LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32355-2020 proposto da:
GIELLE DI L.G., in persona dell’omonimo titolare L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANICIA N. 6, presso lo studio dell’avvocato ENRICA BASTONI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO VITO DELUCIA;
– ricorrente –
contro
R.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO PUCCI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA STRAMACCIA, LORENZO CALVANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 340/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 28/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
che:
1. Con sentenza n. 340 depositata il 28.7.2020, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto l’appello proposto da R.D. nei confronti di Gielle di L.G. accertando l’applicazione, al rapporto di lavoro intercorso tra le parti, del CCNL Metalmeccanici Industria e, per l’effetto, il diritto all’inquadramento nella III categoria dal maggio 2010 al novembre 2015, con conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive rispetto all’inquadramento attribuito (V categoria CCNL Metalmeccanici Artigiano) e dell’elemento perequativo;
2. la Corte territoriale – ritenuti, da una parte, insussistenti i requisiti richiesti dalla normativa vigente per l’iscrizione, presso la Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura-CCIAA di Bari, nell’Albo delle imprese artigiane (essendo, pacificamente nonché ampiamente, superato il requisito dimensionale, pari a 163 addetti) e, dall’altra, prevista dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 6, ratione temporis applicabile), l’applicazione del CCNL relativo al “settore” di svolgimento dell’attività di servizio sugli impianti antincendio prestata presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi – ha individuato nel CCNL Metalmeccanici Industria (piuttosto che nel CCNL Metalmeccanici Artigiano) la disciplina economica-normativa da applicare al dipendente; valutata, inoltre, la tipologia delle mansioni disimpegnate dal lavoratore, ha proceduto alla individuazione del livello spettante, pari alla III categoria e alla liquidazione delle spettanze retributive differenziali rispetto all’inquadramento ricevuto;
3. avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione la impresa deducendo due motivi di censura; il lavoratore ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;
4. veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo la ricorrente deduce omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, documentalmente accertato quale l’iscrizione all’Albo Artigiani della CCIAA di Bari nonché violazione e falsa applicazione della L.R. Puglia n. 24 del 2013, art. 23, commi 4 e 5, degli artt. 112 e 345 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte territoriale, travisato la prova documentale concernente l’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane, la cui validità ed efficacia non era stata oggetto della domanda giudiziale, domanda circoscritta alla rilevanza – ai fini dell’individuazione del CCNL applicabile in azienda – dell’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane, con conseguente violazione del divieto di ultra o extra petizione; era, comunque, sufficiente l’iscrizione al suddetto Albo in data precedente (ossia sin dal 1996) all’entrata in vigore della L.R. n. 24 del 2013, posto che tale legge prevedeva, all’art. 23, che “la nuova disciplina non ha effetto sulle iscrizioni già effettuate”;
2. con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione “di norme di diritto e di contratti e accordi collettivi” (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo trascurato, la Corte territoriale, che il contratto di appalto non prevedeva l’applicazione di un CCNL specifico, tenuto conto dell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che riconosce – in materia di gare di appalto – la libertà di scelta del CCNL, con il limite che risulti coerente con l’oggetto dell’appalto a fronte dello svolgimento, da parte dell’impresa, di attività di riparazione, manutenzione e installazione di impianti antincendio, attività artigiana in quanto non in serie. Libertà di scelta garantita altresì dal circoscritto ambito di applicazione riconosciuto dalla giurisprudenza consolidata all’art. 2070 c.c.;
3. il primo motivo di ricorso è inammissibile per plurimi motivi;
4. il motivo è inammissibile perché la ricorrente richiama formalmente e promiscuamente le censure contenute nell’art. 360 c.p.c., comma 1, sia nel n. 3) che nel n. 5), ma, secondo questa Corte, tale modalità di formulazione risulta non rispettosa del canone della specificità del motivo allorquando – come nella specie – nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione, non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (v., in particolare, Cass. n. 7394 del 2010, Cass. n. 20355 del 2008, Cass. n. 9470 del 2008; v. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013);
5. in ordine all’archetipo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’interpretazione di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 27415 del 2018) ha chiarito come la disposizione, riformulata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per Cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
5.1. costituisce un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 5/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439). E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per sostenere il mancato esame di documenti, come, nel caso di specie, l’atto di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane. Risulta, inoltre, dalla motivazione della sentenza impugnata che la sussistenza del requisito dimensionale della ditta Gielle ai fini della qualificazione come impresa artigiana (derivante dall’iscrizione nel relativo Albo) aveva rappresentato uno degli elementi di fatto dedotti dai ricorrenti originari ai fini dell’invocata applicazione del CCNL Metalmeccanici Industria;
6. il ricorso e’, altresì, inammissibile, difettando la necessaria riferibilità delle censure alla motivazione della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale ha approfondito la valenza interpretativa della L.R. Puglia n. 24 del 2013, art. 23, chiarendo che – seppur l’iscrizione della impresa Gielle nell’Albo delle imprese artigiane risalisse al 1996 – le diverse leggi regionali succedutesi nel tempo (a partire dalla L.R. n. 2 del 1988) avevano sempre fissato i limiti dimensionali dell’impresa artigiana (massimo 22 addetti) rinviando alla legge quadro per l’artigianato (L. n. 443 del 1985) e avevano sempre previsto l’obbligo delle imprese che perdevano i requisiti di legge di chiedere la cancellazione dall’Albo; pertanto, la disciplina transitoria dettata dalla L. n. 24 del 2013, art. 23 (che consentiva alle imprese già iscritte di mantenere l’iscrizione nell’Albo) non aveva mai sottratto né sottraeva le imprese già iscritte dall’obbligo di comunicare (entro determinati termini) le modificazioni intervenute, nel tempo, nello stato di fatto e di diritto dell’azienda che impedivano la suddetta iscrizione (in specie, la carenza del requisito dimensionale, sempre richiesto dalle varie legge succedutesi nel tempo); il giudice poteva sempre verificare la sussistenza dei requisiti di legge necessari per la qualifica artigiana dell’impresa e disapplicare, in caso di insussistenza dei requisiti, l’atto di iscrizione ancorché non impugnato in sede amministrativa;
7. infine, va rilevato che l’esercizio del potere di disapplicazione di un atto amministrativo da parte del giudice ordinario deriva dalla previsione della L. n. 2248 del 1865, art. 5, la cui violazione non è stata denunciata dal ricorrente, e che la domanda proposta dal lavoratore -come si evince dalla parte in fatto riassunta nella sentenza impugnata concerneva l’applicazione del CCNL Metalmeccanici Industria, in forza del presupposto costitutivo relativo al superamento del requisito dimensionale per l’inquadramento della Gielle nelle imprese artigiane e dell’applicazione della normativa vigente in materia di appalto pubblico; il giudice di merito ha, pertanto, deciso questioni che hanno formato oggetto del giudizio, attribuendo un bene richiesto dal ricorrente originario, nel rispetto, pertanto, del divieto di ultra o extra petizione dettato dall’art. 112 c.p.c.;
8. il secondo motivo, pur volendo superare i gravi profili di inammissibilità del motivo per carenza di specificità in ordine alla norma che si ritiene violata, è manifestamente infondato;
8.1. questa Corte ha già affermato che, in materia di appalto pubblico di servizio, la disciplina va esattamente individuata nel D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 6, in base al quale, nel testo, ratione temporis applicabile, “L’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”. In coerenza con detta previsione, l’obbligo specificato nel bando altro non costituisce se non mera esplicazione di quello legale concernente l’applicazione, da parte dell’affidataria, della disciplina economica-normativa stabilita dal contratto collettivo nazionale in vigore per il “settore” cui sia riferibile la prestazione del servizio oggetto del contratto medesimo (Cass. n. 6143 del 2019);
8.2. ciò posto, la Corte territoriale, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, ha accertato il superamento del requisito dimensionale stabilito dalle norme vigenti, di fonte nazionale e regionale, per l’inquadramento come artigiana dell’impresa Gielle e la natura pubblica dell’appalto conferito, facendone conseguire coerentemente l’applicazione del CCNL di settore, ossia del CCNL Metalmeccanici Industria (piuttosto che CCNL Metalmeccanici Artigiani);
9. il ricorso va pertanto rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
10. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022