LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10362-2016 proposto da:
B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIVITAVECCHIA N. 7, presso lo studio dell’avvocato LORENZO GRISOSTOMI TRAVAGLINI, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO GRIGNOLIO, COSTANZA CIRILLI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SERRAVALLE DI CHIENTI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PASTEUR n. 56, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PANUNZI, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO PETTINARI;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 362/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/02/2016 R.G.N. 2441/2014;
avverso la sentenza n. 307/2014 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 03/02/2014 R.G.N. 202/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 25/11/2021 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA.
RILEVATO
che:
1. Con ordinanza del 16 febbraio 2016 la Corte d’Appello di Firenze dichiarava inammissibile – ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. – l’appello proposto da B.F. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la opposizione proposta dal COMUNE DI SERRAVALLE DI CHIENTI (in prosieguo: il COMUNE) avverso il decreto ingiuntivo notificato dal B. per il pagamento di compensi professionali.
2. Il Tribunale aveva esposto in fatto che il B. aveva ricevuto un primo incarico professionale nel febbraio 2000 per attività di progettazione e realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, incarico che non era stato ultimato per il parere negativo del servizio decentrato opere pubbliche e difesa del suolo di Macerata. Tra la fine dell’anno 2002 e l’inizio dell’anno 2003 gli era stata affidata la redazione di un nuovo progetto, consegnato il 27 gennaio 2003; detto incarico era stato dapprima conferito verbalmente e successivamente formalizzato con Delib. del dirigente del servizio tecnico 14 febbraio 2003, con cui si “aggiornava” l’incarico del febbraio 2000.
3. Tanto premesso, il primo giudice aveva ritenuto priva di valore la determina unilaterale del dirigente, tanto come nuovo contratto che come rinnovo o proroga del contratto precedente ed affermato che il B. avrebbe potuto agire ex art. 2041 c.c.
4. La Corte territoriale nella ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c. osservava che la mancata stipula del contratto in forma scritta, riconosciuta dalla stessa parte appellante, ne determinava la nullità. Dichiarava inammissibili le domande proposte dal B. in via subordinata, sul rilievo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto, che ha la veste sostanziale di attore, non può introdurre domande diverse rispetto a quella posta a base dell’ingiunzione, salvo il caso, nella fattispecie di causa non ricorrente, in cui l’opponente abbia spiegato domanda riconvenzionale (cd. reconventio reconventionis).
5. Ha proposto ricorso B.F., affidato a sei motivi di censura, i primi tre articolati – ai sensi dell’art. 111 Cost. – avverso la ordinanza di inammissibilità dell’appello, gli altri – formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c. – aventi ad oggetto la sentenza del Tribunale.
7. Il COMUNE ha resistito con controricorso.
8. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo mezzo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 111 Cost. – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., assumendo che la ordinanza di inammissibilità dell’appello sarebbe stata emessa fuori dell’ambito normativamente previsto.
2. Si espone che tra le ragioni dell’impugnazione era stato dedotto il vizio di omessa pronuncia del Tribunale sulle domande subordinate e si osserva che il giudice dell’appello non avrebbe potuto rendere pronuncia su tali domande, non esaminate nel primo grado, con la ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., che presuppone la condivisione di una decisione che il primo giudice abbia effettivamente reso.
3. Con la seconda censura la ordinanza di inammissibilità dell’appello è impugnata – ai sensi dell’art. 111 Cost. – per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., per avere la Corte territoriale esaminato solo alcuni dei motivi di impugnazione (trascurando, in particolare, di esaminare il dedotto vizio di omessa pronuncia del Tribunale sulle domande subordinate).
4. Il terzo motivo è proposto – ai sensi dell’art. 111 Cost. – per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. nonché dell’art. 183 c.p.c., comma 5. Si censura la statuizione di inammissibilità delle domande subordinate.
5. Il ricorrente ha dedotto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto, attore in senso sostanziale, può svolgere ulteriori domande – ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 5 – non solo in replica alla eventuale domanda riconvenzionale dell’opponente, come affermato nella ordinanza impugnata, ma anche in ragione delle eccezioni proposte con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo. Ha esposto che le domande subordinate erano state spiegate con la comparsa di costituzione e risposta, in replica alla eccezione di nullità del contratto di incarico professionale sollevata dal COMUNE nell’opporsi all’ingiunzione.
6. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.
7. Viene in questione la possibilità di proporre ricorso, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso la ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte, con l’arresto del 2 febbraio 2016 n. 1914, hanno chiarito che l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile in cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., limitatamente a vizi suoi propri costituenti violazione della legge processuale, purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso.
8. In particolare, nella sentenza citata sono state individuate le seguenti ipotesi di ricorribilità:
– quando l’ordinanza viola le previsioni procedimentali contenute nell’art. 348 ter c.p.c., comma 1, (id est: nel caso di ordinanza pronunciata senza aver sentito le parti ovvero senza rispettare il termine di cui all’art. 350 c.p.c.);
– nell’ipotesi di pronuncia dell’ordinanza nelle cause che l’art. 348 bis c.p.c., comma 2, esclude dal “filtro” di inammissibilità dell’appello (le cause in cui è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero e le cause che in primo grado si sono svolte con il rito sommario di cognizione);
– quando, in presenza di un appello incidentale, per uno dei due appelli non ricorrano i presupposti di cui all’art. 348 bis c.p.c. (ipotesi disciplinata dall’art. 348 ter c.p.c., comma 2);
– quando l’appello è fondato su uno ius superveniens o su fatti sopravvenuti;
– quando ricorrano altri errores in procedendo, restando tuttavia esclusi quei vizi (tra essi, le Sezioni Unite hanno individuato il vizio di omessa pronuncia su un motivo d’appello) che non sono compatibili con il contenuto tipico della decisione espressa ex art. 348 ter c.p.c.;
– quando venga impugnata la statuizione sulle spese dell’appello.
9. A questi casi si aggiunge la impugnabilità della ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., con ricorso per cassazione ordinario – ex art. 360 c.p.c.- allorché il giudice dell’appello, erroneamente, invece di rendere una pronuncia di inammissibilità dell’appello per carenza di una ragionevole probabilità, nel merito, di essere accolto abbia dichiarato la inammissibilità dell’appello per ragioni processuali, rendendo nella sostanza una sentenza di rito.
10. Osserva il Collegio che alle ipotesi di errores in procedendo già individuate dalle Sezioni Unite di questa Corte deve aggiungersi il caso in cui, essendo stato denunciato in appello un vizio di omessa pronuncia, il giudice dell’impugnazione esamini con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. le domande o le eccezioni sulle quali il primo giudice non si era pronunciato.
11. Nel procedimento ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., non può, infatti, trovare applicazione il principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cassazione civile sez. un., 22/02/2010, n. 4059), secondo cui il giudice dell’appello che rilevi il vizio di omessa pronuncia del giudice del primo grado deve porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione.
12. Ed invero, il giudice dell’appello che, nell’applicare il suo dovere decisorio, prenda per la prima volta in esame una domanda o una eccezione sulla quale il giudice del primo grado aveva omesso ogni pronuncia, compie un giudizio nuovo, che si configura come giudizio a cognizione piena e non come delibazione sulla mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello.
13. Del resto, l’incompatibilità di tale dovere decisorio con la struttura del “filtro” in appello, è evidente nel rilievo che l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. presuppone una globale delibazione di infondatezza di tutte le ragioni di impugnazione, mentre la decisione resa per la prima volta in appello passa logicamente attraverso l’accoglimento, ancorché implicito, del motivo di appello con il quale viene denunciato il vizio di attività del giudice di primo grado ex art. 112 c.p.c..
14. Nella fattispecie di causa:
– il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, introdotto dal COMUNE, si era svolto nel primo grado con il rito ordinario;
– con la comparsa di costituzione e risposta il B., parte opposta, aveva proposto due domande subordinate nei confronti del COMUNE opponente, di arricchimento senza causa e di responsabilità precontrattuale;
– il Tribunale si era pronunciato sulla sola domanda principale di adempimento contrattuale, proposta dal B. con la notifica dell’ingiunzione, senza rendere alcuna pronuncia sulle due domande subordinate di cui alla comparsa di costituzione e risposta (ed, anzi, affermando che il B. avrebbe potuto agire in altra sede ex art. 2041 c.c.);
– Il giudice dell’appello, nel rendere ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., esaminava per la prima volta le due domande subordinate e le dichiarava inammissibili (peraltro senza confrontarsi, in relazione alla domanda subordinata di arricchimento senza causa, con l’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte del 13 settembre 2018 n. 22404).
– detta pronuncia di inammissibilità non avrebbe potuto essere resa con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c.
15. L’ordinanza impugnata deve essere pertanto cassata in accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, con la enunciazione del seguente principio di diritto: “In caso di denuncia in appello del vizio di omessa pronuncia commesso dal giudice del primo grado, il giudice dell’impugnazione può rendere ordinanza di inammissibilità dell’appello, ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., soltanto ove tale motivo di gravame non abbia ragionevole probabilità di essere accolto; diversamente, non può, in sostanziale accoglimento del motivo stesso, emendare il vizio di attività del primo giudice con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., ma deve provvedere sull’appello nelle forme ordinarie”.
16. Ne deriva il rinvio restitutorio alla Corte d’Appello di Firenze affinché provveda all’esame dell’appello, in applicazione del principio sopra esposto.
17. Restano assorbiti i motivi di ricorso dal quarto al sesto, riferiti alla sentenza di primo grado e sui quali si pronuncerà nelle forme ordinarie il giudice di rinvio.
18. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022