LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18660-2017 proposto da:
S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato ARTURO SALERNI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARINA PROSPERI;
– ricorrente –
contro
TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1287/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 20/02/2017 R.G.N. 512/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO.
RILEVATO
CHE:
Con ricorso ex art. 414 c.p.c., il sig. S. ricorreva dinanzi al Tribunale di Bologna allo scopo di richiedere in via principale la declaratoria di illegittimità del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo sottoscritto con la società Adecco s.p.a. in data 7.1.04, e delle successive proroghe; in via subordinata del contratto di somministrazione di lavoro temporaneo stipulato sempre con la medesima società Adecco Spa con decorrenza 8.1.05, con conseguente richiesta di ripristino della funzionalità del rapporto con l’impresa utilizzatrice, e segnatamente Telecom Italia Spa, oltre al pagamento delle eventuali somme maturate a titolo di differenze retributive, premi aziendali, e di tutte le retribuzioni maturate dal dovuto sino all’effettiva reintegrazione nel posto di lavoro;
2) in data 15.01.2008 il Tribunale di Bologna accoglieva le istanze del ricorrente dichiarando la nullità del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo e dunque la costituzione tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 5.2.2004, condannando la società a reintegrare il ricorrente nel livello contrattuale e nelle mansioni svolte sino alla data di cessazione del rapporto di lavoro, ed a corrispondere le retribuzioni maturate dalla data di offerta della prestazione lavorativa fino all’effettivo ripristino del rapporto, oltre interessi e rivalutazione.
3) Telecom Italia s.p.a. proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado ed il sig. S. si costituiva chiedendo il rigetto delle pretese avversarie nonché la conferma dell’impugnata sentenza;
4) con sentenza 15.10.2013 la Corte di Appello di Bologna respingeva il gravame proposto dalla Telecom Italia s.p.a., condannando altresì quest’ultima alla refusione delle spese del grado;
5) Telecom Italia s.p.a impugnava la sentenza e ricorreva per la Cassazione della medesima;
6) per mezzo di controricorso, il sig. S. chiedeva il rigetto del ricorso proposto da Telecom Italia s.p.a.
7) Questa Corte, con ord. n. 7100/16, accoglieva per quanto di ragione il ricorso Telecom, affermando l’applicazione nel caso de quo della misura risarcitoria di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, rinviando alla Corte d’appello di Bologna per la sua concreta determinazione.
8) Quest’ultima, con sentenza n. 1287/16, condannava la Soc.Telecom Italia a corrispondere alla S. un’indennità commisurata ad otto mensilità (dell’ultima retribuzione globale di fatto), con interessi dalla domanda al saldo, compensando le spese del giudizio di legittimità e di rinvio.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il S., affidato a due motivi, cui resiste la Telecom con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ed in particolare per aver ritenuto erroneamente contumace il convenuto in riassunzione, ciò che aveva ingiustamente indotto la Corte di merito alla compensazione integrale delle spese.
2.- Con secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Lamenta che la Corte di merito condannò la Telecom al pagamento di una indennità (8 mensilità) ben maggiore di quella proposta in giudizio dalla società (2.5 mensilità).
I motivi, strettamente connessi, sono in parte inammissibili e per il resto infondati.
Quanto al primo deve rilevarsene l’inammissibilità per non avere il S. minimamente documentato la sua costituzione nel giudizio di merito (come al contrario evincesi dall’intestazione della sentenza impugnata e, decisivamente, dallo svolgimento del processo ove e’
chiarito che ” S.F. non si è costituito rimanendo contumace”). A fronte di ciò, sarebbe stato necessario (ed agevole) onere del ricorrente documentare la sua costituzione in giudizio (producendo semplicemente la memoria di costituzione depositata in appello).
Quanto al secondo deve rilevarsi che quanto alla determinazione dell’indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32 questa Corte ha ritenuto che, sulla base dei principi generali sul sindacato di legittimità, in specie ex art. 360 c.p.c., n. 5, la determinazione tra il minimo il massimo della misura dell’indennità de qua spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per motivazione assente, illogica o contraddittoria (Cass. ord. n. 27465/14, Cass. n. 7458/14, Cass. n. 1320/14), ipotesi non ricorrente nella specie (avendo la Corte di merito ampiamente motivato sul punto).
Sulla base di tali considerazioni la disposta compensazione delle spese resiste alla censura mossa, posto che essa implicitamente si basa sul parziale accoglimento della domanda e dunque su di una parziale reciproca soccombenza che per legge consente la compensazione (cfr. sul punto Cass. n. 20324/10).
Il ricorso deve essere dunque rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, deciso nella Adunanza camerale, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022