LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25948-2020 proposto da:
C.M.C., V.A., L.V., CH.FI., domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato RAFFAELE FERRARA;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO TRIOLO, MAURO SFERRAZZA, VINCENZO STUMPO, MARIA PASSARELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 497/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
che:
1. con sentenza 12 febbraio 2020, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello di Ch.Fi., V.A., C.M.C., L.V. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto le domande di condanna del Fondo di Garanzia presso l’Inps di pagamento degli importi loro spettanti a titolo di ultime mensilità (da maggio a luglio 2005), ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, del rapporto di lavoro alle dipendenze di Confezioni Valven Moda s.r.l., cessato il ***** (con cancellazione della società dal registro delle imprese il *****);
2. come già il Tribunale, essa escludeva la copertura della garanzia, in conseguenza del decorso del termine di dodici mesi precedenti, non già dal tentativo di conciliazione obbligatorio infraannuale (di natura stragiudiziale, non definibile atto di iniziativa giudiziaria), ma dal ricorso giudiziario proposto solo dopo il luglio 2006;
3. con atto notificato il 6 ottobre 2020, le lavoratrici ricorrevano per cassazione con unico motivo, cui resisteva l’Inps con controricorso;
4. entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. deve preliminarmente essere disattesa la richiesta, formulata con la memoria finale, delle lavoratrici appellanti di rimessione della causa alla pubblica udienza, non sussistendone i presupposti di rilievo nomofilattico, a fronte del consolidato indirizzo di questa Corte sulla questione;
2. le ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2,artt. 410,412-bis c.p.c., per la decorrenza del termine di dodici mesi, anteriori all’iniziativa giudiziaria volta alla realizzazione del diritto di credito relativo alle ultime tre mensilità (da maggio a luglio 2005) del rapporto delle lavoratrici alle dipendenze della società datrice (cessato il *****), dal tentativo di conciliazione dell’8 settembre 2005, ratione temporis obbligatorio e condizione di procedibilità, ai sensi degli artt. 410 e 412-bis c.p.c., dell’azione giudiziale poi introdotta con ricorso depositato il 28 settembre 2006 (unico motivo);
3. esso è infondato;
4. è noto che, in caso di insolvenza del datore di lavoro, ai fini dell’obbligo di pagamento delle ultime tre mensilità di retribuzione, da parte del Fondo di Garanzia gestito dall’INPS di cui alla L. n. 297 del 1982, l’iniziativa del lavoratore, da cui computare a ritroso il segmento temporale annuale entro il quale collocare gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, a norma del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 1, assume rilievo solo se intrapresa nell’ambito della verifica dei crediti disposta nel corso dell’accertamento dello stato passivo fallimentare ovvero attraverso la sua consacrazione in un titolo utilmente eseguibile nei confronti del datore di lavoro: comunque rilevando qualsiasi iniziativa del lavoratore volta a far valere in giudizio il diritto alle retribuzioni, ma non la richiesta del tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 410 c.p.c., presso la Direzione provinciale del lavoro (Cass. 29 luglio 2020, n. 16249, di annullamento, in applicazione del suddetto principio, della sentenza di merito che aveva ritenuto idoneo, ai fini del computo a ritroso degli ultimi dodici mesi anteriori alla procedura concorsuale, anche un tale tentativo);
5. il tentativo di conciliazione, ancorché obbligatorio ai sensi dell’art. 410 c.p.c., (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla sostituzione dalla L. n. 183 del 2010, art. 31, comma 1), ha natura stragiudiziale e non giudiziale, posto che nel suo arco temporale di durata il processo non è pendente, costituendo ancora ipotesi solo eventuale; né potendo la mera richiesta di tentativo di conciliazione essere equiparata ad una domanda giudiziale, se non a limitati effetti interruttivi (Cass. 18 ottobre 2011, n. 21483), non pertinenti al caso di specie;
6. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge; nulla spese nei confronti dell’Inps.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022