Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.4369 del 10/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27556/2016 proposto da:

Comune di Casalnuovo Monterotaro, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo studio dell’avvocato Placidi Alfredo, rappresentato e difeso dall’avvocato Paccione Luigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza dei Mirti n. 40, presso lo studio dell’avvocato Foschi Emanuele, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 1819/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, del 16/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/11/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

RITENUTO

che:

Con ricorso ex art. 702 bis, C.C. convenne in giudizio dinanzi alla Corte di appello di Bari il Comune di Casalnuovo Monterotaro per la determinazione dell’indennità di esproprio dei propri fondi, meglio identificati in atti.

Detti fondi erano stati compresi nel piano particellare di esproprio relativo ad un consolidamento del versante collinare e, pertanto, furono oggetto dei decreti di occupazione di urgenza emessi in data 9/10/2006. L’indennità offerta dal Comune venne rifiutata con richiesta di nomina della terna di arbitri del D.Lgs. n. 327 del 2001, ex art. 21; in data 25/10/2006 venne redatto il verbale di immissione nel possesso dei terreni censiti al fol. *****, p.lle nn. ***** per mq. 230 e n. ***** per mq. 966, senza che il Comune avesse nominato la terna di arbitri; in data 10/11/2009 venne emesso il decreto di esproprio definitivo, mai notificato.

L’attrice C., venuta a conoscenza – nel corso del giudizio dalla comparsa di costituzione e risposta del Comune – della stima di indennità di esproprio formulata dalla Commissione Provinciale di Foggia che, raddoppiando l’indennità offerta inizialmente dal Comune, aveva stabilito un valore di esproprio pari ad Euro 50/mq., instaurò un ulteriore giudizio ex art. 702 bis, che venne riunito al precedente per connessione oggettiva e soggettiva.

La Corte di appello, ritenuta tempestiva la domanda, ha determinato l’indennità dovuta dal Comune in Euro 14.972,87, per l’indennità di occupazione ed Euro 45.791,00, per l’indennità di esproprio, seguendo la quantificazione operata dal CTU.

Il Comune di Casalnuovo Monterotaro ha proposto ricorso con quattro mezzi, seguito da memoria; C.C. ha replicato con controricorso e memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti motivi:

I) Violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione degli artt. 702 bis e 702 ter c.p.c..

Il ricorrente chiede di sapere se sia nulla l’ordinanza impugnata per avere omesso di pronunciare sull’eccezione di inammissibilità del rito sommario di cognizione dallo stesso proposta, in sede di scrutinio della domanda di accertamento diretto delle indennità di espropriazione per omessa impugnazione della stima definitiva.

Insiste, quindi, nel chiedere se sia o meno ammissibile il rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c., con riferimento a domanda che non è qualificabile in termini di “opposizione alla stima”, essendo di accertamento diretto dell’indennità di espropriazione senza impugnazione dei provvedimenti definitivi effettivamente emessi dalla competente Autorità amministrativa.

II) Eccesso di potere giurisdizionale; violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, con riferimento al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29; violazione e falsa applicazione degli artt. 702 bis e 702 ter c.p.c..

Il ricorrente chiede di sapere se, nell’ipotesi in cui il soggetto espropriato proponga dapprima domanda diretta di accertamento delle indennità di espropriazione e di occupazione e poi, avvedutasi dell’esistenza dei provvedimenti amministrativi di determinazione delle stesse indennità, proponga formale atto di opposizione a stima dinanzi allo stesso giudice, questi, dopo aver riunito i provvedimenti, abbia l’obbligo di pronunciarsi su entrambi.

Chiede altresì se, nell’ipotesi in cui il giudice di merito ometta di pronunciare, a norma del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, sull’impugnazione delle determinazioni definitive dell’indennità di esproprio, emettendo una pronuncia di accertamento diretto della misura delle stesse indennità, tale decisione sia da ritenersi nulla, non potendo coesistere nell’ordinamento giuridico due contrarie determinazioni della stessa indennità di esproprio (una dell’Autorità amministrativa e l’altra dell’Autorità giudiziaria) entrambe valide ed esecutive.

III) Violazione degli artt. 2 e 111 Cost., in riferimento agli artt. 113 e 116 c.p.c.; violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, con riferimento al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29.

Il ricorrente, sulla scorta della ricostruzione delle vicende processuali oggetto delle precedenti censure, chiede di sapere se, nell’ipotesi in cui il soggetto espropriato proponga dapprima un’azione diretta di accertamento delle indennità e poi, avvedutosi dell’esistenza di provvedimenti amministrativi, una formale opposizione alla stima, il Giudice possa determinare in maniera autonoma nel primo procedimento la misura delle indennità dovute alla parte attrice, senza procedere allo scrutinio di legittimità ex art. 54 cit., dei provvedimenti amministrativi impugnati dalla stessa parte nel secondo procedimento.

IV) Violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, con riferimento alla disciplina dettata dal PRG di Casalnuovo Monterotaro e delle Norme Tecniche di attuazione allegate al detto strumento urbanistico generale, anche sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorrente sostiene che, nell’ordinanza impugnata, la misura dell’indennità di espropriazione e di occupazione è stata fissata senza tenere conto delle effettive caratteristiche del suolo in questione e sulla scorta di fuorvianti ed illogiche considerazioni del CTU.

Si duole, in particolare, che il CTU, pur riconducendo i terreni della C. alla zona urbanistica “B3 di completamento urbanistico, abbia applicato i parametri edilizi ed urbanistici della zona “B di completamento edilizio” e rappresenta che il CT di parte aveva vanamente contestato la metodologia nelle osservazioni del *****, perché il CTU, violando la disciplina urbanistica aveva insistito nel ritenere che alle zone B3 di completamento urbanistico, si applicassero i diversi e superiori parametri edilizi della zona B di completamento edilizio ed era stato in ciò seguito dalla Corte di appello, che aveva omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio costituito dal parametro edilizio relativo alla zona ove insistevano i terreni.

2.1. I primi tre motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono infondati.

2.2. Secondo consolidato principio, in tema di espropriazione per pubblica utilità, l’azione dell’espropriato per la determinazione dell’indennità di esproprio è soggetta all’ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di adozione del decreto di esproprio, momento nel quale al diritto di proprietà sul bene si sostituisce il diritto dell’espropriato ad una somma di denaro che ne rappresenta il controvalore, a nulla rilevando l’assenza di una stima definitiva in via amministrativa ovvero della sua pubblicazione (Cass. n. 22577 del 23/10/2014) perché il termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’opposizione alla stima – nel sistema introdotto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nonché in quello attuale, regolato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3 – opera solo in relazione al caso di stima definitiva dell’indennità determinata, in seno al decreto di esproprio notificato o con l’eventuale stima peritale a questo successiva notificata, sicché, ove tanto non sia avvenuto, l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità resta proponibile finché non decorra il termine di prescrizione decennale di cui sopra (Cass. n. 5517 del 06/03/2017; Cass. n. 3074 del 08/02/2018; Cass. n. 23311 del 27/09/2018).

A ciò va aggiunto, e risulta decisivo nel caso di specie, che “Nel giudizio introdotto dall’espropriato per la determinazione della indennità di espropriazione, il giudice deve procedere alla determinazione del “quantum” dell’indennità sulla base dei parametri normativi vigenti e ritenuti applicabili, indipendentemente non solo dalle deduzioni delle parti al riguardo, ma anche dai criteri seguiti dall’espropriante nel formulare l’offerta dell’indennità provvisoria, nonché da quelli adottati nel compiere la stima da parte della Commissione provinciale; ne consegue che la stima ad opera di tale Commissione, ove intervenuta nel corso del giudizio, è inidonea ad influenzare l’azione giudiziaria già intrapresa e non può acquistare carattere definitivo – per cui non abbisogna della proposizione di alcuna opposizione -, né incidere sulle autonome determinazioni da operarsi in sede giudiziaria, e che lo stesso giudice può liquidare l’indennità in misura inferiore a quella pretesa (o con criteri meno favorevoli) senza incorrere nel vizio di ultrapetizione” (Cass. n. 1701 del 27/01/2005).

2.3. E’ incontestato che la ricorrente abbia agito per ottenere la determinazione delle giuste indennità dopo l’emanazione del decreto di espropriazione non notificato – entro il termine decennale di prescrizione – e che solo nel corso del giudizio abbia avuto notizia della sopravvenuta stima compiuta dalla Commissione, avverso la quale ha proposto anche opposizione.

Alla luce dei principi prima ricordati, la decisione risulta immune da vizi perché l’azione per conseguire la determinazione delle indennità di occupazione e di esproprio venne tempestivamente e ritualmente promossa da C., mentre la stima della Commissione sopravvenuta era inidonea ad influenzare il giudizio già intrapreso in quanto non poteva acquistare carattere definitivo, di guisa che non era necessaria l’opposizione dalla parte espropriata che risulta proposta ad abundantiam, nel caso in esame, da C..

Il Comune, quindi, non ha interesse a dolersi della mancata pronuncia su alcune delle domande proposte dalla espropriata; inoltre, la Corte di appello, avendo riunito i ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva, ha implicitamente affermato l’unicità del petitum e della causa petendi, ed ha proceduto, in thesi e fatto salvo quanto consegue all’accoglimento del quarto motivo, alla determinazione del quantum dell’indennità sulla base dei parametri normativi vigenti e ritenuti applicabili, indipendentemente non solo dalle deduzioni delle parti al riguardo, ma anche dai criteri seguiti dall’espropriante nel formulare l’offerta dell’indennità provvisoria, nonché da quelli adottati nel compiere la stima da parte della Commissione provinciale.

3.1. Va accolto, invece, il quarto motivo.

3.2. Nei giudizi per la determinazione dell’indennità di esproprio, il giudice ha il potere-dovere di individuare il criterio legale applicabile alla procedura ablatoria sulla base delle caratteristiche del fondo espropriato, senza essere vincolato dalle prospettazioni delle parti, né alla quantificazione della somma contenuta nell’atto di citazione, dovendo questa essere liquidata in riferimento a detti criteri, con conseguente accoglimento o rigetto della domanda a seconda che venga accertata come dovuta un’indennità maggiore o minore di quella censurata (Cass. n. 18435 del 01/08/2013; Cass. n. 12619 del 25/06/2020) ed a tale determinazione può pervenire anche avvalendosi delle competenze di un CTU.

In tal caso, qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche per relationem dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (Cass. n. 15147 del 11/06/2018; Cass. n. 11917 del 06/05/2021), senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente (Cass. n. 23637 del 21/11/2016; Cass. n. 25526 del 12/10/2018).

3.3. Nel caso in esame, la Corte di appello, pur condividendo la qualificazione delle particelle come ricadenti nella zona B3 di completamento urbanistico, a fronte delle critiche svolte dal CT del Comune, non ha illustrato in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della adesione ad una quantificazione del valore dell’area che appare commisurata a quella propria della zona B di completamento edilizio e la censura risulta fondata.

4. In conclusione, rigettati i primi tre motivi, va accolto il quarto motivo di ricorso; l’ordinanza impugnata va cassata nei limiti dell’accoglimento e la controversia va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il riesame, dovendo anche provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

– Rigetta i primi tre motivi, accoglie il quarto motivo del ricorso; cassa l’ordinanza impugnata nei limiti dell’accoglimento e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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