LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3990-2017 proposto da:
C.F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 4, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA FORTE, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE MAURO;
– ricorrente –
contro
M.P.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 68/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 24/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIAANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
Con scrittura privata del 9.9.1989, M.P. concluse un contratto di vendita con cui acquistò da Ma.Ni. e C.S. un immobile; poiché i venditori non avevano adempiuto all’obbligo di consegna, il M. aveva adito il Tribunale di Isernia per chiedere l’accertamento dell’autenticità della scrittura.
I convenuti si erano costituiti ed avevano eccepito la nullità della scrittura sostenendo che essa fosse stata imposta dal M. per l’adempimento di un’obbligazione futura e perché la vendita dissimulava un mutuo.
Il Tribunale aveva dichiarato l’autenticità della scrittura ed aveva rigettato l’eccezione di nullità.
Il M. introdusse un altro giudizio, per chiedere che venisse confermato il suo diritto di proprietà dell’immobile e che ne fosse ordinato il rilascio a carico della Ma. e degli eredi del C..
Si costituì il solo C.G. ed eccepì la nullità della scrittura; anche Ma.Ni. e C.F.C. si costituirono e proposero domanda riconvenzionale per chiedere che fosse accertata la nullità dell’atto di vendita.
Il Tribunale di Isernia accolse la domanda di rilascio e dichiarò coperta da giudicato esterno la questione della nullità del contratto.
Ma.Ni. e C.F. proposero appello, riproponendo la domanda di nullità della scrittura sotto il profilo del divieto di patto commissario in quanto le parti avevano concluso un altro contratto, privo di data certa, con la quale il M. aveva ritrasferito alle venditrici lo stesso immobile al prezzo di 144.860.000, che aveva da loro acquistato per la somma di Euro 98.500,00; inoltre, dalla consulenza tecnica espletata nella procedura esecutiva risultava che il bene aveva il valore di 938.000.000.
La Corte di merito ritenne che si fosse formato il giudicato esterno sulla validità del contratto di vendita costituito dalla sentenza N. 11/1994, emessa dal Tribunale di Isernia, avendo il C. e la Ma. dedotto, in tale giudizio, che la vendita era stata imposta per l’adempimento di un’obbligazione futura sicché era stata esclusa l’esistenza del patto commissorio.
La Corte distrettuale affermò che, a prescindere dall’esistenza del giudicato esterno, non vi fosse la prova del contratto di mutuo in quanto gli unici elementi probatori addotti dai ricorrenti erano costituiti dalla differenza tra il prezzo pagato ed il valore del bene, dovuto all’esistenza di pignoramenti gravanti su di esso.
Per la cessazione della sentenza d’appello, C.F.C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre, all’insufficiente e non corretta motivazione, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 111 Cost., la ricorrente contesta l’esistenza del giudicato esterno sulla validità del contratto, costituito dalla sentenza del Tribunale di Isernia in quanto, in quel giudizio, il Tribunale si sarebbe limitato a rigettare la domanda di simulazione del contratto e di rescissione per lesione e non si sarebbe pronunciato sulla nullità del contratto per l’esistenza del patto commissario.
Il motivo non è fondato.
E’ consolidato il principio di diritto secondo cui il giudice è tenuto al rilievo d’ufficio della nullità, quale irrinunciabile garanzia della tutela di interessi prettamente generali dell’ordinamento, afferenti a valori ritenuti fondamentali per l’organizzazione sociale (Cassazione civile sez. un., 12/12/2014, n. 26242).
Ne consegue che il giudice, innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale, deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, individuato indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio.
Poiché la domanda di nullità negoziale è volta all’accertamento negativo della non validità del contratto, la sentenza dichiarativa della nullità di un contratto per un motivo diverso da quello allegato dalla parte corrisponde pur sempre alla domanda originariamente proposta, sia per causa petendi (l’inidoneità del contratto a produrre effetti a causa della sua nullità), sia per petitum (la declaratoria di invalidità e di conseguente inefficacia ab origine dell’atto).
Al giudice è quindi riconosciuto il potere-dovere di accertare tutte le possibili ragioni di nullità e non soltanto quella indicata dall’attore.
La domanda di accertamento della nullità negoziale si presta, sul piano dinamico-processuale, a un trattamento analogo a quello concordemente riservato alle domande di accertamento di diritti autodeterminati, inerenti a situazioni giuridiche assolute, anch’esse articolate in base ad un solo elemento costitutivo.
Ne consegue che il giudizio di nullità o di non nullità del negozio è idoneo a formare il giudicato in un altro giudizio avente ad oggetto la domanda di nullità sotto un diverso profilo.
Del resto, la diversa soluzione della proponibilità in altro processo di una diversa questione di nullità è contraria all’esigenza di concentrazione e stabilità delle decisioni giudiziarie.
La domanda di accertamento della nullità del contratto preclude, pertanto, qualsiasi nuova azione di nullità di quel negozio sotto ogni ulteriore profilo.
Si tratta di un’ipotesi di giudicato per implicazione discendente, regolato dall’art. 2909 c.c., in base al quale l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato “a ogni effetto” tra le parti in relazione alle questioni dipendenti da quella pregiudiziale oggetto del giudicato stesso (Cassazione civile sez. I, 19/09/2013, n. 21472; Cassazione civile sez. IL 09/11/2012, n. 19503).
Nel caso di specie, il Tribunale di Isernia si era pronunciato sull’eccezione di nullità del contratto e, dopo averla esplicitamente rigettata, si era pronunciato anche sulla domanda di rescissione per lesione.
Si era pertanto formato il giudicato sulla non nullità del contratto ovvero sulla sua validità sicché la questione della nullità non poteva essere riproposta in altro giudizio perché coperta da giudicato.
Il ricorso va pertanto rigettato.
E’ assorbito il secondo motivo, con cui è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 111 Cost., comma 6 e artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione alla prova dell’esistenza del patto commissorio.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 17 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022
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