisione.

3. I motivi non meritano accoglimento.

3.1. Il primo, in particolare, è infondato, avendo il tribunale operato una valutazione della credibilità della vicenda narrata dal ricorrente in modo conforme ai criteri legali stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorquando la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende, tuttavia, percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U, n. 8053/2014). Nel caso di specie, il tribunale ha compiutamente evidenziato le contraddizioni emerse tra la versione fornita dal ricorrente in fase amministrativa e in fase giudiziale (avendo il ricorrente dapprima sostenuto la morte della fidanzata e successivamente cambiato versione, avendo inizialmente sostenuto l’amputazione di un dito, poi negata) e giustificato le proprie osservazioni circa l’inverosimiglianza di vari elementi della vicenda.

3.2. Il secondo motivo è inammissibile poiché impinge nel merito, risolvendosi in una diversa ricostruzione della situazione generale in Pakistan che, secondo il ricorrente, integrerebbe una situazione di violenza generalizzata. Questi, d’altro canto, menziona in modo generico fonti relative alla situazione generale dei diritti umani che, oltre ad essere prive dell’anno di riferimento, non risultano decisive ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), (cfr. Cass. n. 26728/2019).

3.2.1. Deve quindi riaffermarsi il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una nuova valutazione dei fatti storici o delle risultanze probatorie rispetto a quella operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, n. 34476/2019).

3.3. Il terzo motivo di ricorso è invece inammissibile perché non si confronta con la valutazione di non credibilità esplicitata dal tribunale, laddove fa discendere la pretesa vulnerabilità del ricorrente dalle minacce e violenze subite nel corso degli eventi narrati, ritenuti per l’appunto non credibili dal giudice di merito. Nello sviluppare il motivo, inoltre, il ricorrente procede ad un generico richiamo della normativa applicabile per poi sostenere che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, egli godrebbe di uno stabile percorso di vita in Italia, sollecitando in tal modo una diversa valutazione nel merito.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

5. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U n. 23535/2019, n. 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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