LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. MECOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4774-2021 proposto da:
B.M.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE PILLON;
– ricorrente –
contro
P.P.;
– intimata –
avverso la sentenza n. R.G. 547/2020 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 15/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
CHE:
Nel giudizio di separazione personale tra P.P. e B.M.M., per quanto interessa, la Corte di appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello proposto da P. e, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda di addebito della separazione a carico di P. ed ha posto a carico di B. il pagamento dell’assegno di mantenimento in favore della moglie per l’importo di Euro 200,00= mensili, oltre ISTAT; ha, infine, compensato per metà le spese di giudizio del primo grado e condannato il marito alle spese dei secondo grado.
B. ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; P. è rimasta intimata.
Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorso è articolato nei seguenti tre motivi:
I) Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, assenza, apparenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte di appello, pur avendo esaminato lo stesso materiale probatorio del Tribunale, espresso un convincimento opposto in ordine alla sussistenza dell’addebito della separazione riconosciuto a carico della moglie in primo grado; violazione ed errata applicazione degli artt. 115,143 e 156 c.c. per avere, conseguentemente, disposto un assegno di mantenimento in favore di quest’ultima;
II) Violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, assenza, apparenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte di appello, da una parte riconosciuto la sussistenza in capo alla moglie di una relazione affettiva e del contributo economico fornito alla medesima dal nuovo compagno e dall’altro per averle comunque riconosciuto il diritto a percepire l’assegno di mantenimento;
III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e s.s. c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82,130 e 133. Il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha erroneamente quantificato le spese di lite per il secondo grado senza applicare la prevista riduzione del 50% ed inoltre, erroneamente, ha disposto la rifusione delle spese di lite alla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, anziché disporre che il pagamento fosse eseguito in favore dello Stato.
2.1. I primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Va rammentato, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, che “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” (Cass. n. 22598/2018); inoltre, “In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito.” (Cass. n. 3819/2020), ciò perché “La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6" (Cass. n. 22598/2018); e, ancora, che “Il vizio di motivazione contraddittoria sussiste solo in presenza di un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, sicché detto vizio non è ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione denunziata riguardi le contrastanti valutazioni compiute dal giudice di primo grado e da quello di appello, dovendo altrimenti ritenersi contraddittorie tutte le sentenze di secondo grado che abbiano motivato in modo difforme dal giudice di prime cure, né in caso di contrasto – pur denuncia bile sotto altri profili – tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di altre prove e documenti.” (Cass. n. 3819/2020).
2.2. Tanto premesso, va osservato, quanto alla dedotta apparenza e/o contraddittorietà della motivazione, che, nel caso di specie, contrariamente a quanto assume il ricorrente, la Corte di appello ha motivato ampiamente, mediante la puntuale analisi delle emergenze istruttorie, dissentendo dalle conclusioni di primo grado, senza che sia possibile ravvisare alcuna contraddittorietà: risulta, infatti, palesato in maniera chiara il percorso logico/giuridico seguito, anche se lo stesso ha condotto a conclusioni opposte a quelle del primo grado e difformi da quelle auspicate dal ricorrente.
Ciò, sia per escludere l’addebito della separazione (fol. 4/7 della sent. imp.), in quanto è stata ravvisata l’anteriorità della crisi della coppia rispetto all’infedeltà della moglie ed escluso il nesso causale tra quest’ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza (Cass. n. 16691/2020; Cass. n. 20866/2021), sia nel prevedere l’assegno di mantenimento (fol.7/8 della sent. imp.).
2.3. In particolare, per quanto attiene alla previsione dell’assegno di mantenimento, va osservato che la Corte di appello ha preso atto dell’esistenza di un nuovo rapporto sentimentale instaurato dalla P. e dell’occasionale aiuto economico pervenuto in questo contesto alla donna per provvedere al pagamento delle spese legali di primo grado, ma ha escluso, con accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – che nel presente caso non è stato prospettato – che sia stata provata la sussistenza di un legame serio e stabile, avente caratteristiche assimilabili a quelle del coniugio. Ha, quindi, determinato il contributo al mantenimento in misura minima, in ragione della mancanza di reddito di P., che non aveva mai svolto attività lavorativa ed era priva di una professionalità che le consentisse l’ingresso nel mondo del lavoro.
La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché in assenza della condizione ostativa dell’addebito, resta ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio (Cass. n. 16809/2019; Cass. n. 12196/2017); quanto alla determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, inoltre, è sufficiente che sia fondata su un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (Cass. n. 975/2021), come avvenuto nel caso in esame.
2.4. Le censure si traducono, pertanto, in una impropria sollecitazione del riesame, posto che non risulta nemmeno denunciato l’omesso esame di fatti decisivi, e che la decisione è stata assunta all’esito dell’accertamento di fatto che è compito del giudice del merito svolgere, in linea con l’principi di diritto che regolano la materia dell’addebito e di assegno di mantenimento, prima ricordati.
3.1. Il terzo motivo, che prospetta violazioni delle disposizioni in tema di patrocinio a spese dello Stato, è inammissibile perché è carente sul piano dell’autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Invero, in caso di riferimento a documenti o atti processuali – quale, nel presente caso, la dedotta ammissione al patrocinio a spese dello Stato della controparte, non evincibile dalla sentenza impugnata -, questi non solo devono essere specificamente individuati quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti in contestazione, ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto, si vedano Cass. n. 28569/2019, n. 16900/2015, Cass. n. 4980/2014, Cass. n. 5478/2018, Cass. n. 14784/2015 e Cass. n. 8569/2013) e ciò, nel caso di specie, non è avvenuto.
3.2. Ciò, in disparte dalla non condivisibilità delle prospettazioni formulate in diritto dal ricorrente, alla luce di quanto già affermato da questa Corte, secondo cui “La parte non ammessa al patrocinio spese dello Stato che sia stata condannata, all’esito del giudizio, al pagamento delle spese di lite direttamente in favore della parte ammessa al beneficio non può contestarne la quantificazione, sul presupposto che l’Erario erogherebbe alla parte beneficiata un importo inferiore a quello liquidato, giusta la disposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 130, attesa l’indipendenza dei due rapporti rispettivamente esistenti, il primo, tra le parti del giudizio e regolato dalla sentenza che lo conclude, ed il secondo, tra la parte ammessa al beneficio e lo Stato, disciplinato dal citato decreto e caratterizzato dal diritto di rivalsa, esercitabile dall’Erario nelle forme e nei casi di cui ai successivi artt. 133 e 134.” (Cass. n. 18223/2020) e l’erronea disposizione a carico della parte soccombente del versamento delle spese di lite in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, invece che in diretto favore dello Stato, può essere ovviata con la correzione del dispositivo della sentenza, mediante il procedimento di cui all’art. 287 c.p.c. (Cass. n. 15817/2019; Cass. n. 4216/2020).
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimata.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019; Cass. S.U. n. 4315 del 20/02/2020).
PQM
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022