LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6398-2021 proposto da:
E.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO PAOLONE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, cronol. n. 0250/2021, depositato il 18/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, E.J., nato a ***** (Nigeria, Edo State) il *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Napoli il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale (nelle forme dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria) e in subordine di protezione umanitaria, allegando di essere fuggito dal proprio Paese insieme alla compagna, incinta di suo figlio, per evitare che questa fosse incarcerata dopo che era stata scoperta in atteggiamenti intimi con una sua amica ed allegando il timore, in caso di rimpatrio, di essere ucciso dalla famiglia della compagna, la quale era deceduta in Libia a seguito di violenza da parte di alcuni uomini.
1.1. Il tribunale adito non ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento delle varie forme di protezione invocate, ritenendo che la vicenda narrata dal ricorrente fosse non credibile, in quanto estremamente lacunosa, generica e poco circostanziata; in ogni caso, anche a volerla ritenere credibile, il ricorrente non avrebbe riferito episodi di violenza o minacce da parte dei familiari della ragazza, per i quali avrebbe peraltro potuto rivolgersi alla polizia per ricevere protezione; ha inoltre escluso la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata in Nigeria, ed in particolare nella zona dell’Edo State, sulla base delle C.O.I. consultate; infine, dato atto dell’applicabilità ratione temporis della disciplina di cui al D.L. n. 130 del 2020, ha osservato che “in mancanza di elementi di prova di una integrazione socio-lavorativa in Italia, nel bilanciamento tra la vita privata e familiare del richiedente in Italia e quella che egli ha vissuto prima della partenza e alla quale si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio… il rimpatrio nel paese di origine non comporterebbe uno sradicamento con compromissione dei diritti fondamentali”, giudicando altresì irrilevanti “le nuove allegazioni delle condizioni di salute del ricorrente, che il ricorrente potrà far valere nelle opportune sedi in via amministrativa”.
1.2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione, corredato da memoria. Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese.
2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio non partecipata del 16 dicembre 2021.
CONSIDERATO
che:
2.1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, – protezione di carattere umanitario modificato dal D.L. n. 130 del 2020”, si censura la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, come modificato dal D.L. n. 130 del 2020, per aver il Tribunale escluso la sussistenza di ragioni di salute tali da configurare una vulnerabilità ai fini del riconoscimento del diritto sancito in tale articolo, nonostante le condizioni di salute del ricorrente (affetto da tumore benigno al fegato) fossero state allegate tanto dinnanzi alla Commissione Territoriale, quanto in sede di ricorso.
2.2. Con il secondo mezzo, rubricato “Vizi di motivazione -contraddittorietà e illogicità – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, si censurano due distinti profili: i) l’omesso esame dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), per aver il tribunale violato il dovere di cooperazione istruttoria, omettendo di effettuare le dovute ricerche in relazione alla mancata protezione delle autorità statali, al sistema carcerario e alla corruzione delle forze di polizia, nonché agli episodi di vendetta privata, escludendo, di conseguenza, che il ricorrente potrebbe subire trattamenti inumani e degradanti in caso di rientro nel paese di origine; ii) l’illogicità della motivazione resa dal tribunale nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale senza valutare se lo sradicamento dal territorio italiano possa costituire motivo di pregiudizio per il diritto alla salute del ricorrente.
3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente e meritano accoglimento limitatamente al profilo della protezione umanitaria, nei termini di seguito indicati.
3.1. Va invero rilevata l’inammissibilità delle censure rivolte contro il diniego di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), non essendo stato censurato il giudizio di non credibilità adeguatamente formulato dal tribunale, con conseguente esclusione dell’obbligo di cooperazione istruttoria sul punto (Cass. n. 10286/2020, n. 16122/2020, n. 19725/2020).
3.2. Al contrario, questa Corte ha più volte affermato che il giudizio di inattendibilità espresso ai fini della protezione internazionale non preclude ex se la valutazione della protezione umanitaria (ex multis, Cass. n. 2960/2020, n. 8020/2020, n. 7985/2020, n. 10922/2019), potendo influire su quest’ultima solo ove le circostanze ritenute non credibili esauriscano il quadro fattuale sulla cui base deve effettuarsi il riscontro di una situazione di vulnerabilità individuale (Cass. n. 1040/2020, n. 23778/2019), poiché la natura residuale e atipica di tale forma di protezione comporta che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione internazionale (Cass. n. 21123/2019, n. 7622/2020).
3.3. Orbene, a pag. 16 e 25 del ricorso risulta debitamente indicata la specifica documentazione medica allegata già dinanzi alla Commissione territoriale e poi in sede giudiziale, in contrasto con l’affermazione del tribunale che il ricorrente non avrebbe “dichiarato di essere affetto da una patologia di rilievo, è di età adulta e non appare possedere profili di vulnerabilità” (pag. 9 decreto impugnato), peraltro contraddittoria rispetto alla successiva affermazione per cui non assumerebbero “alcuna rilevanza ai fini della domanda di protezione internazionale le nuove allegazioni delle condizioni di salute del ricorrente” (laddove l’aggettivo “nuovo” sembra forse riferirsi al fatto che il ricorrente abbia contratto il Covid-19, come dimostrato dalla documentazione allegata alla nota telematica di trattazione scritta del 26 novembre 2020 relativa al giudizio di primo grado).
3.4. Manca comunque da parte del tribunale una qualsivoglia valutazione della patologia del ricorrente, sebbene la stessa fosse stata allegata fin dall’inizio del procedimento di protezione internazionale ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria; in particolare manca una valutazione sul rischio di compromissione della salute del ricorrente, connesso al rimpatrio, qualora nel paese di origine non fossero praticabili le cure di cui beneficia in Italia.
3.5. Il provvedimento impugnato merita quindi di essere cassato con rinvio per una nuova valutazione ai fini della protezione speciale introdotta dal D.L. 22 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, che riconosce in particolare una protezione per ragioni di salute agli stranieri che versano in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie (accertate sulla base di certificazioni provenienti da strutture sanitarie pubbliche o da un medico convenzionato con il S.S.N. e tali da determinare, in caso di rimpatrio, un rilevante pregiudizio alla salute) ovvero nel caso in cui sia documentata la necessità di cure mediche.
3.6. A tal fine potrà tenersi conto anche dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte che, con riferimento alla normativa sulla protezione umanitaria anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ha precisato che “occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia. Tale valutazione comparativa dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese d’origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia. Per contro, quando si accerti che tale livello sia stato raggiunto, se il ritorno in Paesi d’origine rende probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare, sì da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 Convenzione EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno” (Sez. U, n. 24413/2021).
4. Il decreto impugnato va quindi cassato con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022