LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13316/2015 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
T.C., (C.F. *****), rappresentato e difeso dall’Avv. SVEVA BERNARDINI, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Cicerone, 49;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, n. 226/03/2014, depositata il 4 aprile 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale DE MATTEIS STANISLAO, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due motivi e per l’assorbimento degli ulteriori due motivi.
RILEVATO
CHE:
Il contribuente T.C. ha impugnato una cartella di pagamento con la quale, a seguito di controllo automatizzato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis si recuperava un credito di imposta di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5 relativo a incentivi per la ricerca scientifica, utilizzato in compensazione nel periodo di imposta 2005, ma non riportato nella dichiarazione dei redditi del suddetto periodo. Il contribuente ha dedotto il mancato invio della comunicazione di irregolarità, nonché ha evidenziato di avere provveduto a presentare dichiarazione integrativa in data 25 maggio 2009, osservando che l’Ufficio fosse a conoscenza dell’utilizzo del credito in compensazione, avendone il contribuente fatto menzione in sede di versamento delle imposte.
La CTP di Potenza ha accolto il ricorso sul rilievo della avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa, ritenendo trattarsi di errore emendabile. La CTR della Basilicata, con sentenza in data 4 aprile 2014, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello, sul rilievo che il contribuente avesse presentato dichiarazione integrativa, ha osservato che il diritto al rimborso è fruibile entro il termine quadriennale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 circostanza che ha reso legittima la rettifica della dichiarazione nel termine di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43. Ha, poi, rilevato il giudice di appello che il contribuente, prima di presentare la dichiarazione integrativa, avesse indicato gli importi a credito compensati, evidenziando come l’Ufficio non avesse contestato nel merito l’oggettiva esistenza del credito.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso il contribuente, ulteriormente illustrato da memoria, tardivamente depositata.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 5 in combinato disposto con il D.M. 22 luglio 1998, n. 275, art. 6 nonché nullità della sentenza per omessa pronuncia su fatti decisivi della controversia a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha osservato che il contribuente avesse indicato gli importi compensati con modello F24, così rendendo nota all’Ufficio la fruizione del credito. Evidenzia l’Ufficio che la compensazione del credito mediante F24 è stata posta a fondamento dell’emissione della cartella, osservando come l’utilizzo di un credito in compensazione non comporta, in quanto tale, la sua spettanza. Deduce, in proposito, il ricorrente che, a termini del D.M. n. 275 del 1998, art. 6, il credito in oggetto va indicato a pena di decadenza nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso, riguardo alla quale l’indicazione successiva mediante dichiarazione integrativa deve ritenersi tardiva. Osserva, ulteriormente, il ricorrente che la rettifica della dichiarazione potrebbe, al più, avvenire nel termine del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis laddove nella specie la dichiarazione di rettifica è stata inviata dopo la notifica della cartella di pagamento e, in ogni caso, dopo il termine del periodo di imposta successivo a quello della dichiarazione a emendarsi.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis nonché del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto emendabile la dichiarazione dei redditi del periodo di imposta 2005 nel termine quadriennale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Evidenzia il ricorrente che il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 spiega efficacia ai fini della domanda di rimborso, non anche ai fini della rettifica di una dichiarazione relativa a un periodo anteriore di oltre due anni, ove si faccia valere una integrazione “a sfavore” del contribuente. Osserva il ricorrente che il termine quadriennale, previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, riguarderebbe i meri errori od omissioni, laddove il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998 cit., art. 2, comma 8-bis, riguarderebbe nella specie errori che abbiano determinato un maggior debito di imposta o un minor credito.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 60 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia in relazione all’art. 112 c.p.c., osservandosi come il giudice di appello non si sia espressamente pronunciato sul motivo di appello secondo cui la sentenza di primo grado non si sarebbe pronunciata sulla valutazione del requisito di persistenza del diritto alla compensazione, conseguente alla mancata indicazione del credito della dichiarazione dei redditi del periodo di imposta in oggetto.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto controverso e decisivo per il giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato che il credito di imposta non fosse stato riportato in compensazione nella dichiarazione relativa al periodo di imposta 2005, circostanza decisiva ai fini della legittimazione alla sola istanza di rimborso, ma non anche all’utilizzabilità del credito in compensazione.
2. Va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso a termini dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, (eccezione ribadita dal controricorrente nella memoria tardivamente depositata), posto che il principio enunciato dal controricorrente attiene alla diversa fattispecie della dichiarazione emendabile per errore.
3. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. La L. n. 449 del 1997, art. 5 ha introdotto un credito di imposta per le piccole e medie imprese al fine di potenziarne l’attività di ricerca scientifica, anche mediante l’avvio di nuovi progetti. Dell’art. 5, il comma 6, L. ult. cit., stante il rinvio recettizio al precedente art. 4, commi 4, 6 e 7, L. cit., dispone che il credito non concorre alla formazione del reddito e può essere fatto valere ai fini del versamento delle imposte dirette e dell’IVA. Il comma 7 del medesimo art. 5 demanda a un decreto interministeriale le modalità di attuazione, fruizione, nonché di “controllo e regolazione contabile dei crediti di imposta”. Il decreto attuativo dell’art. 5 L. cit. (D.M. n. 275 del 1998) prevede all’art. 6, comma 1 che il credito di imposta “e’ indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso” (comma 1) e che il credito viene essere fatto valere in compensazione a termini del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, artt. 17 e ss. (comma 2). La norma regolamentare – cui la L. n. 449 del 1997, art. 5, comma 7, rinvia – introduce, pertanto, un termine decadenziale ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito di imposta.
4. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la previsione che il credito di imposta debba essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso, comporta una deroga al principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale, posto che il sopravvenire della decadenza impone l’irretrattabilità della dichiarazione (Cass., Sez. V, 14 novembre 2012, n. 19868; Cass. 30 novembre 2018, n. 31052). Detto principio, enunciato in relazione alla fattispecie in esame, discende dalla introduzione di un espresso termine di decadenza ai fini dell’utilizzo mediante compensazione dei crediti di imposta (come avviene anche in materia di credito di imposta per l’assunzione di personale di ricerca qualificato: Cass., Sez. V, 13 gennaio 2016, n. 389).
5. Il principio è conforme all’ulteriore principio secondo cui la compensazione è ammessa in sede tributaria soltanto nei casi stabiliti dalla legge, non potendo derogarsi al principio secondo cui le operazioni di versamento, riscossione o rimborso, come pure le deduzioni, devono essere regolate da specifiche e inderogabili disposizioni di legge, sicché, ove il contribuente abbia operato una compensazione non consentita, l’Amministrazione finanziaria può contestarne l’esercizio (Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15363; Cass., Sez. V, 1 febbraio 2019, n. 3096).
6. La conclusione è ulteriormente conforme al principio comunemente affermato da questa Corte – secondo cui l’indicazione del credito di imposta, ove assoggettato a decadenza per disposizione normativa con la dichiarazione dei redditi del periodo di imposta (benché introdotto, nella specie, con espressa delegificazione), integra un atto negoziale, in quanto diretto a manifestare la volontà di avvalersi del beneficio fiscale in ragione dell’affermazione della rispondenza dell’attività svolta alle finalità perseguite dal legislatore; sicché, il contribuente che abbia omesso tale indicazione non può invocare il principio di generale emendabilità della dichiarazione fiscale, che opera solo in caso di mera esternazione di scienza, non applicabile al caso di dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire delle decadenze previste per legge (Cass., Sez. V, 9 maggio 2018, n. 11070). Detto principio deve ritenersi del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. V, 18 giugno 2021, n. 16998; Cass., Sez. V, 18 maggio 2021, n. 13343; Cass., Sez. V, 13 agosto 2020, n. 17042; Cass., 31 gennaio 2019, n. 2921; Cass., Sez. V, 19 ottobre 2018, n. 26421; Cass., Sez. V, 24 aprile 2018, n. 10029; Cass., Sez. V, 29 dicembre 2016, n. 27302; Cass., Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., Sez. V, 24 ottobre 2014, n. 22673).
7. Parimenti, deve ritenersi definitivamente superato il diverso indirizzo secondo cui il credito, ove non contestato, potrebbe essere opposto all’Amministrazione finanziaria, ancorché non indicato nella dichiarazione del periodo di imposta in oggetto (Cass., Sez. V, 21 dicembre 2016, n. 26550), avendo questa Corte statuito a Sezioni Unite in relazione al credito di imposta in oggetto – come puntualmente osservato nelle conclusioni scritte del Pubblico Ministero – che costituisce superiore principio quello secondo cui la “generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze” (Cass., Sez. U., 30 giugno 2016, n. 13378). Principio, questo, già incidentalmente affermato in precedenza da questa Corte, ove osservava che sono “destinate a restare irretrattabili soltanto le dichiarazioni riferite a rapporti tributari che, per il trascorrere del tempo e/o per il sopravvenire di decadenze, si debbano ritenere esauriti” (Cass., Sez. U., 25 ottobre 2002, n. 15063), pronuncia, peraltro, citata dal controricorrente anche nella memoria tardivamente depositata, per cui non si evidenzia contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.
8. E’, pertanto, assorbito l’esame degli ulteriori motivi. Il ricorso va accolto in relazione al primo e al secondo motivo e la sentenza va cassata, con rinvio alla CTR a quo per l’esame delle questioni rimaste assorbite. Al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Basilicata, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022