Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4383 del 10/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3595-2021 proposto da:

L.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa da se stessa;

– ricorrente –

contro

V.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURIZIO GAETA, MARGHERITA PALLADINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1239/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 24/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.

RITENUTO

che:

Nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra L.A. e V.A., la Corte di appello di Salerno, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale accoglimento dell’appello proposto da L. ha elevato ad Euro 275,00, l’assegno di mantenimento previsto per ciascuna figlia, maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, mentre ha confermato l’assegno divorzile di Euro 250,00, mensili previsto in favore della ex moglie, oltre alla partecipazione al 70% alle spese straordinarie per le figlie (fol 2 della sent. imp.).

L. ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi, corroborato da memoria; V. ha replicato con controricorso e memoria.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti tre motivi:

I) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere riconosciuto la Corte di appello rilevanza probatoria alla documentazione medica prodotta dalla ricorrente attestante le sue precarie condizioni di salute e per avere omesso la circostanza del miglioramento delle condizioni economiche di V., a seguito dell’estinzione di un prestito e del venir meno delle spese di viaggio, nonché per avere sminuito la condotta di V. per inosservanza degli obblighi verso le figlie culminate in ordinanze civili di condanna;

II) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere omesso la Corte di appello di considerare l’età della ricorrente in relazione alla determinazione dell’assegno divorzile ed all’adeguamento dell’assegno di mantenimento per le figlie, in ragione del suo stato di bisogno ed all’esaurimento dei risparmi;

III) (indicato come 3) e 4) – fol. 17) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la capacità della scrivente di far fronte alle spese ed al fabbisogno della famiglia.

2. Il ricorso è inammissibile.

3. Il ricorso è articolato in una lunga esposizione di fatti, documenti e circostanze che non sarebbero state adeguatamente e rettamente valutate dalla Corte di appello (da fol. 6 a fol. 16) che sconfina nel merito, cui segue la sintetica esposizione dei motivi, prima ricordati, i quali, a parte la sommaria intitolazione, sono privi dell’indicazione delle norme violate, contengono una mescolanza indistinta di ragioni di fatto e di diritto e non rispondono al modello legale delle censure proponibili ex art. 360 c.p.c., comma 1, né assolvono all’onere di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, risultando privi di adeguata indicazione e trascrizione (sia pure per stralcio) dei numerosi documenti a cui vi è riferimento, necessaria a valutarne la decisività.

Sul punto giova ricordare che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, seppure l’indicazione delle norme che si assumono violate non si ponga come requisito autonomo ed imprescindibile, occorre comunque tener presente che si tratta di elemento richiesto allo scopo di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell’impugnazione. Ne consegue che la mancata indicazione delle disposizioni di legge può comportare l’inammissibilità della singola doglianza, qualora gli argomenti addotti non consentano di individuare le norme e i principi di diritto di cui si denunci la violazione (Cass. n. 4233 del 2012; Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 21819 del 2017). Ciò posto, osserva la Corte come l’esposizione del motivo non consenta di individuare, con le sue allegazioni di fatto, le norme e i principi di diritto di cui intende denunciare la violazione, con ciò rendendo sul punto in esame le doglianze così avanzate del tutto irricevibili.

Inoltre, il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata unitariamente sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Cass. n. 11603 del 2018). Il ricorso per cassazione deve essere, invero, articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Cass. Sez. U. n. 324315 del 2021).

Infine, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; Cass. n. 8758 del 2017; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. Sez. U. n. 34476 del 2019; Cass. n. 5987 del 2021), come risulta evidente nel caso di specie.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019; Cass. S.U. n. 4315 del 20/02/2020).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00, oltre Euro 100,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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