LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23364/2020 proposto da:
SOCIETA’ ACQUEDOTTI S.P. SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E. Q. VISCONTI 99, presso lo studio degli avvocati ERNESTO CONTE, MICHELE CONTE, e ILARIA CONTE, che la rappresentano e difendono, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
REGIONE SICILIA – ASSESSORATO REGIONALE DELL’ENERGIA E DEI SERVIZI DI PUBBLICA UTILITA’, IDROSUD SRL, COMUNE DI RIPOSTO, COMUNE DI GIARRE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 230/2019 del TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICHE di ROMA, depositata il 9/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO, nella persona del Procuratore Generale Aggiunto Dott. SALVATO Luigi, il quale chiede che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite voglia dichiarare il ricorso inammissibile;
Lette le memorie della ricorrente.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. La Idrosud s.r.l. e la Società Acquedotti Ing. S.P. S.p.A., con separati ricorsi, hanno impugnato il Decreto 23 maggio 2017, n. 666, della Regione Sicilia di rigetto delle istanze presentate dalle due società.
Idrosud s.r.l. aveva chiesto il rilascio della concessione per uso idroelettrico di derivazione delle acque dalla ***** in località ***** del comune di Piedimonte Etneo di l/sec 396,2 di acqua nel semestre non irriguo, e di l/se 62,6 nel semestre irriguo, mentre la Società Acquedotti Ing. S.P. S.p.A., proprietaria dell’opera di captazione, già titolare di concessione di grande derivazione, aveva presentato autonoma domanda di concessione per la derivazione a scopo idroelettrico delle acque delle gallerie emergenti.
Poste in comparazione le due domande R.D. n. 1775 del 1933, ex art. 9 e con l’opposizione del comune di Riposto, la Commissione regionale dei lavori pubblici dichiarava le domande non assentibili, in quanto quella di Idrosud s.r.l. era reputata incompatibile con la concessione in favore di Soc. Acquedotti P. per i comuni di Giarre e Riposto, mentre quella di Soc. Acquedotti Ing. S.P. era ritenuta inattuabile in ragione dell’inutilizzabilità dell’acquedotto di *****, non in esercizio.
Idrosud con motivi aggiunti lamentava anche le carenze istruttorie del procedimento, aggiungendo che era stato tenuto in considerazione il parere vincolante dell’Assessorato dei lavori pubblici di cui all’art. 7 R.D. cit., che invece attestava la compatibilità dell’utilizzazione con le previsioni del piano di bacino. Inoltre, si doleva del fatto che, anziché opporre un diniego, andavano indicate le soluzioni progettuali alternative. Il TSAP, riuniti i ricorsi, con la sentenza n. 230 del 9 dicembre 2019, li ha accolti entrambi, condannando la Regione Sicilia al rimborso delle spese di lite in favore di entrambe le ricorrenti. In motivazione, e con specifico riferimento alla posizione di Idrosud S.r.l., che ancora rileva ai fini del ricorso in esame, ricordava che la società si era lamentata del difetto di motivazione e d’istruttoria del provvedimento di diniego impugnato.
Ad avviso del TSAP, il motivo era fondato in quanto l’Assessorato dei lavori pubblici della Regione, chiamato a valutare la compatibilità D.Lgs. n. 275 del 1993, ex art. 3, dell’istanza di concessione, aveva reso parere favorevole sul rilievo che non fossero evidenziati motivi ostativi all’uso della fonte in oggetto per l’equilibrio idrico o idrogeologico (cfr. parere di compatibilità n. 4029 del 23.07.2009). Detto parere, a sua volta, era stato preceduto dal parere anch’esso favorevole (n. 10530 del 20.03.2008) rilasciato dal Genio civile della Regione sull’esame dell’istanza d’inammissibilità della domanda di Idrosud s.r.l. presentata dalla società concorrente Soc. Acquedotti Ing. S.P. S.p.A..
Inoltre, nel procedimento di valutazione dell’istanza di concessione, la Commissione regionale dei lavori pubblici in una prima seduta (verbale 2013) aveva richiesto incombenti istruttori, che una volta conseguiti non erano stati presi in esame nella successiva seduta (verbale 2014), il che rendeva evidente l’omesso esame delle integrazioni istruttorie che la stessa Commissione aveva ritenuto necessarie prima di decidere.
Ne derivava che, oltre a non essere stato considerato il parere favorevole e vincolante dell’Assessorato dei lavori pubblici di cui al R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, attestante la compatibilità dell’utilizzazione con le previsioni del piano di bacino, la Commissione aveva adottato il diniego impugnato disattendendo le esigenze istruttorie, ritenute necessarie per assumere cognita causa la decisione sull’istanza presentata dal Idrosud S.r.l..
La sentenza poi proseguiva e perveniva all’accoglimento anche del distinto ricorso dell’odierna ricorrente e ciò in quanto emergeva che la condotta destinata a permettere l’utilizzo delle acque era stata da tempo consegnata ed era solo in attesa di essere posta in funzione.
2. Per la cassazione della sentenza del Tribunale Superiore delle Acque, la Società Acquedotti S.P. S.p.A. ha proposto ricorso, con atto notificato l’8 settembre 2020, sulla base di due motivi, illustrati da memorie.
Le parti intimate non hanno svolto difese in questa fase.
3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 9, per avere il TSAP giudicato equivalenti una domanda di concessione di acqua pubblica diretta solo allo scopo di produzione di energia elettrica ed altra domanda che prevede la produzione di energia mantenendo anche la fornitura di acqua a scopo potabile.
Richiamato il procedimento che prevede il rilascio di concessioni in materia di acque, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia omesso di effettuare la scelta tra le due concorrenti domande di concessione idrica.
Inoltre, ricorrerebbe la violazione dell’art. 9 citato, lett. a), che impone di salvaguardare i pubblici esercizi di acquedotto ed irrigazione, della lett. b) che impone di tenere conto delle effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all’uso, e della lett. c) che del pari impone alla PA di tenere conto delle caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico.
Assume la società ricorrente che la richiesta della Idrosud è corredata da un progetto che lascerebbe, ove attuato, privo di acqua potabile un importante centro abitato.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 9, e della L. n. 36 del 1994, art. 2.
Si ribadisce come nel corso del procedimento che aveva preceduto i provvedimenti di diniego, poi annullati dal TSAP, la ricorrente avesse sempre sostenuto la non accoglibilita della domanda concorrente, proprio per le conseguenze che la stessa avrebbe comportato quanto all’approvvigionamento idrico di parte dell’abitato del Comune di Riposto.
La conclusione cui è pervenuto il TSAP viola l’art. 9 citato che ribadisce come l’uso dell’acqua per il consumo umano sia sempre prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo.
4. I motivi denunciano una violazione di legge, non potendosi pertanto reputare che manifestino una critica in punto di omessa decisione su alcune delle domande o eccezioni proposte, omissione suscettibile di rimedio a mezzo istanza di rettificazione del R.D. n. 1775 del 1933, ex art. 204.
Gli stessi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono inammissibili.
La sentenza gravata, con specifico riferimento all’impugnativa da parte della Idrosud del provvedimento di diniego del rilascio della concessione per uso idroelettrico, è pervenuta all’accoglimento dello stesso evidenziando come il rigetto fosse affetto da evidenti carenze di motivazione, in ragione della mancata disamina e valutazione di elementi istruttori acquisiti nel corso del procedimento e che la stessa autorità procedente aveva in precedenza reputato necessari.
In particolare, non si era tenuto conto dei pareri emessi sia dall’Assessorato Regionale ai lavori pubblici (n. 4029 del 23/7/2009), sia di quello rilasciato dal Genio Civile della Regione (n. 10530 del 20/3/2008), entrambi favorevoli all’utilizzo cui aspirava la società, come del pari il provvedimento di rigetto non aveva dato conto degli approfondimenti istruttori che pur erano stati sollecitati nel verbale del 2013.
Trattasi quindi di annullamento del provvedimento di rigetto per difetto di motivazione e di istruttoria, così che, avendo il TSAP fatto riferimento nell’accogliere i due ricorsi delle società, ai limiti posti dalla motivazione, è evidente che nella specie l’accoglimento è nella sostanza avvenuto per una omessa valutazione di elementi istruttori, la cui novella disamina è stata rimessa alla PA.
In ragione dei riscontrati vizi dell’atto annullato, occorre far richiamo alla costante giurisprudenza del giudice amministrativo secondo cui (cfr. da ultimo Consiglio di Stato sez. IV, 20/08/2021, n. 5965) l’annullamento per difetto di motivazione non elimina né riduce il potere di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (in senso conforme Consiglio di Stato sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534; id., 22 novembre 2019, n. 7977; id., sez. III, 17 giugno 2019, n. 4097; V, 14 dicembre 2018, n. 7054).
Infatti, l’annullamento fondato su profili formali non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita. Ne’ tale accertamento spetta al giudice, anche solo in via di prognosi, se vi è ancora uno spazio di intervento dell’Amministrazione.
Infatti, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione.
In tal senso, si veda anche Consiglio di Stato sez. V, 21/11/2014, n. 5757, secondo cui dalla sentenza del Tar, che annulla solo per difetto di motivazione il provvedimento comunale recante diniego di rilascio del permesso di costruire, non può farsi discendere alcun riconoscimento da parte dello stesso Tribunale della spettanza all’interessato del titolo edilizio.
Il giudice adito si è quindi limitato a riscontrare le carenze formali e motivazionali che connotavano il provvedimento impugnato, sicché l’annullamento ripristina il potere della PA di riesaminare la domanda, dovendosi però confrontare con tutti gli elementi istruttori evidenziati dalla sentenza impugnata (alcuni dei quali anche a carattere vincolante) e che invece erano stati del tutto omessi nell’atto di diniego della concessione impugnato.
Le critiche mosse con i motivi di ricorso non possono individuare, quindi, come destinataria la decisione impugnata, ma al più potrebbero essere indirizzate, ove all’esito del rinnovato esercizio del potere amministrativo l’istanza della Idrosud trovasse accoglimento, alla corrispondente decisione di rilascio della concessione, potendo però ancor prima essere riproposte dalla controinteressata nell’ambito del procedimento prodromico alla decisione sul rilascio del provvedimento concessorio.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
5. Nulla a disporre per le spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
6. Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022