Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4418 del 10/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12550-2020 proposto da:

IRCAC – Istituto Regionale per il Credito di Cooperazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO, 14 (STUDIO LIBERTINI), presso lo studio dell’avvocato AURELIO MIRONE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO della *****, (*****), in persona del Curatore pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI TROJA;

– controricorrente –

contro

A.H., FA.EN., F.S., D.R., FE.VI.AN., T.G., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato RAIMONDO CAMMALLERI;

– controricorrenti –

contro

*****, ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI PALERMO, C.A., CA.FR., TO.SE., G.T.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 345/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 27/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Palermo, previa riunione dei relativi giudizi, ha rigettato i reclami L. Fall., ex art. 18, avverso il fallimento della ***** (*****) – dichiarato su istanza di A.H., Fa.En., F.S., D.R., Fe.Vi.An., T.G. (titolari di crediti di lavoro) – proposti dagli ex componenti del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei revisori dell’associazione (rispettivamente C.A. e Ca.Fr., nonché To.Se. e G.T.A.) nonché dall’ex associato Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione – IRCAC, con l’intervento adesivo dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Provincia di Palermo, reclami con i quali era stata contestata la fallibilità del ***** per difetto della natura di impresa commerciale L. Fall., ex art. 1.

1.1. I giudici di secondo grado hanno ritenuto che ai fini della qualifica di imprenditore commerciale non è necessario lo scopo di lucro (Cass. n. 6835/2014), rilevando solo il perseguimento del c.d. lucro oggettivo, ossia il rispetto della economicità della gestione, quale tendenziale proporzionalità di costi e ricavi, ed essendo sufficiente lo svolgimento, ex art. 2082 c.c., di un’attività economica organizzata che riveli l’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi (Cass. n. 4912/1987), con esclusione del carattere imprenditoriale solo nel caso in cui l’attività sia svolta in modo del tutto gratuito (Cass. n. 1662/2008, n. 7725/2004, n. 16435/2003).

1.2. Secondo la Corte territoriale, nel caso di specie sarebbero irrilevanti la mancata distribuzione di utili e ricavi, lo “scopo sociale” e l’assenza di “ricavi lordi”, essendo comunque l’attività “in massima parte finanziata dalla Regione Sicilia e per altra parte da comunque non irrilevanti ricavi da soggetti privati (cfr: bilancio al 2014), con erogazioni che miravano alla copertura di tutti i costi, ivi comprese le retribuzioni dei lavoratori, come emerge dal sostanziale “pareggio” di bilancio sino al 2014". In concreto, i costi dei servizi offerti erano coperti principalmente dai finanziamenti pubblici (erogazioni), e in parte dai privati che ne usufruivano per eventi specifici (remunerazioni), e queste ultime rappresentavano il 30-35% delle cospicue entrate, come risulta dalla relazione del perito di parte Dott. Vergara, evocata dagli stessi reclamanti, “ancorché quest’ultimo tenda a ridimensionare la portata delle seconde, in contrasto però coi dati numerici inequivoci”.

1.3. I giudici d’appello hanno aggiunto che, se è vero che “ogni contributo economico va comunque qualificato contabilmente come entrata”, è pur vero che “deve intendersi come ricavo laddove sia comunque correlato alla prestazione di beni o servizi, come emerge dalla documentazione del *****, non nel senso di “corrispettivi” ma di poste funzionali alla erogazione dei servizi statutariamente previsti” senza che rilevi che si trattasse di “contributi a fondo perduto”, né che “non vi fosse certezza, di anno in anno, in ordine alla erogazione delle pubbliche contribuzioni”, poiché “ciò non ha inciso in alcun modo sulla programmazione delle attività, stante il reiterato e costante apporto almeno sino al 2014, progressivamente diminuito solo in seguito”.

1.5. L’IRCAC ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria, cui il Fallimento ***** ha resistito con controricorso, parimenti corredato da memoria; anche i signori A.H., Fa.En., F.S., D.R., Fe.Vi.An. e T.G. hanno resistito con controricorso, mentre i restanti intimati non hanno svolto difese.

2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2082 e 2195 c.c., nonché della L. Fall., art. 1, per avere la corte d’appello “riconosciuto all’associazione ***** la natura imprenditoriale, equiparando ai ricavi la ricezione di contributi a fondo perduto e discrezionali da parte della Regione Siciliana”.

2.2. Il secondo mezzo denuncia analogamente la violazione o falsa applicazione delle stesse norme, per avere i giudici di secondo grado “riconosciuto all’associazione ***** la natura imprenditoriale, ritenendo irrilevante l’assenza di regolarità e stabilità dei contributi ricevuti dalla Regione Siciliana”.

3. I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

4. Invero, da tempo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 29245/2021) rileva come lo scopo di lucro (cd. lucro soggettivo) non sia più – in netta discontinuità ideologica con il codice di commercio – un elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, sussistendo attività di impresa tutte le volte in cui vi sia una obiettiva economicità della gestione, intesa come proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), che si traduce nell’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi (Cass. n. 22955/2020, n. 20815/2006), o anche nella tendenziale idoneità dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. n. 42/2018) e deve essere escluso solo qualora l’attività sia svolta in modo del tutto gratuito (Cass. Sez. U, n. 3353/1994; Cass. n. 22955/2020, n. 14250/2016, n. 16435/2003), senza che rilevi, invece, il fine altruistico in ipotesi perseguito (Cass. n. 17399/2011, n. 16612/2008, n. 9589/1993), poiché esso, inteso come destinazione dei proventi ad iniziative connesse con gli scopi istituzionali dell’ente, non pregiudica l’imprenditorialità dei servizi resi, restando giuridicamente irrilevante, al pari dello scopo di lucro soggettivo e di qualsiasi altro movente che induca l’imprenditore ad esercitare la sua attività (Cass. n. 6835/2014, n. 17399/2011, n. 16612/2008).

4.1. Al riguardo occorre ricordare che, in base alla L. Fall., art. 1, comma 1, “sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici”, con conseguente rinvio, per l’individuazione del requisito soggettivo della qualità di imprenditore, all’art. 2082 c.c., a norma del quale “e’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”, senza che, come detto, sia necessario anche lo “scopo di lucro”. E’ quindi sufficiente che l’attività svolta, di produzione o scambio di beni o servizi, sia organizzata in modo professionale (i.e. con sistematicità e continuità) ed abbia il carattere della “economicità” – intesa nel senso, sopra declinato, di “lucro oggettivo” – cioè sia svolta con modalità tali da soddisfare l’esigenza di essere astrattamente idonea a coprire i costi di produzione, alimentandosi con i suoi stessi ricavi (Cass. n. 22955/2020).

4.2. L’identificazione dell’economicità della gestione – in luogo dello scopo di lucro soggettivo – quale requisito essenziale dell’attività d’impresa permette, dunque, di riconoscere lo statuto di imprenditore commerciale fallibile a tutti gli enti di tipo associativo che svolgano in concreto, esclusivamente o prevalentemente, attività di impresa commerciale, restando ininfluente lo schema giuridico adottato (Cass. n. 8374/2000, n. 22955/2020). Tale approdo è del resto in linea con l’ordinamento Euro-unionale, che ha adottato una nozione di imprenditore ancora più ampia di quella nazionale, comprensiva di qualsiasi entità che eserciti un’attività economica consistente nell’offerta di beni o servizi in un determinato mercato, indipendentemente dal suo status giuridico e delle sue modalità di finanziamento (ex multis, Corte giustizia 3 marzo 2011, Ag2R; 29 settembre 2011, Elf Aquitaine; 29 marzo 2011, Arcelor Mittal).

4.3. Così ricostruito il quadro teorico di riferimento, va ribadito l’orientamento di questa Corte per cui l’ente associativo dedito all’attività di formazione professionale, sulla base di progetti predisposti dalla regione, dalla quale riceva contributi per la copertura – non integrale – dei costi di organizzazione, è assoggettabile a fallimento, poiché la presenza di proventi ricavati dallo svolgimento dell’attività (nel caso in esame accertati dai giudici di merito nella misura del “30/35% del totale delle cospicue entrate”) esclude la gratuità dell’attività, in quanto l’ente opera in modo che i fattori di produzione siano remunerati, anche se solo in parte, con i propri ricavi (v. a contrario, Cass. n. 22955/2020, che ha cassato la sentenza con la quale la stessa Corte d’appello di Palermo, respingendo il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di un ente di formazione, aveva ricollegato il carattere imprenditoriale della sua attività, al solo dato oggettivo dell’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, considerando irrilevante la gratuità del servizio reso agli allievi; cfr. Cass. Sez. U, n. 3353/1994, Cass. n. 3868/2012).

4.4. In sintesi, sussiste attività di impresa tutte le volte in cui vi sia una obiettiva economicità della gestione, intesa come proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), che si traduce nell’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi (Cass. n. 22955/2020, n. 25478/2019, n. 20815/2006), o anche nella tendenziale idoneità dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. 42/2018); tale requisito va escluso solo ove l’attività sia svolta in modo del tutto gratuito (Cass. Sez. U, n. 3353/1994; Cass. n. 22955/2020, n. 14250/2016, n. 16435/2003).

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

6. Ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, n. 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per compensi in Euro 7.000,00 a favore del Fallimento controricorrente ed Euro 6.000,00 in favore degli altri controricorrenti, in tutti i casi oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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