Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.3912 del 08/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5936-2019 proposto da:

RUPEL SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SFORZA PALLAVICINI, 18, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO CARMINE RAO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO CUCINOTTA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2944/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata l’11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/01/2022 dal Cons. Relatore MARCELLO MARIA FRACANZANI.

RILEVATO

che la contribuente società RUPEL srl ricorre per cassazione avverso la sentenza della CTR per la Sicilia – Messina che, in riforma della pronuncia della CTP di Messina, confermava gli atti impositivi adottati dall’Ufficio, ritenendo validamente applicata la proroga di due anni per l’attività di accertamento in forza della L. n. 289 del 2002, art. 10, e congruamente motivati gli atti di accertamento;

che l’Agenzia delle entrate ha spiegato tempestivo controricorso.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad unico motivo di doglianza;

che con l’unico motivo si prospetta nullità del procedimento per mancata statuizione sulla motivazione degli atti impositivi e del relativo potere;

che, con riguardo all’unico motivo, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi (Cass., n. 28072 del 2021). In tema di condono fiscale, la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli uffici finanziari dalla L. n. 289 del 2002, art. 10, opera, “in assenza di deroghe contenute nella legge”, sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perché raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge (Cass., n. 17395 del 2010; Cass., n. 33775 del 2019). In tema di avviso di accertamento, la motivazione “per relationem” con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass., n. 32957 del 2018). Nella specie, la CTR ha correttamente ritenuto che l’amministrazione finanziaria si fosse avvalsa della proroga biennale del termine di accertamento e che gli atti impositivi fossero motivati con il richiamo al pvc della G.d.F., per cui non vi è stata alcuna omissione di pronunzia sulle eccezioni opposte in proposito dalla contribuente;

che, pertanto, il motivo è infondato ed il ricorso dev’essere rigettato; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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