Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.3931 del 08/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.M., cittadino senegalese nato il *****, elettivamente domiciliato in Avellino, via Salvatore Pescatori n. 60, presso lo studio dell’avv. Luigi Natale (p.e.c.

luigi.natale.avvocatiavellinopec.it) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli, emesso in data 14 novembre 2020, R.G. n. 25899/2018;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons.

Nazzicone Loredana.

RILEVATO

che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, S.M., nato il ***** in Senegal ha adito il Tribunale di Napoli, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria.

Il Tribunale, sulla base delle dichiarazioni rese dal ricorrente dinnanzi alla Commissione territoriale, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione S.M. svolgendo 2 motivi.

L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di Consiglio non partecipata, ritenuti i presupposti ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

RITENUTO

che:

1. – I motivi sono così rubricati: “1. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a, e art. 14 e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 3), motivazione apparente e perplessa; 2. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. A, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 3) Motivazione apparente e perplessa (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

In particolare, con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale, per non aver acquisito le necessarie informazioni sulla situazione socio-politica del paese e della regione di provenienza del ricorrente (Casamance).

Con il secondo motivo il ricorrente si duole della motivazione resa dal Tribunale, che non avrebbe correttamente valutato la situazione oggettiva (in particolare legata alla zona del Casamance) e soggettiva del ricorrente in relazione alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente espose di essere fuggito dal proprio paese per paura di essere ucciso dai ribelli del Casamance, come era accaduto al padre.

Il Tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile, essendo il racconto contraddittorio ed inverosimile su elementi centrali.

Inoltre, il Tribunale ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Senegal sulla base delle COI ampie ed aggiornate disponibili.

Infine, dato atto che la disciplina applicabile ratione temporis al caso di specie è quella introdotta dal D.L. n. 130 del 2020, il Tribunale ha ritenuto che “nel caso di specie, non vi sono specificità che permettano di ricollegare la persona del richiedente alle svariate ed eterogenee problematiche affligenti il paese…”; ed ha accertato che il ricorrente non presenta né problemi di salute, né ha raggiunto un livello di integrazione sufficiente, stante la produzione in giudizio di un unico contratto, già scaduto, della durata di tre mesi.

3. – Il ricorso è inammissibile.

4. – Anzitutto, radicalmente la corte del merito ha ritenuto il ricorrente non credibile, sulla base di ampie e circostanziate argomentazioni: al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 231 del 2007 ex art. 3, comma 3, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiaraoni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 3, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni su sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340).

In particolare, il decreto impugnato è pienamente conforme ai principi espressi da questa Corte (da ultimo, Cass. 24 febbraio 2021, n. 5043), laddove, da un lato, rispetta i canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, e dall’altro lato, espone, all’esito di un esame completo dei fatti di rilievo, una motivazione congrua, effettiva e chiara sul punto, tanto da sottrarsi ad ogni critica, vuoi di violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vuoi di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Fermo restando che, in ogni caso, non è deducibile in sede di legittimità la eventuale mera insufficienza di motivazione o la prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (e multis, Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340, cit.).

5. – Per il resto, il giudice del merito ha ampiamente esaminato e citato le fonti a sostegno della decisione, né sussiste dunque alcuna motivazione apparente, al contrario esponendo il decreto argomenti diffusi e precisi.

Quanto alla protezione umanitaria, il Tribunale ha fatto corretta applicazione delle norme che la regolano, stigmatizzando la mancata allegazione e prova di circostanze concrete idonee a fondarla.

Ne’ il ricorso è specifico nella contestazione delle valutazioni del provvedimento impugnato circa la condizione del richiedente ed il suo difetto di integrazione lavorativa, senza tuttavia che il medesimo fornisca, al di là di generici richiami normativi, indicazioni specifiche che evidenzino una situazione particolare di vulnerabilità.

6. – In definitiva, il giudice del merito ha ritenuto il richiedente non credibile ed ha comunque proceduto ad approfondire la situazione del paese di origine sulla base di documentazione aggiornata, escludendo ogni pericolo per il medesimo, nonché ogni situazione di vulnerabilità anche astrattamente riconducibile nella fattispecie normativa.

Pertanto, da un lato il provvedimento impugnato ha compiutamente esaminato la situazione fattuale, dall’altro il ricorrente non fa che riproporre unicamente un giudizio sul fatto, onde il ricorso si palesa inammissibile, in quanto si chiede di ripetere attività preclusa in virtù della funzione di legittimità.

7. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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