LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3819-2020 proposto da:
COMUNE DI PETROSINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio dell’AVV. LUCIANA CANNAS, che, congiuntamente e disgiuntamente con l’AVV. SERGIO ALVARO TROVATO, lo rappresenta e difende per procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
ROOF GARDEN S.R.L. IN AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA, in persona degli Amministratori giudiziari nonché degli amministratori sociali e legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 54, presso lo studio dell’AVV. FRANCESCO TROTTA, che la rappresenta e difende, per procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3693/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, depositata l’11/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.
RILEVATO
che:
1. Il Comune di Petrosino propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Sicilia ha accolto l’appello della Roof Garden s.r.l. in amministrazione giudiziaria avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Trapani, che aveva rigettato il ricorso della medesima contribuente contro l’avviso d’accertamento in materia di Ici, per l’anno 2012, notificato alla predetta società in amministrazione giudiziaria.
La CTR ha riformato la decisione di primo grado, annullando in toto l’atto impositivo, in quanto il credito in questione era antecedente alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20, disposto nei confronti della contribuente con decreto del Tribunale di Trapani, sezione Misure di prevenzione, del 23/24 novembre 2015, ed il suo “riconoscimento” sarebbe stato pertanto rimesso al giudice delegato al procedimento di prevenzione, secondo i criteri fissati dal codice antimafia, e non all’accertamento dell’Amministrazione finanziaria, in applicazione dei principi della concorsualità necessaria e del divieto di azioni esecutive individuali.
La s.r.l. in amministrazione giudiziaria si è costituita con controricorso ed ha successivamente depositato memoria.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.
CONSIDERATO
che:
1.Con l’unico motivo il Comune ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli del D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 57, 58 e 59 (codice antimafia) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2.
Premette infatti l’ente ricorrente che (così come risulta dalla stessa sentenza impugnata e dal controricorso) la s.r.l. è stata oggetto della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20, disposto con decreto del Tribunale di Trapani, sezione Misure di prevenzione, del 23/24 novembre 2015. Tanto premesso, assume l’ente ricorrente che la CTR avrebbe errato nel ritenere che la disciplina in tema di accertamento dei diritti dei terzi creditori, di cui al codice antimafia, D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e s.s., attribuendo “al giudice delegato del procedimento di prevenzione (…) la competenza esclusiva per la verifica dei crediti vantati nei confronti del destinatario della misura di prevenzione”, comportasse l’annullamento dell’avviso d’accertamento impugnato, “atteso che il riconoscimento del credito in questione dovrà essere effettuato innanzi al giudice della prevenzione secondo i criteri fissati dal codice antimafia”, con assorbimento di ogni altro motivo.
Rileva il Comune che, anche a voler seguire la motivazione della CTR in ordine alla ricostruzione della normativa antimafia in questione in coerenza con l'” antecedente storico LA costituito dall’esclusività del giudizio di verificazione del passivo nel procedimento fallimentare (…)”, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e s.s. non deriverebbe alcun impedimento all’emissione dell’avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione, al fine di verificare il mancato pagamento dell’imposta, quantificare la conseguente pretesa erariale, impedire la relativa decadenza e precostituire l’atto sulla base del quale ottenere eventualmente l’ammissione al passivo da parte del giudice delegato, all’esito della verifica dei crediti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59 del codice antimafia, fatta salva la giurisdizione del giudice tributario ove l’amministratore giudiziario impugni l’accertamento notificatogli (come in effetti è accaduto nel caso di specie).
Tanto meno, aggiunge il Comune, potrebbe ritenersi che la preclusione all’emissione dell’accertamento in questione derivi dal divieto di azioni esecutive individuali di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 55, comma 1, del codice antimafia, per il quale ” A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario.”. Infatti l’emissione e la notifica dell’avviso d’accertamento non costituirebbero, di per sé soli, esercizio di azione esecutiva e comunque non si porrebbero in contrasto con l’esclusività della procedura concorsuale e con la necessità che la pretesa impositiva, oggetto dell’atto amministrativo, sia fatta oggetto di domanda d’insinuazione e venga sottoposta alla decisione del giudice delegato, fatti salvi comunque i criteri di ripartizione della giurisdizione con il giudice tributario, secondo principi delineati già in materia di procedure concorsuali fondate sull’insolvenza..
In sintesi, quindi, il ricorrente lamenta che la CTR abbia frainteso la normativa in questione, erroneamente ritenendo che essa, nei confronti del contribuente sottoposto alla misura di prevenzione patrimoniale antimafia del sequestro, avrebbe inibito l’accertamento, in sede amministrativa, del rapporto d’imposta da parte dell’Amministrazione, attribuendoli esclusivamente al giudice delegato, al quale compete invece, nell’ambito concorsuale e nei limiti dei relativi procedimenti e del riparto di giurisdizione, l’accertamento in sede giudiziale del credito tributario.
1.1. Il motivo è ammissibile (non essendo generico in ordine all’individuazione delle contestate violazioni di legge, come eccepito invece dalla controricorrente) e fondato, per le ragioni che infra si diranno, fatte tuttavia alcune necessarie premesse.
1.2. Appare infatti opportuno, per evitare equivoci sull’oggetto della controversia in questa sede, premettere che la sentenza impugnata non si è pronunciata su un ipotetico difetto di giurisdizione del giudice tributario rispetto all’impugnazione dell’accertamento Ici in questione; né tale pronuncia potrebbe ritenersi implicita nella decisione, che anzi ha annullato l’atto impositivo, presupponendo necessariamente, pertanto, che l’oggetto della controversia rientrasse nella giurisdizione tributaria adita.
Lo stesso ricorrente pur argomentando, nel parallelo con le procedure concorsuali fondate sull’insolvenza, anche in ordine alla persistenza della giurisdizione tributaria nel caso di specie, censura comunque la sentenza impugnata per aver ritenuto limitata l’attività di accertamento dell’Amministrazione comunale, con riferimento alle imposte dovute dal soggetto passivo prima dell’inizio della procedura di prevenzione. A sua volta la controricorrente esclude espressamente che il tema della lite sia la contestazione della giurisdizione tributaria.
1.3. Giova altresì premettere che, pur nella genericità dell’indicazione dell’oggetto della misura di prevenzione (identificato nella sentenza e negli atti delle parti tout court con la stessa s.r.l. controricorrente), risulta comunque pacifico che nel caso di specie, ai sensi dell’art. 20 del codice antimafia, il sequestro abbia riguardato l’immobile cui si riferisce l’imposizione Imu controversa, trattandosi di circostanza che nessuna delle parti ha contestato e che è logicamente presupposta sia dalla sentenza impugnata che dal ricorso e dal controricorso.
1.4. Ancora in via preliminare, deve rilevarsi che è pacifico che, come argomentato nella sentenza impugnata, essendo il credito tributario oggetto dell’atto impositivo maturato interamente prima del sequestro, non viene in rilievo nel caso di specie il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 51, comma 3-bis, che, nelle sue diverse versioni modificate nel tempo dal legislatore, ha disciplinato il regime fiscale applicabile agli immobili oggetto di sequestro durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono.
1.5. Tanto premesso, il ricorso è fondato.
La CTR ha infatti ritenuto illegittimo l’atto impositivo, in quanto il credito in questione era antecedente alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20, ed il suo “riconoscimento” sarebbe stato pertanto rimesso all’accertamento del giudice delegato al procedimento di prevenzione, secondo i criteri fissati dal codice antimafia, ovvero con il procedimento disciplinato dal D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 57 e s.s. (costituenti il capo II del titolo IV) e non all’accertamento dell’Amministrazione finanziaria, in applicazione dei principi della concorsualità necessaria e del divieto di azioni esecutive individuali.
1.6. Secondo la relazione illustrativa al decreto legislativo in questione: “Il titolo IV dà attuazione alla delega disciplinando la materia dei rapporti dei terzi con il procedimento di prevenzione e, conseguentemente, regolando la disciplina dei rapporti pendenti al momento dell’esecuzione del sequestro. Quindi viene disciplinata, sempre in funzione della tutela delle pretese dei terzi interessati, l’ipotesi della coesistenza delle misure di prevenzione patrimoniali del sequestro e della confisca con le procedure esecutive e le procedure concorsuali. L’articolato del titolo (…) è ripartito in tre capi. Il primo reca disposizioni generali riguardanti le condizioni sulla base delle quali i diritti dei terzi vengono tutelati, stabilisce il limite della garanzia patrimoniale idonea a soddisfare i creditori, regola i rapporti con le azioni esecutive sui beni oggetto di vincolo di prevenzione e disciplina il pagamento dei crediti prededucibili. Il capo II offre una disciplina di dettaglio dell’accertamento dei diritti dei terzi e stabilisce sull’attività di progettazione e pianificazione dei pagamenti da effettuarsi in favore dei creditori. Il capo III è specificamente destinato a disciplinare la duplice ipotesi che il sequestro sia seguito o preceduto dalla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore i cui beni siano stati in tutto od in parte attinti dal vincolo di prevenzione”.
In particolare: “Il capo II (composto di cinque articoli) introduce, così attuando chiari principi di delega, l’attività di accertamento dei diritti dei terzi secondo un modello che ricalca quello dell’accertamento dei crediti e dei diritti nel passivo fallimentare. Il procedimento viene svolto con l’ausilio dell’amministratore e sotto la direzione del giudice delegato. E’ pertanto prevista la formazione, da parte dell’amministratore giudiziario, dell’elenco dei creditori e di coloro che vantano diritti reali o personali sui beni oggetto di misura di prevenzione; la conseguente fissazione di un termine per la presentazione delle istanze di insinuazione e di una successiva data per l’esame delle domande proposte secondo un contenuto analiticamente disciplinato. Il giudice delegato, a seguito di istruttoria anche officiosa, forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con provvedimento soggetto ad opposizione dinanzi al tribunale della prevenzione. E’ espressamente chiarito che le domande proposte dai creditori non producono effetti interruttivi di prescrizione o decadenza del diritto fatto valere e che i provvedimenti di ammissione o esclusione dei crediti emessi dal giudice delegato producono effetti nei soli confronti dell’Erario ai fini del soddisfacimento nella misura di prevenzione. Anche la fase distributiva riprende per grandi linee lo schema fallimentare, prevedendo la formazione di un progetto di pagamento dei crediti ad opera dell’amministratore, l’intervento del giudice delegato per le eventuali modifiche e la definitiva formazione del piano all’esito delle osservazioni sulla collocazione e graduazione dei crediti, la possibilità di impugnazione dinanzi al tribunale. E’ disciplinata, con norma di chiusura del capo, la revocazione dei crediti ammessi, su iniziativa del pubblico ministero, dell’amministratore giudiziario o dell’Agenzia, in caso di giudizio determinato da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi non prodotti tempestivamente senza colpa del ricorrente”.
1.7. Una sommaria comparazione dei testi del D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 57 – 65 (c.d. “Codice antimafia”), del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 92 – 103 (c.d. “Legge fallimentare”) e del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, artt. 205 – 215 (c.d. “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”) conferma quel parallelismo, evidenziato nella citata relazione, tra le diverse procedure concorsuali, che sono finalizzate ad assicurare un sistema unitario di accertamento e soddisfazione dei crediti e dei diritti vantati nei confronti di imprenditori o società per le ipotesi di sottoposizione a misura di prevenzione, di dichiarazione di fallimento o di dichiarazione di liquidazione giudiziale, attraverso una sequenza di fasi articolate secondo un modello uniforme ed omogeneo (individuazione e informazione degli aventi diritto; presentazione, verifica ed ammissione delle domande; formazione, discussione ed approvazione dello stato passivo; impugnazioni; presentazione ed esame delle domande tardive), su impulso di un organo nominato dal tribunale procedente e sotto il controllo di un giudice delegato alla procedura.
Pertanto la similitudine strutturale tra i diversi istituti si presta a fornire utili spunti, in sede esegetica, per l’eventuale estensione di principi ispirati a fondamenti comuni, soprattutto per quanto attiene la disciplina della procedura fallimentare.
1.8. Giova precisare che il ricorso non sostiene che il credito dell’Imu vantato dall’ente territoriale impositore, maturato prima del sequestro, sia sottratto alla disciplina dell’accertamento giudiziale concorsuale di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 57 s.s., alla quale è pacificamente sottoposto, rientrando tra i ” i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro” di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, richiamato dal successivo art. 58 (in tema di domanda d’insinuazione), ed essendo pertanto il Comune uno dei “creditori anteriori al sequestro” di cui all’art. 57 (in materia di elenco dei crediti), con la conseguente necessità, ai fini dell’opponibilità della pretesa all’Amministrazione giudiziaria ed alla sua soddisfazione nell’ambito della procedura concorsuale, che lo stesso ente territoriale presenti al giudice delegato la domanda di insinuazione.
1.9. E’ inoltre utile chiarire che – non essendo in questa sede impugnato un ipotetico provvedimento reso, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 60, all’esito di opposizione o impugnazione di decisioni del giudice delegato su un’eventuale domanda di ammissione dell’ente impositore- non viene qui in rilievo la problematica relativa alla necessità o meno che, al fine di essere ammesso al passivo concorsuale per il credito anteriore alla misura di prevenzione patrimoniale, il creditore alleghi l’avviso d’accertamento, e che tale atto impositivo sia stato altresì notificato al debitore (sul punto, in tema di procedura fallimentare ed in un caso nel quale erano stato comunque già emessi l’avviso d’ accertamento ed il ruolo, cfr. Cass. Sez. U -, Sentenza n. 33408 del 11/11/2021, per cui ” Ai fini dell’ammissibilità della domanda d’insinuazione proposta dall’agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l’avviso di accertamento o quello di addebito contemplati del D.L. n. 78 del 2010, artt. 29 e 30, conv., con modif., in L. n. 122 del 2010, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo.”).
1.10. La questione che viene qui in rilievo, sulla scorta della ratio decidendi espressa dalla sentenza impugnata, è se il sequestro degli immobili, con l’apertura del procedimento di prevenzione e la conseguente applicazione del procedimento concorsuale di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 57 s.s., fosse compatibile con l’emissione dell’accertamento tributario in questione da parte del Comune, e quindi se tale atto impositivo fosse legittimo, come ha escluso la CTR, che ne ha dichiarato la nullità.
Sul punto la sentenza impugnata, affermando che “la competenza esclusiva per la verifica dei crediti” e per “il riconoscimento del credito in questione”, attribuita dal D.Lgs. n. 159 del 2011 al giudice delegato al relativo procedimento, implicherebbe “inevitabilmente la integrale caducazione dell’atto impositivo”, pare aver sovrapposto indebitamente il potere amministrativo di accertamento della pretesa tributaria, rimesso all’ente impositore, a quello di accertamento giudiziale del credito, indispensabile ai fini della partecipazione necessaria all’esecuzione concorsuale, rimesso dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 59 alle decisioni del giudicato delegato in sede di ammissione dei crediti al passivo, ed alle decisioni delle eventuali opposizioni o impugnazioni avverso queste ultime.
E’ vero, infatti, che è stato affermato che i crediti tributari scaturiscono dall’inadempimento dei relativi obblighi e, quindi, in dipendenza dell’insorgenza dei relativi presupposti, e non già a seguito degli avvisi di accertamento (Cass., Sez. un., n. 4779/87; Cass. Sez. un., n. 9201/90; Cass. n. 13275/20; Cass. n. 28192/20; Cass. n. 8602/21; Cass. Sez. un., nn. 21765 e 21766/21), e che ” La domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria, presentata dall’Amministrazione finanziaria, non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza della documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore. (Nella specie, la domanda va fondata su titoli erariali, fogli prenotati a ruolo, sentenze tributarie di rigetto dei ricorsi del contribuente).” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4126 del 15/03/2012; cfr. altresì Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 14693 del 13/06/2017; Cass. Sez. U -, Sentenza n. 33408 del 11/11/2021, cit.).
Ma da tale conclusione, che riguarda i documenti necessari e sufficienti ai fini della domanda di insinuazione, non deriva necessariamente anche la nullità dell’avviso che l’ente impositore abbia comunque emesso, per crediti antecedenti, dopo l’apertura della procedura concorsuale, poiché ” se con l’apertura del concorso l’Amministrazione viene a perdere ogni possibilità di agire ai fini esattivi contro il debitore, al pari di ogni altro creditore, la stessa, sotto il profilo del diritto sostanziale, non perde le proprie prerogative in ordine all’attività di verifica del rapporto giuridico d’imposta” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4564 del 2020, in motivazione; nel senso che l’apertura di una procedura concorsuale, nel caso di specie un concordato preventivo non è ostativa all’accertamento di crediti tributari pregressi, cfr. altresì Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 9440 del 04/04/2019 e Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 24880 del 06/11/2020). L’emissione dell’avviso d’accertamento (come è stato rilevato a proposito del ruolo nei confronti di soggetto sottoposto a procedura concorsuale) infatti ” può essere un utile strumento per l’amministrazione, perché consente di determinare i crediti opponibili alla massa e i relativi privilegi” (Cass. Sez. V, sentenza n. 25897 del 16.11.2020, in motivazione; cfr. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 9441 del 2019, in motivazione) e ” rafforza la posizione del creditore che, ove ritenga preferibile depositare istanza di ammissione al passivo senza la preventiva formazione del ruolo, assume il rischio dell’iniziativa adottata e, nel caso di contestazione da parte del debitore, subisce le conseguenze della sua inerzia.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4126 del 15/03/2012, cit., in motivazione).
In questo senso, del resto, si è detto che poiché la dichiarazione di fallimento non comporta il venir meno dell’impresa, ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore fallimentare, gli atti del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente, ancorché intestati a quest’ultimo, sono opponibili alla curatela, mentre quelli formati in epoca successiva debbono indicare quale destinataria l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale e, quale legale rappresentante della stessa, il curatore (Cass. Sez. 6-5, 6 giugno 2014, n. 12789; Cass. Sez. 5, 15 maggio 2015, n. 9943; Cass., Sez. 5, 24 marzo 2017, n. 7648; Cass., Sez. 5, 29 marzo 2017, nn. 8034, 8035, 8036, 8037 e 8038; Cass., Sez. 5, 28 marzo 2018, n. 7634). Il quale curatore, ove voglia contestare la fondatezza o l’ammontare della pretesa, ha l’onere di rimettere la questione all’esame del giudice tributario in ragione delle vigenti disposizioni in tema di riparto di giurisdizione (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25689 del 21/12/2015), per le quali ” anche se la misura del credito è accertata altrove, la domanda di ammissione al passivo va in ogni caso presentata ed è pur sempre il giudice fallimentare che deve valutare se il credito è opponibile e se sussistono le ragioni di prelazione. E ciò perché l’oggetto dell’accertamento del passivo concerne il diritto al concorso, anche se il giudizio sull’esistenza del credito, e sul suo modo di essere, non può che essere devoluto alla cognizione del giudice tributario.” (Cass. Sez. V, sentenza n. 25897 del 16.11.2020, cit., in motivazione). Peraltro, nel caso qui sub indice, l’avviso d’accertamento in questione costituisce, a quanto risulta dalle difese delle parti, l’unico atto dell’ente che consenta nei limiti circoscritti dal riparto della giurisdizione in materia, di promuovere il giudizio tributario, che ha natura necessariamente impugnatoria.
1.11. Per completezza, deve altresì rilevarsi che, come evidenziato nel ricorso, l’emissione dell’avviso d’accertamento – con la conseguente possibilità di una eventuale pronunzia definitiva del giudice tributario, nei limiti della sua giurisdizione, sul fondamento e/o sulla entità della pretesa impositiva- appare utile all’Amministrazione anche sotto altro profilo, stante la contrapposizione tra al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 94, secondo cui la domanda di insinuazione al passivo fallimentare “produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento”, e la previsione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 56, comma 4, a tenore del quale la domanda di ammissione al passivo concorsuale per i crediti risultanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro preventivo “non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l’indiziato o il terzo intestatario dei beni”.
Tale differenza trova origine nel diverso regime del procedimento fallimentare, in cui il soggetto perde la capacità processuale, e il procedimento di prevenzione, ove il proposto o il terzo formale intestatario sono solo spossessati dei beni ritenuti di illecita provenienza e proseguono nei rapporti giuridici ed economici di natura lecita. Per cui l’ente impositore potrebbe non trovare adeguata tutela delle proprie ragioni nella sola proposizione della domanda di ammissione del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ex art. 52, potendo esserne vanificata l’efficacia conservativa dal rischio di un eccessivo prolungamento della procedura concorsuale, per cui il creditore per un verso sarebbe gravato dall’onere di reiterare atti di costituzione in mora per evitare la prescrizione (art. 2943 c.c., comma 4) e, per un altro verso, sarebbe costretto, comunque, a subire la decadenza (artt. 2964 c.c.).
1.12. La CTR ha supportato la sua decisione anche con il richiamo al divieto di azioni esecutive individuali sui beni sottoposti alla misura di prevenzione del sequestro, disposto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 55, comma 1, secondo cui “1. A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario.”.
Si tratta di una disposizione che trova origine e corrispondenza nell’art. 51 L. Fall. (sia pur senza l’inclusione espressa, nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 55, comma 1, del divieto anche dell’azione individuale “cautelare”, inserito nel ridetto art. 51 L. Fall., dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 48, recependo un orientamento giurisprudenziale già manifestatosi in materia).
Nel caso di specie, tuttavia, l’accertamento in questione ha per oggetto il tributo locale dell’Ici ed è stato emesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 160 del 2019, art. 1, comma 792 (legge di bilancio 2020), per effetto del quale, dall’1 gennaio 2020, anche gli atti di accertamento e di irrogazione di sanzioni, emessi dai Comuni, hanno efficacia esecutiva e pertanto ” devono contenere anche l’intimazione ad adempiere”, ovvero sono “impoesattivi”.
Pertanto, l’atto impositivo sub iudice, emesso e notificato prima di tale novella, non è “impoesattivo” e non è quindi comunque configurabile, di per sé solo, come esercizio di azione esecutiva individuale incompatibile con l’esecuzione concorsuale (incompatibilità che Cass. Sez. U -, Sentenza n. 33408 del 11/11/2021, cit., in motivazione, riconnette già all’intimazione ad adempiere che sia contenuta nell’avviso di accertamento; mentre altre pronunce – Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22211 del 2019, in motivazione; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 9440 del 04/04/2019; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 26491 del 2020, in motivazione – non riconducono neppure alì emissione ed alla notifica della cartella di pagamento, rappresentando quest’ultima un atto assimilabile al precetto, ma soltanto all’inizio della vera e propria procedura esecutiva).
2.Tanto premesso, deve quindi trarsi la conclusione che la sentenza impugnata ha errato nell’annullare l’accertamento, che si riferiva aliti porzione d’imposta maturata anteriormente al sequestro, con la conseguenza che il ricorso del Comune va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR per ogni ulteriore questione rimasta assorbita.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022