Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4322 del 10/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da O.J., cittadino nigeriano nato il ***** in Edo State, elettivamente domiciliato in Oria (BR), C.so Umberto I n. 58, presso lo studio dell’avv. Labbro Francia Rita (p.e.c.

labbrofrancia.rita.coabrindisi.legalmail.it) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto n. 4365/2020 del Tribunale di Lecce, depositato in data 6 ottobre 2020, R.G. n. 8260/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Nazzicone Loredana.

RILEVATO

Che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, O.J., nato il ***** in Nigeria, ha adito il Tribunale di Lecce impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria.

Il Tribunale, sulla base delle dichiarazioni rese dal ricorrente dinnanzi alla Commissione territoriale competente, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione O.J., svolgendo 2 motivi.

L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata, ritenuti i presupposti ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

RITENUTO

Che:

1. – I motivi sono così rubricati: “1. -Violazione o falsa applicazione di una norma giuridica sostanziale o processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, e 4 per avere il tribunale mutato illegittimamente il rito ri3petto allo strumento processuale ex ad 702 bis c.p.c. (monocratico) utilizzato dalla ricorrente e l’applicazione del rito D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, (collegiale) disposta dal tribunale; 2. Violazione el o falsa applicazione del d.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9, per aver valutato la domanda di protezione in base a generiche informazioni sulla situazione interna del paese di provenienza del ricorrente, senza considerazione completa delle prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri offitiosi”.

In particolare, con il primo motivo si censura l’applicazione, nel giudizio di merito, del rito collegiale introdotto dal D.L. 113 del 2017, anziché di quello monocratico di cui all’art. 702-bis, atteso che il ricorso dinnanzi al Tribunale aveva ad oggetto unicamente la domanda volta al riconoscimento della protezione umanitaria.

Con il secondo motivo si duole della violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non aver il Tribunale svolto una ricerca della situazione di origine in Nigeria sulla base di fonti aggiornate.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale, il ricorrente espose: a) di aver rifiutato di succedere al ruolo del padre nella sua attività esoterica di native dottor e di essersi per tale motivo trasferito in nuovo villaggio; b) di essersi trovato coinvolto in un incendio occorso nella lavanderia in cui lavorava e a causa del quale erano decedute due persone; c) di aver lasciato il paese per paura delle autorità e, soprattutto, dei familiari delle vittime dell’incendio.

Il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata dal richiedente fosse non credibile in quanto intrisa di contraddizioni, vaga e generica. Il giudice di merito ha poi ritenuto insussistente una situazione di violenza generalizzata in Nigeria sulla base delle COI consultate. Infine, il Tribunale ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria tenuto conto del basso livello di integrazione del ricorrente, della mancanza di un’attività lavorativa regolare nonché di particolari profili di vulnerabilità valutabili in considerazione dell’art. 8 CEDU o di specifici profili oggettivi e soggettivi tali da pregiudicare i diritti fondamentali del ricorrente in caso di rimpatrio, sia pure in considerazione del virus causante la Febbre di Lassa, che avrebbe causato alcune morti nel paese.

3. – Il primo motivo è inammissibile.

Ed, invero, prima ancora del richiamo all’orientamento secondo cui “In base alla disciplina previgente al D.L. n. 113 del 2018 (conv. con modif. in L. n. 132 del 2018), il ricorso alla sezione di tribunale specializzata in materia di immigrazione, proposto dal cittadino straniero contro il provvedimento di diniego della Commissione territoriale al solo fine di ottenere la protezione umanitaria, deve essere trattato secondo il rito camerale collegiale disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, il quale si applica a tutte le controversie aventi ad oggetto tali impugnazioni, senza che abbia alcun rilievo la limitazione della domanda operata dalla parte, essendo il rito ordinario (o, in presenza dei presupposti, quello sommario) monocratico operante solo per le azioni promosse per conseguire il permesso di soggiorno per motivi umanitari che non siano precedute dalla richiesta di asilo alle predette Commissioni” (Cass., ord. n. 14681 del 2020), giova rilevare che nessuna deduzione contiene il motivo circa il pregiudizio che ciò avrebbe comportato.

4. – Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente si duole della non attualità e non idoneità delle fonti, senza considerare che oltre a numerosi altri report da esso citati, il Tribunale ha utilizzato un report di Human Rights Watch del 2019.

5. – Pertanto, il giudice del merito ha ampiamente esaminato e citato le fonti a sostegno della decisione, né sussiste dunque alcuna motivazione apparente, al contrario esponendo il decreto argomenti diffusi e precisi.

In definitiva, il giudice del merito ha ritenuto il richiedente non credibile ed ha comunque proceduto ad approfondire la situazione del paese di origine sulla base di documentazione aggiornata, escludendo ogni pericolo per il medesimo, nonché ogni situazione di vulnerabilità anche astrattamente riconducibile nella fattispecie normativa.

Pertanto, da un lato il provvedimento impugnato ha compiutamente esaminato la situazione fattuale, dall’altro il ricorrente non fa che riproporre unicamente un giudizio sul fatto, onde il ricorso si palesa inammissibile, in quanto si chiede di ripetere attività preclusa in virtù della funzione di legittimità.

6. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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