Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4027 del 08/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33596-2019 proposto da:

SIENA NPL 2018 SRL, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BOSIO 2 INT 3, presso lo studio dell’avvocato LUCONI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NIDIACI TOMMASO, CORSANI CARLOTTA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ ***** SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. cronol. 2056/2019 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 01/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/12/2021 dal Presidente Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO

Che:

Numero di raccolta generale 4027/2022 1. – Siena NPL 2018 S.r.l., e per essa Juliet S.p.A., in veste di cessionaria del credito da MPS Capital Service Banca per le Imprese S.p.A., ricorre per tre mezzi, nei confronti del Fallimento ***** S.r.l. in liquidazione, contro il decreto del 1 ottobre 2019 con cui il Tribunale di Firenze ha dichiarato inammissibile l’impugnazione per revocazione di un proprio precedente decreto, reso in sede di opposizione, proposta dalla banca, allo stato passivo fallimentare.

2. – Il Tribunale ha così motivato: “In particolare la MPS in sede di opposizione ha contestato la quantificazione della parte di credito relativa al compenso per risoluzione contrattuale, deducendo: che, con atto aggiuntivo del 28.01.2010, era stata concordata una proroga della durata del mutuo da cui discendeva il diritto al compenso per risoluzione contrattuale di ulteriori otto anni; che, pertanto, fra il primo inadempimento contrattuale, che aveva portato alla risoluzione, e la scadenza del contratto, sarebbe decorso un termine di 19 anni anziché di 11 come indicato dal Tribunale in sede di redazione dello stato passivo. Il Tribunale… ha respinto la doglianza dell’opponente deducendo l’assenza di data certa sulla pattuizione aggiuntiva al contratto di finanziamento ed ha confermato la determinazione del credito effettuata dal G.D. Con atto di citazione MPS ha chiesto la revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4 del provvedimento … stante l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Tribunale in sede di esame del patto aggiuntivo al contratto di finanziamento, ritenendo non sussistente la data certa dell’atto per non essersi avveduto del fatto, che, nella pagina numerata come doc. 6 del fascicolo di parte opponente “era presente il chiaro segno di un punto di spillatrice, in alto a destra, da cui era agevole desumere che nell’originale dell’atto aggiuntivo detta pagina costituisse il retro di un fronte-retro di una pagina dell’atto, di cui era, pertanto, parte.integrante”…. mezzo di gravame della revocazione ordinaria rappresenta uno strumento di impugnazione di carattere eccezionale, tassativamente limitato ai motivi previsti dall’art. 395 c.p.c. … Nel caso oggetto del presente procedimento, la pattuizione aggiuntiva al contratto di mutuo, con il quale si prevedeva una proroga del rapporto contrattuale di ulteriori otto annualità, non riportava alcun richiamo diretto all’originario contratto a cui, secondo la prospettatione ricorrente, del ricorrente, avrebbe dovuto essere collegato da un pulito di.spillatrice. Ne consegue, quindi, che la ricostruzione attorea secondo cui il giudice avrebbe dovuto desumere l’esistenza di un collegamento fra l’atto aggiuntivo ed il contratto recante data certa dall’esistenza sul predetto foglio di un segno di precedente spillatura, non solo presuppone una attività cognitiva e valutativa del giudice che escluderebbe, in ogni caso, la sussistenza del requisito essenziale dell’errore di fatto così come prospettato dalla richiamata giurisprudenza, ma in concreto ha formato oggetto di decisione. Laddove, infatti, il giudice ha asserito che il documento mancasse di data certa ha assunto una specifica posizione sul punto alla luce delle risultante documentali presenti in atti, reputando irrilevante il segno di punzonatura riscontrabile sull’atto. Ne consegue, pertanto, che lo strumento impugnatorio corretto per contrastare la decisione adottata era il ricorso per Cassazione ex art. 360 c.p.c., anziché di mezzo di impugnazione della revocazione del provvedimento ex art. 395 c.p.c., n. 4”.

3. – Il Fallimento non spiega difese.

CONSIDERATO

Che:

4. – Il primo mezzo denuncia illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 51 c.p.c., lamentando che due dei tre componenti del collegio che aveva pronunciato in sede di revocazione avevano concorso all’adozione del decreto in quella sede impugnato, reso sull’opposizione allo stato passivo della banca.

Il secondo mezzo denuncia illegittimità del provvedimento impugnato ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo della controversia, ovvero per omesso esame dell’originale dell’atto del 28 gennaio 2010 aggiuntivo al mutuo fondiario concesso in data 28 giugno 2001, originale dal quale si sarebbe potuto desumere il grossolano errore commesso dal Tribunale nell’escludere che detto atto aggiuntivo avesse data certa.

Detto motivo è svolto nei termini che seguono: “In aggiunta a ciò, il Tribunale ha omesso totalmente di esaminare un fatto decisivo della controversia, costituito dall’originale dell’atto del 28.01.2010 aggiuntivo al mutuo fondiario concessa in data 28.06.2001 con atto ai rogiti del Notaio G.G. Rep. n. 79101, Racc. n. 19149, in atti. Le copie di detto atto, nonché del mutuo fondiario di cui sopra sono state depositate telematicamente nel procedimento di opposizione alla stato passivo ed anche nel procedimento per revocazione (e costituiscono rispettivamente i docc. 4 e 6 del fascicolo di parte opponente nel procedimento per opposizione allo stato passivo n. 1 5005 / 2016 r.g., allegato come doc. 2 al fascicolo del procedimento per revocazione n. 4665 / 2018 r.g. In questa sede, in aggiunta al fascicolo d’ufficio di cui si chiede la trasmissione, si deposita l’intero fascicolo di parte del procedimento per revocazione n. 4665 / 2018 r.g., contenente anche il fascicolo di parte del procedimento per opposizione allo stato passivo n. 15005 / 2016 r.g.). L’originale di detto atto è stato depositato ed è agli atti del fascicolo d’ufficio n. 4665 / 2018 r.g.. Risulta dal provvedimento impugnato che il Tribunale non ha minimamente esaminato l’originale depositato, limitando la propria motivazione alla copia telematica dello stesso. Se, invece, avesse esaminato l’originale depositato, avrebbe immediatamente rilevato la sussistenza del grossolano errore di fatto in cui era incorso il Tribunale nella redazione dello stato passivo. Si tratta senza ombra di dubbio di un documento decisivo per la controversia ed il suo mancato esame non può che risolversi in una illegittimità dell’intera pronuncia. Ciò si desume chiaramente dal testo della pronuncia impugnata, dove viene fatto continuo riferimento al “segno della spillatura” sulla copia dei documento, senza alcune riferimento al documento in originale”.

Il terzo mezzo denuncia illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione di legge ed in particolar modo dell’art. 395 c.p.c., evidente essendo che il Tribunale, in sede di pronuncia sull’opposizione allo stato passivo, nell’esaminare l’atto aggiuntivo di cui si è detto era incorso in un errore di fatto, ritenendo non sussistente la data certa dell’atto, quando invece si desumeva ictu oculi che nell’originale dell’atto aggiuntivo detta pagina costituisce il retro di un fronte-retro, di cui era pertanto parte integrante.

RITENUTO CHE 5. Il ricorso è manifestamente infondato.

5.1. – E’ manifestamente infondato il primo mezzo.

E’ difatti cosa nota che l’incompatibilità del giudice, che ebbe a pronunciare la sentenza oggetto della domanda di revocazione, a far parte del collegio chiamato a decidere su di essa non determina nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto tale incompatibilità può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione del medesimo giudice, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c. (Cass. 5 luglio 2013, n. 16861).

5.2. – Il secondo mezzo è inammissibile, giacché non coglie la ratio decidendi. Con esso la ricorrente sostiene che, ove il giudice avesse compulsato l’originale del documento, si sarebbe immediatamente reso conto che si trattava di un fronte-retro, sicché non aveva senso l’affermazione secondo cui l’atto aggiuntivo, sul retro, non avesse data certa: argomento, questo, certo plausibile, ma che in nulla sfiora la motivazione addotta dal Tribunale in sede di revocazione, giacché il decreto impugnato ha:

-) per un verso sostenuto che l’impugnazione era motivata dal fatto che il giudice, nel pronunciare sull’opposizione allo stato passivo, non si sarebbe avveduto “del fatto, che, nella pagina numerata come doc. 6 del fascicolo di parte opponente “era presente il chiaro segno di un punto di spillatrice, in alto a destra, da cui era agevole desumere che nell’originale dell’atto aggiuntivo detta pagina costituisse il retro di un fronte-retro di una pagina dell’atto, di cui era, pertanto, parte integrante””, e,

-) per altro verso obiettato che la mancata considerazione del segno lasciato dalla spillatrice avesse natura non di errore di percezione, denunciabile mediante la revocazione, bensì di errore di giudizio, eventualmente denunciabile col ricorso per cassazione.

Ed ovviamente questa motivazione non è in alcun modo intaccata dal motivo in esame, puntato sull’omesso scrutinio dell’originale dell’atto, e come tale collocato fuori centro rispetto al ragionamento svolto dal giudice di merito nel ricondurre l’ipotetico errore del Tribunale alla categoria dell’errore di giudizio e non dell’errore di fatto revocatorio.

Insomma, l’ipotetico tema del contendere, a fronte del decreto pronunciato in sede di revocazione non era se il decreto reso sull’opposizione allo stato passivo contenesse o non contenesse un abbaglio, in ordine alla presenza sull’atto della data certa, ma se detto secondo decreto, pronunciato sulla revocazione, avesse bene o male governato la nozione di errore revocatorio, il quale, ha in buona sostanza rammentato il Tribunale, deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive e, meno che mai, della ricognizione dell’attività ermeneutica svolta (Cass., Sez. Un., 10 agosto 2000, n. 561; Cass. 1 marzo 2005, n. 4295; Cass. 18 settembre 2008, n. 23856; Cass., Sez. Un., 7 marzo 2016, n. 4413), sicché detto errore non può perciò mai consistere in un’inesatta valutazione delle risultanze processuali, giacché la valutazione implica di per sé una ponderazione tra più possibili letture, e dunque esclude in radice la configurabilità dell’errore in discorso.

5.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

Con esso si ripropone l’assunto secondo cui il Tribunale, nel primo decreto, quello pronunciato sull’opposizione allo stato passivo, avesse preso un abbaglio, reputando mancante di data certa un documento che invece sicuramente l’aveva.

Ma il ricorso per cassazione proposto in questa sede contro il decreto reso sull’impugnazione per revocazione non può, ovviamente, rimettere in discussione l’errore ipoteticamente commesso non con detto decreto, ma con il precedente, che ha pronunciato sull’opposizione allo stato passivo.

6. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara che sussistono i presupp osti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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