LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9873-2020 proposto da:
N.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 42447/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.
RILEVATO
che:
1. – N.S. ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 5 settembre 2019, con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale o umanitaria.
2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i soli fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.
CONSIDERATO
che:
3. – Il primo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere la Corte d’appello applicato nella specie il principio dell’onere della prova attenuato e per non aver valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dalla richiamata norma.
Il secondo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere “il Tribunale di Bologna” riconosciuto la sussistenza, nel paese di provenienza del richiedente, di una situazione riconducibile alla previsione normativa indicata.
Il terzo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere la Corte d’appello esaminato compiutamente la ricorrenza dei requisiti per la protezione umanitaria, omettendo di verificare la sussistenza dell’obbligo costituzionale ed internazionale a fornire protezione in capo a persone che fuggono da paesi in cui vi siano sconvolgimenti tali da impedire una vita senza pericoli per la propria vita ed incolumità.
Ritenuto che:
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.
In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa -spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Dunque, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è “sotto soglia”, e allora si ricade nell’art. 360 c.p.c., n. 4; o la motivazione c’e’, e allora non resta se non sostenere che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità. Nel caso di specie, viceversa, a fronte di una sufficiente motivazione dettata in punto di credibilità, il ricorrente altro non ha fatto che porre in discussione la condivisibilità dell’argomentazione svolta dal giudice di merito: il che esula dall’ambito del sindacato spettante a questa Corte.
4.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.
Per un verso esso è volto a ribaltare l’accertamento di merito compiuto dalla Corte d’appello (il ricorrente ha evidentemente indicato il Tribunale per errore) nell’escludere, sulla base di fonti debitamente citate, la sussistenza, in Senegal, di una situazione riconducibile alla previsione del citato art. 14, lett. c). Per altro verso, lo stesso ricorso non riferisce di una situazione di tal fatta, giacché prende in considerazione l’area del Casamance: ma, indipendentemente dalla questione se in quell’area sia in atto, ed eventualmente dove, in specifico, una situazione di conflitto armato indiscriminato, sta di fatto che il richiedente non viene da lì, ma dalla regione senegalese di Tambacounda, nella zona orientale del Senegal, e non sarà per caso, se non altro a fini orientativi, che quel Paese è ricompreso nella lista dei paesi sicuri ai sensi del D.M. 4 ottobre 2019, del Ministero degli affari esteri (senza, beninteso, che con ciò voglia affermarsi l’applicabilità di esso alla vicenda in discorso, cronologicamente antecedente al decreto).
4.3. – E’ inammissibile il terzo mezzo.
Si tratta di una censura del tutto stereotipata e generica, che nulla ha a che vedere con una qualche situazione di individuale vulnerabilità del richiedente.
5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022